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FARAONE, Francesco

di Massimo Ceresa - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 44 (1994)
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FARAONE (Faragonio), Francesco

Massimo Ceresa

Scarse le notizie biografiche che lo riguardano. Nacque a Messina, probabilmente poco dopo il 1460. Dalle sue umili origini, indicate dall'allievo e biografo Marco Basilio Panclareno, si può supporre che non appartenesse alla omonima famiglia di banchieri che esercitava un'ampia attività commerciale con le Fiandre.

Le sue prime tracce risalgono al 1483, quando "Franciscus de Faraglone" eredita i libri di "Leonardus de Miligo", tra i quali un codice con le Epistolae Ovidii. Durante un'epidemia, scoppiata a Messina, si trasferì a Taormina, dove forse esercitò l'insegnamento, come sembra suggerire un carme da lui dedicato alla gioventù locale; non si può escludere che svolgesse un'attività di insegnamento itinerante, dato che indirizzò composizioni di tale tipo ai giovani di altre città siciliane.

All'inizio del Cinquecento godeva di una modesta situazione, avendo al suo servizio due servi ed una serva. L'8 apr. 1518 concorse, con altri ottantasette esponenti delle più importanti famiglie messinesi, a un'offerta di autotassazione per la Ss. Vergine della Sacra Lettera con un contributo a vita. Le fonti indicano che morì sessagenario: così, anche sul conforto delle poche notizie rimaste, si può ipotizzare il suo arco di vita tra il 1460 e il 1525 circa.

Fu allievo di Costantino Lascaris, morto a Messina durante la pestilenza del 1501; partecipò e tramandò l'insegnamento che l'erudito greco svolse nella città dello Stretto, dove aveva attirato studenti provenienti da tutta Europa (il giovane Pietro Bembo, fra l'altro, che strinse amicizia con il Faraone). In seguito, insieme con Carlo Curro, il F. diede nuovo impulso alla scuola messinese di grammatica. I vari allievi del Lascaris a Messina presero strade diverse: alcuni, come Bernardo Rizzo, parteciparono attivamente alla vita politica della città, altri, come il F., si limitarono all'acquisizione di una cultura municipale, cercando di tramandarla con il loro insegnamento. Nel 1520 il F. venne coinvolto in una polemica che gli attirò le critiche di Lucio Cristoforo Scobar, spagnolo, allievo anch'egli del Lascaris e prima, in Spagna, di Elio Antonio de Nebrija e a Roma di Sulpicio Verulano. Lo Scobar in uno scritto accusò il F. e Niccolò Valla, altro brillante allievo del Lascaris, di utilizzare un latino poco aderente alle strutture classiche (Opusculum de rebus praeclaris Syracusanis: atque de carcinomatis Pharaonium et Vallilium explicitorum, Venetiis 1520). Il Panclareno attribuisce la polemica ad invidia e gelosia dello spagnolo, la cui grammatica non aveva goduto della stessa fortuna di quella del Faraone. Quest'ultimo, come il Valla, non rispose all'opuscolo, consapevole forse di aver promosso già un'edizione di grande importanza e novità, quella di Ditti Cretese, accompagnandola con Darete Frigio, e del successo del suo trattato di grammatica, che soppiantò quelli tradizionali.

Il F. era legatissimo a Bernardo Rizzo, profondo conoscitore della cultura e della lingua greca, cui il Lascaris accordò tale fiducia da farne il suo esecutore testamentario. Partecipò con versi encomiastici alla pubblicazione della Monodia de obitu Ioannis Aragonis del Rizzo (dicembre 1497), definendola "carmen sublime" ed accennando anche alle cariche politiche che il Rizzo ricopriva nella città, sottolineando in lui l'autorità politica accanto all'autorità culturale, oltre che la sua ricchezza e la sua funzione di mecenate, che gli consentiva di finanziare la stampa di opere. L'anno dopo, infatti, fu il Rizzo a finanziare l'edizione di Ditti Cretese e Darete Frigio.

La Monodia del Rizzo fu stampata dal tedesco Wilhelm Schömberger, attivo a Messina nell'ultimo decennio del Quattrocento e, dopo Enrico Alding, il rappresentante più significativo dell'attività tipografica della città siciliana verso la fine del secolo. L'anno dopo, nel maggio, lo stesso tipografo stampò Dictys Cretensis de historia belli Troiani et Dares Phrygius de eadem historia Troiana; il F. dedicò l'opera a Bernardo Rizzo, che ne era il finanziatore. La stessa fu ristampata a Venezia, l'anno dopo, da Cristoforo Pensi (de Pensis): il che, se da una parte sembra testimoniare una grande richiesta del mercato, dall'altra pare indicare la sede tipografica di Messina come inadatta a rispondere a una tale richiesta; l'edizione di Venezia manteneva la dedica e le caratteristiche di quella dell'anno prima.

Il F. fu il primo a pubblicare insieme l'Historia troiana di Ditti Cretese e quella di Darete Frigio, in un momento di fortissimo interesse, locale ed internazionale, per il ciclo troiano, provato dal contemporaneo proliferare di edizioni e dall'accertata presenza in biblioteche messinesi di volumi sull'argomento. Il F., che nella prefazione all'opera dichiarò di aver usato un codice di Suda appartenente a Costantino Lascaris, svolse un accuratissimo lavoro filologico, sulla base di confronti e con l'ausilio di una vasta e aggiornata letteratura critica, l'edizione conteneva la traduzione di Ditti dal greco in latino di Lucio Settimio (IV secolo), e nella dedica il F. si premurava di indicare la testimonianza di Costantino Lascaris riguardo all'assenza di testi greci di Ditti e Darete. L'importanza della storia di Ditti risiedeva nel fatto che egli era considerato un testimone oculare della guerra di Troia, come ripeté il F. sulla base di Settimio. Le caratteristiche dell'edizione la rivelano impostata per l'insegnamento, soprattutto in chiave di educazione alla lettura.

