FIESCHI, Francesco
Nacque a Genova attorno al 1520 da Ettore, conte di Lavagna, e da Maria Fieschi.
I genitori erano cugini tra loro: il padre Ettore (fu Giacomo fu Paride), giureconsulto; la madre Maria, nata dal secondo matrimonio di Giovanni Ambrogio Fieschi (fratello di Paride e componente politicamente tra i più dinamici della famiglia tra fine '400 e inizio '500) e Bartolomea Doria fu Ceva. Il F. era il primogenito di almeno otto fratelli: Giacomo, Niccolò e Giovanni Ambrogio (tutti sacerdoti e, in successione, vescovi di Savona), Urbano, Paride, Innocenzo, Virginia (moglie del signore di Piombino, Giacomo Appiani) e Giulia.
Anche se il ramo cui apparteneva il F. non partecipò direttamente alla congiura antidoriana di Gian Luigi Fieschi del 1547, ripercussioni negative dovettero ricadere anche su di esso. E forse è proprio da collegare a un periodo di crisi insieme finanziaria e politica la vendita al card. GiovanniAngelo de' Medici (il futuro Pio IV) del palazzo romano che il F., come procuratore del padre, sottoscrisse a Roma l'11 apr. 1552. Le difficoltà familiari e personali del F., almeno a livello politico, sembrano confermate anche negli anni successivi dalla assenza dalle cariche pubbliche, nonché dalla mancata presa di posizione nel conflitto civile che oppose aristocrazia "vecchia" e "nuova" nel 1575.
Questa assenza politica tuttavia non sottrasse il F. e i suoi fratelli al contributo alle spese della guerra fissato da apposita commissione nel 1576 in ragione del 2,5% sui grandi patrimoni: e quello praticato al gruppo indiviso dei cinque fratelli Fieschi ammontava a 92.000 scudi (quota indicativa di un patrimonio ancora considerevole, anche se lontano ormai dai 200.000 scudi di contributo dovuti, ad esempio, dal solo Giovanni Andrea Doria).
D'altra parte ai giochi di potere nella Repubblica i Fieschi erano ormai estranei: dopo la riforma doriana del 1528 quei giochi si svolgeranno per gruppi, problemi, alleanze interne ed esterne in cui l'antichità di sangue non bastava certo più a garantire autorevolezza; né i Fieschi, dopo la congiura di Gian Luigi, poterono più disporre della forza di terre e di uomini di cui avevano usato da quei grandi feudatari che erano stati.
Una sorta di rassegnazione al nuovo ordine sembra di poter leggere persino nell'incarico accettato dal F., tre anni dopo la fine dell'ultimo conflitto civile. Infatti, il 25 sett. 1578, il F. venne nominato ambasciatore ordinario alla corte di Spagna, in un momento in cui il problema più importante riguardava la riaperta questione del Finale.
Il territorio, sul quale la Repubblica vantava diritti contro i marchesi Del Carretto, nel maggio 1571, era stato occupato dalle milizie del duca di Alburquerque, governatore di Milano. Facendo seguito a precedenti, inutili tentativi per ottenere il riconoscimento dei diritti della Repubblica sul territorio, il F. avrebbe dovuto sollecitare presso la corte spagnola, e in particolare presso il segretario del re, A. Perez, l'evacuazione dal Finale delle truppe tedesche lasciatevi dal governatore di Milano; ma la questione, lungi dal poter essere risolta dal F. o dai suoi immediati successori era destinata ad aggravarsi per la Repubblica. Dopo vent'anni di opposizione diplomatica, nel 1598 Genova infatti dovrà rassegnarsi a vedere il marchesato venduto dai Del Carretto alla Spagna.
Tra l'altro, per il F. in particolare, l'ambasceria fu poco fortunata anche perché le condizioni di salute gli impedirono di portare a termine il proprio mandato. Giunto a Madrid il 5 dic. 1578, venne raggiunto nel marzo successivo dall'inviato straordinario F. Passano con nuove istruzioni del governo genovese; ma, il 1º genn. 1580 il fratello del F., Innocenzo, scriveva al governo che il F. era malato e chiedeva licenza di tornare in patria. La lettera di richiamo è del successivo 28 gennaio e la partenza del 7 marzo. Tornato a Genova, il F. trovava ancora in corso una epidemia di peste, cui sopravvisse; morì infatti a Genova il 13 luglio 1595.
Dalla moglie, Livia Spinola fu Angelo Giovanni, aveva avuto un unico figlio, Carlo: con i tre figli di quest'ultimo (Camilla, Virginia e Francesco) si chiudeva la sua discendenza.
Fonti e Bibl.: Genova, Archivio storico del Comune, Fondo Brignole Sale, ms. 105 E9, c; 158; I. Burchardi Liber notarum, a cura di E. Celani, in Rer. Ital. Script., XXXII, I, p. 525; Istruzioni e relazioni degli ambasciatori genovesi, a cura di R. Ciasca, Roma 1951, pp. 212-20, 225; F. Federici, Trattato della famiglia Fiesca, Genova [1646], pp. 6 s.; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, III, Genova 1833, p. 17; F. Poggi, Le guerre civili di Genova, in Arch. d. Soc. lig. di st. patria, LIV (1930), p. 118; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Rep. di Genova, ibid., LXIII (1934), p. 164.