VENINI, Francesco Fedele
– Nacque a Varenna, sul lago di Como, dal conte Giovanni e da Giovanna Prada, il 19 settembre 1737.
Studiò filosofia al collegio Gallio di Como e fu ordinato chierico presso i somaschi nel 1755.
Coerentemente con le occupazioni dell’Ordine, Venini si dedicò principalmente all’insegnamento, dapprima nello stesso collegio Gallio di Como (A. Cerati, Opuscoli diversi..., 1809, pp. 31 s.), dove fu lettore di filosofia, poi a Parma, dove si recò una prima volta nel 1762, per incontrare Étienne Bonnot de Condillac, e dove tornò nel 1764 come precettore del principe Ferdinando (Mamiani, 1989, p. 214). Nel 1765 divenne, per volere del ministro Léon Guillaume du Tillot, direttore del Collegio della Real Paggeria, dove chiamò nel ruolo di docente anche l’amico Francesco Soave.
Genuinamente interessato all’educazione, Venini presentò a du Tillot una proposta riformatrice volta a ripensare il piano degli studi dei collegi: la proposta non ebbe successo (ibid., p. 221), ma Venini non rinunciò a diffondere le sue idee, influenzate soprattutto dal pensiero di Condillac e D’Alembert (p. 219). Nel 1767 diede alle stampe la prima edizione dei Principi delle cognizioni umane ad uso de’ fanciulli della stamperia Monti di Parma, opera in cui confluirono i principi teorici che sorreggevano la proposta riformatrice.
Venini era convinto che l’istruzione dei più giovani dovesse partire dalla loro esperienza quotidiana e naturale, conducendo gli alunni, attraverso l’osservazione e il ragionamento, a comprendere l’importanza dello studio delle lingue, delle scienze e delle arti. I Principi furono seguiti dal Trattato della lingua italiana e della latina e delle regole proprie dell’una e dell’altra, cui Soave si sarebbe poi dichiarato debitore (Gramatica ragionata della lingua italiana, Parma, Fratelli Faure, 1771) e tra i primissimi testi del genere. Entrambi i trattati conobbero particolare fortuna, se stiamo alle prefazioni che lo stampatore appose alla seconda edizione dei due titoli, realizzata nel 1798 dai Gozzi di Parma.
Alla soppressione dell’Ordine dei gesuiti nel Ducato, avvenuta nel 1768, ci fu bisogno di occupare le cattedre universitarie, così a Venini fu assegnata presso l’Università di Parma quella di matematica sublime. In tale contesto Venini firmò gli Elementi di matematica ad uso delle scuole regie, dati alle stampe nel 1770 a Parma dai Fratelli Faure. Anche gli Elementi, al pari degli altri due testi didattici, conobbero un ampio successo, cosicché di lì a dieci anni ne venne realizzata una ristampa a Palermo, mentre vent’anni più tardi il milanese Agnelli ne stampò una nuova edizione (I-V, Milano 1802-1806), corretta e accresciuta dalla mano di Venini.
La voce di Paolo Brambilla, nella prefazione all’edizione milanese, testimonia riguardo agli Elementi che «l’ordine e la chiarezza mirabile con cui sono dettati, l’esattezza dei metodi, la precisione e la novità delle idee [...] li fecero tosto conoscere e ricercare per tutta Italia» (I, 1802, p. 1). Come per lo studio della lingua e della grammatica, anche per lo studio delle matematiche Venini era convinto che l’apprendimento dovesse utilizzare come punto di partenza l’esperienza concreta e procedeva così a dimostrare come ogni disciplina nascesse da un bisogno pratico dell’uomo (per esempio, II, 1803, p. 1).
Nel 1772, quando du Tillot fu allontanato dal Ducato, Venini dovette lasciare il suo incarico in Università. Divenne vicario generale della diocesi di Aix-en-Provence, chiamato lì da Jean de Dieu-Raymond de Boisgelin, che aveva avuto modo di conoscere a Parma. Durante la permanenza nella città francese, Venini firmò l’opera Dissertazione sui principj dell’armonia musicale, e poetica, e sulla loro applicazione alla teoria, e alla pratica della versificazione italiana, che uscì a Parigi nel 1784, stampata dall’editore italiano Claudio Molini (che ne ristampò una seconda edizione nel 1798).
