FERRARI, Francesco
Nacque a Fratta Polesine (Rovigo) il 25 genn. 1634 e fu avviato precocemente alla pittura dal padre Giovan Rocco, di professione mercante, che lo sottopose all'insegnamento di "un certo francese pittore figurista", operante nella zona con il quale il F. collaborò negli affreschi, oggi molto rovinati, della pieve delle Prisciane e in quelli nel palazzo e nella casa Nani Mocenigo a Canda, in provincia di Rovigo (Baruffaldi [1697-1722], I, 1846, pp. 279-281). Nel 1648-49 iniziò a lavorare accanto al quadraturista bolognese Gabriele Rossi, eseguendo decorazioni con finte architetture, prospettive e fregi nella villa del Cataio a Battaglia Terme, di proprietà del marchese P. E. Obizzi (ibid.).
Nel 1650, a soli sedici anni, ricevette l'incarico dallo stesso Obizzi di recarsi a Ferrara, città nella quale si stabilì, per realizzare scene e decorazioni per il teatro di S. Lorenzo (andato distrutto in un incendio nel 1679).
Tra i primi lavori ferraresi del F. (1650-1667) vanno segnalati, seppure non più esistenti, la decorazione prospettica con l'Apoteosidi s. Bruno, eseguita insieme con il Rossi nel chiostro grande della Certosa, e i dipinti, con molte figure di santi francescani, nel coro della chiesa di S. Francesco, opera ritenuta "tra le sue prime di gioventù" dal Brisighella ([sec. XVII-XVIII], p. 299; a questo testo e alle note della Novelli, redatte in occasione della pubblicazione del 1991, si rimanda per le notizie sulle opere del F. a Ferrara, se non diversamente indicato). La decorazione di S. Francesco, distrutta nel 1865 ma ricordata da un disegno ottocentesco di F. Saraceni e di G. Pividor, raffigurava il Paradiso contornato da una quadratura scenografica (Ragguaglio, [1739], cc. 2v, 14r; Mari, 1979, pp. 73 s.). Altre sue opere giovanili, anch'esse andate distrutte, sono il soffitto della chiesa delle monache di S. Bernardino del 1662 e, del 1667, quello della chiesa del Corpus Domini.
Nel 1666 a Ferrara avvenne l'incontro con il celebre architetto teatrale L. Burnacini, che lo volle con sé alla corte imperiale di Vienna, dove il F. fu impegnato, insieme agli architetti R. Ubaldini e C. Pasetti e al quadraturista bolognese M. Aldrovandini, nell'esecuzione di scene "all'italiana" per il melodramma Il pomo d'oro, musicato dal maestro di cappella Antonio (Pietro) Cesti, in occasione delle nozze di Leopoldo I d'Asburgo e Margherita Teresa di Spagna. Il successo scaturito da tale impresa - benché la messa in scena del Pomo fosse rinviata al 1668 - gli procurò, a detta di Baruffaldi ([1697-1722], 1846, II, pp. 284 s.), altri incarichi prestigiosi per il teatro viennese e per diverse residenze della nobiltà locale. Si tratta di lavori difficilmente identificabili e, addirittura, forse mai eseguiti, perché nel 1667 il F. rientrò a Ferrara per la nascita del figlio Antonio Felice. La celebrità acquisita alla corte imperiale lo trasformò nel protagonista indiscusso della decorazione barocca ferrarese della seconda metà del Seicento. Alla sua scuola, oltre al figlio e al nipote, Battista, si formarono Francesco Scala, Maurelio Scannavini, Girolamo Grassaleoni, Vincenzo Poggi, Tommaso Raffanelli e Giuseppe Menegatti: una buona équipe di scolari-collaboratori, cui insegno i modi della scuola quadraturistica bolognese e le invenzioni illusionistiche della scenografia e della pratica teatrale e con la quale realizzò importanti cicli decorativi, rinnovando l'aspetto interno di edifici sia religiosi sia civili.
Tra questi ultimi si segnalano le decorazioni nel palazzo di città e nella villa di campagna a Monestirolo del conte P. Bonacossi, che lo impiegò anche come scenografo per il suo teatro di S. Stefano, aperto sin dal 1662; nel 1663 le decorazioni nella residenza dei consoli e, nel 1675-1676, in quella del podestà (fregi con stemmi araldici di pontefici e legati pontifici, insieme a Francesco Scala); nel palazzo Mosti (soffitto a padiglione con finta prospettiva, medaglioni e riquadri: v. ill. in Musei ferraresi 1975/76..., V-VI (1977), p. 128, fig. 22); nel palazzo Bentivoglio (appartamento verso la piazza di S. Domenico, affreschi in parte dispersi), e, tra il 1689-1690, in palazzo Bevilacqua (sala delle Allegorie, sala del Trionfo dell'amore, sala con l'Apoteosi della famiglia Bevilacqua).