L'altra opera che dette fama duratura al F. sono la Institutiones grammaticae, denuo ex manuscripti codicis fideliter recognitae. L'editio princeps dell'opera venne regolata da un atto stipulato il 28 genn. 1500 tra Olivino (Livino, Lievin) da Bruges, tipografo, ed Angelo Saccano, finanziatore, prestigioso rappresentante del patriziato messinese, che sanciva la stampa di mille esemplari dell'opera; di tale edizione non esiste alcun esemplare, e probabilmente il contratto non ebbe seguito. Il valore dell'opera è testimoniato dalla sua fortuna: essa fu stampata in molti luoghi con ben ventinove edizioni nel corso del Cinquecento ed altre nel secolo successivo. La prima edizione conosciuta risulta quindi quella di Napoli, S. Mayr, 1515; la seconda è di Messina, P. Spira, 1520; la terza edizione di Brescia, Ludovico Britannico, 1533, contiene (cc. 2-3) la biografia del F. ad opera del Panclareno, il quale indica che il F. era morto al momento della stampa del volume. Il Panclareno aggiunse all'opera un altro scritto del F., di ispirazione religiosa, De Deo et fide catholica generalique confessione, una serie di componimenti che il F. aveva rivolto ai giovani di varie città siciliane (Palermo, Catania, Siracusa, Taormina, Agrigento, Enna), forse suoi alunni, oltre ad un'altra operetta del F., De numeroso heroico carminis artificio compendiosa institutio.

Un'altra sua biografia sarebbe stata scritta dal sacerdote messinese Leonardo Paté, ma, rimasta manoscritta, andò perduta durante la rivolta avvenuta nella città nel 1674.

Fonti e Bibl.: G. Renda, Siciliae bibliotheca vetus, Roma 1700, p. 322; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, I, Panormi 1707, p. 233; C.D. Gallo, Annali della città di Messina, II, Messina 1758, pp. 472, 561; G. G. C. [G. Grosso Cacopardo?], F. F., in Lo Spettatore zancleo, Messina 1834, pp. 213 s.; A. Narbone, Bibliografia sicola sistematica, I, Palermo 1850, pp. 159, 451; N. D. Evola, F. F. e la leggenda troiana in Sicilia, in Boll. del Centro di studi filol. e ling. siciliani, II (1954), pp. 373-375; Id., Scuole e maestri in Sicilia nel sec. XV, in Arch. storico, sic., s. 3, X (1960), pp. 44 s., 48 s., 51; La cultura in Sicilia nel Quattrocento (catal. della mostra), Roma 1982, pp. 156, 173, 178 s.; C. Bianca, Stampa, cultura e società a Messina alla fine del Quattrocento, Palermo 1988, pp. 13, 15-17, 24, 28, 34, 39-41, 44, 170, 343, 347-349, 355, 417-422, 424-428, 430, 432 s., 435 s., 439; G. Lipari, Ilcarteggio Ventimiglia-Allacci: una vicenda editoriale del '600, Messina 1990, p. 41; G. Resta, La stampa in Sicilia nel Cinquecento, in La stampa in Italia nel Cinquecento, II, Roma 1992, pp. 800 s., 820, 831, 836, 838 s.; D. Reichling, App. ad Hainii-Copingeii Repert. bibl., I, pp. 91 s.; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, VII, coll. 405 s.

Vedi anche
letteratura In origine, l'arte di leggere e scrivere; poi, la conoscenza di ciò che è stato affidato alla scrittura, quindi in genere cultura, dottrina. Oggi s'intende comunemente per letteratura l'insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano ... tedesco Il complesso dei dialetti della famiglia germanica occidentale, diffusa come lingua nazionale e ufficiale nelle attuali Germania, Austria e parte della Svizzera (➔ Germania). filologia In ogni ricerca, l’interpretazione di fatti (o di personaggi ecc.) basata sull’esame di testi, documenti o su notizie storiche. 1. Definizioni Il termine filologia, inteso nel mondo greco e latino come amore della dottrina, con particolare riguardo all’erudizione storica, si andò affermando in Europa ... opera musica Spettacolo, detto anche melodramma, in cui l’azione teatrale si sviluppa attraverso la musica e il canto. Pur assumendo denominazioni diverse a seconda di argomento (opera buffa, opera seria), epoca e paese (opéra-ballet, opéra-comique, tragédie-lyrique, grand-opéra, Singspiel ecc.), questo ...
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faraone faraóne s. m. [dal lat. tardo Pharăo -onis, gr. Φαραώ, e questo dall’ebr. Par῾ōh, voce di origine egiz. che significava propr. «casa elevata» e indicò dapprima il palazzo reale]. – 1. Nell’antico Egitto, il re, la persona del sovrano;...
faraònico
faraonico faraònico agg. [der. di faraone] (pl. m. -ci). – Dei faraoni, del tempo dei faraoni: l’Egitto faraonico. In senso fig., che ricorda il fasto dell’Egitto dei faraoni, quindi monumentale, sfarzoso: stile, gusto faraonico.
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