FERRUCCI, Francesco
Nacque il 14 agosto 1489 da nobile famiglia "del secondo popolo" fiorentino, morì il 3 agosto 1530. Crebbe nella Firenze del Savonarola e della repubblica, e ne risentì l'azione per tutta la vita. Fece per alcun tempo pratica di mercatura nel banco di Raffaello Girolami; ma al commento non attese mai di proposito e visse a lungo nel suo podere in Casentino. Ebbe tuttavia ufficio di podestà a Larciano (1519), a Campi (1523), a Radda (1527). Nel 1528 accompagnò come "pagatore" G. B. Soderini, commissario della repubblica nelle Bande Nere, mandate in aiuto al Lautrec nell'impresa di Napoli; e vi fu fatto prigioniero. Qui acquistò pratica d'armi e quando, dopo aver sostenuto incarichi di minor conto e per pochi giorni l'ufficio di commissario a Prato con Lorenzo Soderini (ottobre 1529), fu dalla repubblica, nel suo sforzo di difesa contro le milizie congiunte dell'imperatore e del papa, inviato commissario ad Empoli con pieni poteri, questo mercante dall'alta statura, dall'aria burbera, dal carattere superbo e violento, apparve a un tratto una figura magnifica di guerriero e di capitano. Le lettere sue, sobrie ed efficaci, rivelano l'uomo geloso dell'onor suo "che non voleva altri toccasse, poiché non glielo aveva dato", libero nel consiglio e nel rimprovero, ma pronto ad ubbidire non solo "i comandamenti, ma li cenni" dei Signori, deciso a "mangiare li stinchi e falli mangiare alli... soldati" prima di cedere: "quando e' tre quarti di noi morissimo per non tomare in servitù, el quarto che resterà sarà tanto glorioso che il resto vi sarà ben ispeso". Pose Empoli in stato di difesa, restaurò fra i soldati la disciplina, spiegò grande energia contro i fautori del nemico. Combatté fieramente con imboscate e sortite i nemici minaccianti, da Val di Pesa, Val d'Elsa e Val d'Era, la via tra Firenze e Pisa; ritolse agli imperiali San Miniato (11 novembre 1529) e nel gennaio 1530 la difese strenuamente. Riprese (27 aprile 1530) Volterra ribellata, respingendo gli attacchi del marchese del Vasto e del Maramaldo, del quale fece allora impiccare un trombetta, venuto a chiedere la resa e forse a preparare tradimenti (giugno 1530). Egli apparve allora ai Fiorentini la maggiore, la sola speranza di salvezza. Perduta già Empoli per tradimento, ebbe, col titolo di Commissario generale di campagna e con i pieni poteri per le cose di guerra, l'incarico di prendere da Pisa alle spalle gl'imperiali, rompendo il blocco di Firenze. Una "dannosa malattia" di due settimane impedì la sorpresa. Il F., ancora debole e persuaso di andare a morire, uscì il 31 luglio da Pisa con appena duemila fanti e trecento cavalli. Per le montagne del Lucchese e del Pistoiese scese a San Marcello, fidando nell'aiuto della fazione pistoiese dei Cancellieri. A Gavinana, il 3 agosto, i suoi già stanchi incontrarono le milizie dell'Orange, del Vitelli, del Maramaldo, mentre il traditore Malatesta Baglioni impediva ai Fiorentini la sortita. Fu violenta e varia la battaglia; l'Orange fu ucciso; ma, sopravvenute nuove truppe, l'eroico fiorentino, ferito, fu tratto innanzi al Maramaldo, che lo uccise. Si narrò che dicesse: "Tu darai a un morto". La repubblica di Firenze cadde con lui, che, se pure inconsapevole, difendeva con la libertà fiorentina l'indipendenza d'Italia.
Bibl.: La bibliografia ferrucciana è ricchissima. Si citano qui alcune delle opere più recenti; in queste, e specialmente nell'ultima, si troveranno indicate le altre: F. F. e la guerra di Firenze del 1529-30, Firenze 1889; E. Allodoli, Ferruccio, Milano 1928; A. Valori, La difesa della repubblica fiorentina, Firenze 1929; C. Roth, L'ultima repubblica fiorentina, Firenze 1929; F. F. nelle sue lettere, a cura di G. Mazzoni, Firenze 1930; G. Mazzoni, F. F. nel racconto de' contemporanei, Firenze 1930.