Intorno al 1671 il F. eseguì il soffitto del presbiterio della chiesa del Gesù raffigurandovi la Chiesa trionfante, mentre nel catino del coro rappresentò Cristo in gloria e, ai lati, i Ss. Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Francesco Borgia ed altri gesuiti (distrutti); dispersi risultano anche i due dipinti con episodi di S. Francesco Borgia e con Ilmartirio di alcuni gesuiti. Nulla rimane, purtroppo, anche della decorazione della facciata e della parete laterale della loggia dei Callegari, o di S. Crispino, dove nel 1675 il F. aveva dipinto scene di Carlo Magno in trono e i paladini a cavallo e numerose immagini di santi.
Tra le opere che maggiormente risentono della giovanile pratica teatrale, è l'affresco del soffitto - sovrabbondante di motivi ornamentali e figurativi - con la Madonna col Bambino e i ss. Benedetto e Antonio abate e il fregio decorativo con paesaggi e mezze figure di Santi benedettini per la chiesa esterna del monastero di S. Antonio in Polesine, terminato il 27 ott. 1677.
Analogo modulo stilistico caratterizzava le pitture nel soffitto della chiesa di S. Stefano (1682), del coro d'inverno della cattedrale (opere distrutte nel 1944) e della cappella dedicata alla Beata Vergine del Carmine nella chiesa di S. Paolo. Eseguita nel 1681, quest'ultima decorazione comprendeva tra l'altro, prima di essere ricoperta nel 1794 dalle pitture di G. Bregola, due "quadri riportati", con S. Cirillo che sostiene la maternità di Maria Vergine al concilio di Efeso ed Elia che implora la pioggia.
Anche a Ravenna, per la chiesa di S. Giovanni Battista, il F. aveva eseguito verso il 1680, insieme con F. Scala, la decorazione della cupola con medaglioni, riquadri e figure in prospettiva e la pala, non più rintracciata, con i Ss. Carlo Borromeo, Teresa e Maria Maddalena de' Pazzi (Riccomini, 1969, p. 56).
La sua più vasta impresa decorativa ferrarese è quella per la chiesa suburbana di S. Giorgio, che iniziò nel 1690, valendosi dell'aiuto di numerosi collaboratori fra i quali il figlio Antonio Felice, che era diventato suo assiduo assistente a partire dal nono decennio.
Il ciclo comprende gli affreschi nella navata maggiore con gli Apostoli e i busti dei Santi olivetani, sulla volta del presbiterio con Figura simbolica assisa fra le nubi, le Virtù cardinali e i Dottoridella Chiesa entro medaglioni, nicchie e pennacchi. Tra le finestre sono due medaglioni con S. Paolo e Michele arcangelo;nell'arcone sopra l'altare maggiore, in cornici ovali a chiaroscuro, le tre Virtù teologali. Nella cappella maggiore è raffigurata la Madonna col Bambino e angeli adorata da santi dell'Ordine olivetano, mentre nell'arco d'accesso al coro coppie di putti reggistemma circondano l'Apoteosi di s. Benedetto e, nelle cappelle di S. Maurelio e di S. Benedetto, sono dipinti alla maniera di quadri riportati e all'interno di un apparato decorativo di impronta quadraturistica "alla bolognese", Storie e miracolidei due santi.
Per la chiesa di S. Giorgio il F. dipinse anche la tela con il B. Bernardo Tolomei che riceve dalla Vergine le costituzioni dell'Ordine olivetano, uno dei pochi suoi dipinti ad olio oggi identificati, insieme alla pala raffigurante S. Agostino e s. Nicola in gloria e s. Monica, già nella distrutta chiesa di S. Agostino ed ora conservata nel convento di S. Giustina; mentre disperse risultano sia la Madonna del Rosario e s. Domenico, commissionata da D. M. Gatti per l'altare di S. Domenico nella chiesa di S. Barbara, sia il S. Mauro sana gli ammalati, una volta in S. Silvestro. Nelle due tele superstiti il F., nella veste di figurista, rivela un'elaborazione iconografica semplice, condizionata dalla precettistica devota e da intenti agiografici, e modi figurativi composti sul modello bolognese di C. F. Cignani e M. A. Franceschini.
