FIESCHI, Francesco (Franco)
Nacque a Genova attorno al 1490 da Giacomo fu Paride e da Simona Sauli.
Apparteneva al ramo di Savignone, parallelo a quello di Gian Luigi il Vecchio, conte di Lavagna; il fratello del F., Ettore, ereditò il titolo dopo la congiura di Gian Luigi il Giovane del 1547. La madre era figlia di Bendinelli, "popolare" emergente e splendido mecenate. L'altro fratello del F., Urbano, seguì la carriera ecclesiastica e fu arcivescovo di Ravenna; le due sorelle, Bettina e Maddalena, sposarono rispettivamente Domenico Mulasana e Giovan Battista Ricci. L'omonimia del F. con un fratello di suo nonno Paride (e con lo stesso patronimico fu Giacomo) nonché con il nipote, figlio del fratello Ettore, non rende agevole l'identificazione. Nell'equivoco cade anche lo storiografo secentesco dei Fieschi, il Federici, che attribuisce al F. una presenza politica nell'arco di quarant'anni, risultante appunto dalla somma degli incarichi dei due omonimi.
Certo anche il F. fu più volte anziano, tra il 1520 e il 1527; ma le cariche che ne indicano l'importanza politica furono l'assunzione tra gli Otto di balia nel 1527 e quella tra i Riformatori delle leggi del 1528.
La riforma, che è alla base della storia moderna della Repubblica di Genova, è nota come riforma doriana, anche se il primitivo progetto (l'"unione" in ventotto "alberghi" delle famiglie nobili delle opposte fazioni) risaliva a Ottaviano Fregoso; essa fu portata a termine, auspice Andrea Doria, nel quadro di una situazione internazionale che, di fronte alla potenza aggressiva di Francia e Spagna, la rendeva inevitabile per il mantenimento della libertà. Quando, nel settembre 1528, Andrea Doria con le sue galee si impadronì di Genova dopo aver abbandonato la Francia e inalberato lo stendardo di Carlo V, non compì l'ennesimo colpo di Stato a favore di una delle fazioni cittadine, ma avviò la speffinentazione di una nuova ipotesi politica, col trasferire sul piano dei meccanismi costituzionali la realizzazione degli equilibri tra i gruppi di potere. A questa ipotesi già da alcuni mesi il Doria aveva guadagnato Sinibaldo Fieschi, figlio di Gian Luigi il Vecchio, che era padrone dell'Appennino e senza il cui concorso sarebbe stato difficile mantenere la quiete dello Stato.
In rapporto a questo progetto costituzionale, il magistrato degli Otto di balia, di cui appunto il F. fece parte, aveva cominciato a lavorare dal settembre 1527, quando Genova era ancora sotto il dominio di Francesco I. Nonostante l'azione frenante da parte francese, il progetto di riunione della classe dirigente in ventotto "alberghi" era stato pubblicato tra il marzo e l'aprile del 1528. La peste ritardò il processo di rinnovamento e diminuì la tensione con la Francia; ma essi non poterono più essere elusi dopo lo sbarco di Andrea Doria il 12 sett. 1528. Sinibaldo Fieschi scese subito in città a sostenerlo; e i dodici riformatori, confermati il 7 Ottobre, potevano presentare il testo della riforma il successivo 11 ottobre.
Del F. non conosciamo l'iter culturale, ma non è escluso che possa aver studiato insieme col fratello Ettore, definito giureconsulto nei documenti ufficiali (e la tradizione giuridica di questo ramo dei Fieschi resta confermata da un nipote del F., Ettore fu Innocenzo fu Ettore, tra i Riformatori del 1576).
Pochi mesi dopo l'entrata in vigore del nuovo ordinamento costituzionale, a fine luglio 1529, arrivò Carlo V. Poiché il primo sbarco avvenne a Savona, gli fu inviata incontro una ambasceria di otto nobili, tra cui il F., per preparare le accoglienze nella città da poco assoggettata. Poi, con loro, accompagnato dalla sua flotta di trentuno galee e trenta navi e da quella di Andrea Doria, Carlo V fece il suo trionfale ingresso a Genova, dove rimase fino al 25 agosto. Dopo la sua partenza per Piacenza e Bologna, dove si sarebbe compiuta l'incoronazione imperiale, a Genova nel febbraio 1530 si provvide alla nomina dei rappresentanti della Repubblica alla cerimonia: furono scelti il F. e Nicolò Giustiniani, cui venne poi aggiunto Giovan Battista Lercari. Il comportamento deciso e provocatorio di quest'ultimo nel rivendicare, nel corso della cerimonia, la precedenza genovese sulle legazioni senese, fiorentina e ferrarese, sulla base della riconoscenza di Carlo V per i meriti genovesi, consentì al F. e al Giustiniani di occupare la posizione di maggior prestigio, con tutte le implicazioni di natura politico-diplomatica che essa comportava.
Dopo questo incarico, il F. sembra aver chiuso la propria funzione pubblica. La data della morte è da collocare tra il 1530 e il 1547. Poiché dal matrimonio con Pellegra Pallavicini fu Giacomo non erano nati figli, il F. e la moglie lasciarono erede delle loro sostanze l'ospedale di Pammatone.
Fonti e Bibl.: C. Bomate, Historia vitae et gestorum ..., in Misc. di storia ital., s. 3, XVII (1913), p. 567; F. Federici, Trattato della famiglia Fiesca, Genova [1646], p. 86; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, III, Genova 1833, p. 17; G. Bonfadio, Annali di Genova, Genova 1836, pp. 30, 49, 51; G. Banchero, Genova e le due Riviere, Genova 1846, p. 45; A. Giustiniani, Annali della Rep. di Genova, Genova 1854, II, p. 707; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, in Arch. d. Soc. lig. di storia patria, LXIII (1934), p. 107.