La trattazione dell’armonia musicale non era fine a sé stessa, ma era piuttosto funzionale a una più ampia riflessione sulla poesia lirica, in particolare sulla poesia lirica italiana. La Dissertazione si inserì dunque nella produzione del somasco coerentemente con i suoi studi di grammatica e di filologia del periodo parmigiano, nonché con il suo amore per l’arte poetica.
A riprova dell’interesse di Venini per la poesia uscì, due anni dopo la Dissertazione, un volume di traduzioni delle odi oraziane, Q. Horatii Flacci Carminuum Libri quinque ec. Delle Odi di Q. Orazio Flacco libri cinque colla traduzione in versi italiani di vario metro, stampato a Milano (Imp. Monistero di S. Ambrogio). Si trattò della prima di varie edizioni (Venezia, Sebastiano Valle, 1802; Milano, Agnelli, 1811), che videro Venini impegnato in una continua opera di cesellatura dei versi.
Nell’ottobre del 1788 Venini tornò a Milano (Monti, 1832, p. 525; Arrigoni, 1840, p. 380). Nel luglio dell’anno seguente si mise in viaggio con gli amici Soave e Carlo Amoretti alla volta della Francia, ma i disordini causati dai moti rivoluzionari convinsero i tre, una volta arrivati sul lago di Ginevra, a desistere dal progetto (F. Soave, Epistolario, a cura di S. Barelli, 2006, pp. 248 s.). Non solo: nella rivoluzione Venini perdette «in un solo istante e ricchezze ed amici e manoscritti, e tutto ciò che aveva di più caro» (Gazzetta di Milano, 1820, p. 594). Si stabilì così nella villa di famiglia a Varenna, dove ospitò anche «Monsignor Boisgelin e gli altri rifugiati» (F. Soave, Epistolario, cit., p. 250).
Negli anni successivi la produzione di Venini continuò a dividersi tra titoli dedicati alla poesia e lavori nelle scienze. Interessante notare come nell’opera, pubblicata da Gaetano Motta, Poesie (I-II, Milano 1791), in cui a un volume di traduzioni se ne accompagnò anche uno di poesie inedite dello stesso Venini, si possano rintracciare alcune odi a tema scientifico, come l’ode VII [Senza titolo] Sopra gli studi matematici, e fisici del nostro secolo (II, pp. 29-32).
Nel 1803 Venini venne nominato, sotto il governo napoleonico, membro dell’Istituto nazionale di scienze (Monti, 1832, p. 525) e fu chiamato a far parte, insieme con Amoretti e Soave, della commissione dell’Istituto sui libri per l’istruzione elementare (F. Soave, Epistolario, cit.).
Il somasco pubblicò l’ampio trattato Sulle livellazioni barometriche nelle Memorie dell’Istituto nazionale italiano. Classe di fisica e matematica, Bologna 1808, II, 1, pp. 81-170 e 1810, II, 2, pp. 171-239, 341-444), uno dei suoi ultimi lavori.
Divenuto ormai completamente cieco (Gazzetta di Milano, 1820, p. 594), morì il 5 aprile 1820 nel collegio dei Somaschi di S. Maria Segreta a Milano.
Altre opere. Cantata per musica nell’ottavario che si celebra in S. Leonardo da’ chierici regolari somaschi per la canonizzazione di San Girolamo Miani loro fondatore, Bergamo 1768; Esposizione del nuovo sistema delle misure francesi, in Opuscoli scelti sulle Scienze e sulle arti, XX, Milano 1798, pp. 89-112; Salmi e cantici tradotti in versi italiani di vario metro con un discorso sulla poesia sacra dell’eminentissimo cardinale Boisgelin, Milano 1803; Sulle livellazioni barometriche, in Memorie dell’Istituto nazionale italiano. Classe di fisica e matematica, I, 1, Bologna 1806, pp. 333-414; Saggi della poesia lirica antica e moderna, I-II, Milano 1818.
Fonti e Bibl.: A. Cerati, Opuscoli diversi di Filandro Cretensei, I, Parma 1809, pp. 31-35; F. Soave, Epistolario, a cura di S. Barelli, Bellinzona 2006.
Gazzetta di Milano, 28 aprile 1820, pp. 593 s.; M. Monti, Storia di Como, VII, 2, Como 1832, pp. 520-526; G. Arrigoni, Notizie storiche della Valsássina e delle terre limitrofe dalla più remota fino alla presente età, Milano 1840, pp. 379 s.; M. Mamiani, F. V., un philosophe a Parma (1764-1772), in Giornale critico della filosofia italiana, IX (1989), 2, pp. 213-224.