Negli ultimi anni della sua vita il F. fu spesso affiancato dal figlio Antonio Felice, come accadde nei lavori del 1694 per la cappella di S. Rita nella chiesa di S. Giuseppe. Fu anche sovente chiamato ad esercitare attività di restauro, per esempio sul Cristo nell'orto del Garofalo, già in S. Silvestro ed ora alla Pinacoteca nazionale di Ferrara. Tra le sue ultime opere è la perduta Crocefissione affrescata nel 1706 sulla facciata della casa di G. Bucci a Ferrara (Baruffaldi [1697-1722], 1846, II, pp. 295 s.).
Il F. morì a Ferrara il 23 dic. 1708 e venne sepolto nella basilica di S. Maria in Vado (ibid., pp. 297 ss.).
Fonti e Bibl.: Ferrara, Bibl. comunale Ariostea, Mss. Antonelli 19 [1739]: Ragguaglio..., cc. 2v, 14r; ibid. 594: N. Baruffaldi, Annali di Ferrara ... dal 1660 sino al 1720, II, p. 290; C. Brisighella, Descriz. delle pitture e sculture della città di Ferrara [secc. XVII-XVIII], a cura di M. A. Novelli, Ferrara 1991, ad Indicem;G. Baruffaldi, Dell'istoria della città di Ferrara, Ferrara 1700, V, p. 225; Vite de' pittori e scultori ferraresi [1697-1722], con annotazioni di G. Boschini, I, Ferrara 1844, pp. 174, 339, 355 s.; II, ibid. 1846, pp. 279-299 (cfr. Indice ragionato, a cura di A. Mezzetti-E. Mattaliano. III, Ferrara 1983, pp. 15-17); C. Barotti, Pitture e sculture che si trovano nelle chiese, luoghi pubblici, e sobborghi della città di Ferrara, Ferrara 1770, ad Indicem;G. A. Scalabrini, Memorie istor. delle chiese di Ferrara e de' suoi borghi, Ferrara 1773, pp. 24 s., 33 s., 65 s., 106, 135, 179, 213, 225, 227, 244, 280, 331 s., 382, 417; C. Cittadella, Catalogo istor. de' pittori e scultori ferraresi e delle opere loro, Ferrara 1783, IV, pp. 31-51; A. Frizzi, Guida del forestiere per la città di Ferrara, Ferrara 1787, pp. 104, 107, 134, 138; D. G. Pellizzari, Vita di F. F. e Antonio suo figlio (nozze Schrift), Venezia 1847; L. N. Cittadella, Notizie amministrative e storico artistiche relative a Ferrara, Ferrara 1868, I, p. 64; II, pp. 77 s.; A. Bargellesi, Camilla Borgia e il convento di S. Bernardino, in Atti e mem. della Deputazione provinciale ferrarese di storia patria, n.s., XIV (1955), pp. 202 s.; G. Medri, Chiese di Ferrara nella cerchia antica, Bologna 1967, p. 95; E. Riccomini, IlSeicento ferrarese, Ferrara 1969, pp. 53-56; A. Rizzi, Arte e ambiente nella Ferrara "minore". Contributi sulla chiesa di S. Giuseppe, in Musei ferraresi 1972, Bollettino annuale, II (1973), pp. 82 n. 4, 83 n. 9; E. Mari, F. F. e le sue opere, in La Pianura, 1979, n. 3, pp. 73 s.; A. Mezzetti-E. Mattaliano, Un indice ragionato, in Musei ferraresi 1975/76..., V-VI (1977), pp. 145 s.; Lachiesa di S. Giovanni Battista e la cultura ferrarese del Seicento, Milano 1981, ad Indicem;M. Faietti, Le istituzioni benedettine ferraresi..., in La regola e l'arte, Bologna 1982, pp. 12-18; E. Bonatti, Affreschi e tempere nell'antica residenza del luogotenente criminale in via del Podestà a Ferrara, in Musei ferraresi 1982, Bollettino annuale, XI I (1984), pp. 105-109; A. M. Fioravanti Baraldi, Arte bolognese e arte ferrarese a confronto. Gli affreschi di palazzo Bevilacqua-Massari a Ferrara, in IlCarrobbio, XVII (1991), pp. 141 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 449.