CANGIAMILA, Francesco Emanuele
Nacque a Palermo il 1ºgenn. 1702 da Paolo, magistrato, e da Anna Tramonte. Addottoratosi in diritto civile e canonico nel 1717 a Catania, esercitò per alcuni anni l'avvocatura a Palermo; nel 1723, vinte le resistenze del padre che avrebbe voluto vederlo proseguire nella carriera forense già felicemente iniziata, abbracciò lo stato clericale e nel 1724 fu ordinato sacerdote; iniziati frattanto gli studi ecclesiastici nel collegio palermitano dei gesuiti, conseguì la laurea in teologia nel 1728. Dopo avere svolto attività di predicazione e di apostolato in diverse località della Sicilia, si stabilì a Monreale, dove il padre ricopriva le cariche di assessore e di giudice, e fu nominato dall'arcivescovo cardinale Alvaro Cienfuegos avvocato fiscale presso la Curia arcivescovile e moderatore degli studi nel seminario. Come l'esercizio dell'avvocatura non gli aveva impedito di cominciare a coltivare gli studi ecclesiastici, così i doveri inerenti alle cariche ricoperte a Monreale non lo distolsero dal proseguirli: alcuni opuscoli di edificazione popolare, di agiografia e di erudizione costituirono i primi frutti della sua attività di scrittore (Coronella di s. Michele Arcangelo, Palermo 1729; Relazione della vita di suor Maria Maddalena Romano, Palermo 1731; Compendio della vita di s. Atanasio il grande, Palermo 1731).
Nel 1731 Ferdinando Tomasi, principe di Lampedusa e duca di Palma, patrono della chiesa madre di Palma quale discendente di Giulio Tomasi che l'aveva fondata nel 1666 e titolare perciò del diritto di presentarne l'arciprete, ottenne la nomina del Cangiamila. A Palma (diocesi di Girgenti) il C. rimase per quasi dodici anni, svolgendovi un'intensa attività pastorale e rivelando le sue vive aspirazioni di riformatore sociale: pur senza trascurare gli studi eruditi, come attestano alcuni suoi scritti di storia ecclesiastica locale (Storia della matrice chiesa di Palma, ms., Palermo, Biblioteca comunale, 2 Qq H 1, n. 31; Notizie sullo stato ecclesiastico di Palma, ms., Ibid., 2 Qq H 1, n. 8), egli curò in particolare l'istruzione religiosa del popolo, pubblicando un catechismo in dialetto siciliano (Compendiu di la dottrina cristiana ristampatu per ordini di mons. Viscuvu di Girgenti, Palermo 1732); si dedicò soprattutto, mercé gli aiuti economici forniti dal Tomasi e da altri patrizi, alla creazione di istituti di educazione femminile a Palma (1736), a Licata (1739) e a Girgenti, e alla fondazione di istituzioni per il riscatto dei prigionieri cristiani dalle mani degli infedeli e per l'assistenza alle vittime delle scorrerie barbaresche; prospettò la necessità di fornire assistenza sanitaria gratuita ai poveri, caldeggiando la nomina di medici stipendiati dalla comunità (Della necessità di esservi in Palma medici stipendiati dalla Università, ms., Palermo, Biblioteca comunale, 2 Qq H 1, n. 22). Nell'attuazione dei suoi tentativi di riforme il C. dovette tuttavia incontrare, come attestano i suoi biografi, ostilità e resistenze nell'atteggiamento misoneista del clero locale e di larghi strati della popolazione, tanto che nel 1742, malgrado le insistenze del vescovo mons. Lorenzo Gioeni, il quale si era offerto di nominarlo canonico della cattedrale a condizione che fissasse la propria dimora a Girgenti, rinunciò all'arcipretura di Palma e fece ritorno a Palermo, dove l'arcivescovo mons. Domenico Rossi l'aveva designato a direttore degli studi nel seminario; e a Palermo, ripresa con maggior vigore l'attività di studioso e di scrittore, portò a termine e pubblicò nel 1745 la sua opera maggiore, l'Embriologia sacra.
A Monreale e soprattutto a Palma il C. aveva cominciato a promuovere la diffusione del taglio cesareo, propugnando l'esecuzione dell'intervento tanto su donna morta quanto su donna viva al fine di potere amministrare il battesimo al feto; a Palma nel 1736aveva ottenuto i primi risultati positivi, facendo praticare il taglio cesareo su donna morta e riuscendo a fare estrarre il feto ancor vivo ed a battezzarlo; sempre a Palma, come egli stesso narra (nella Embriologia sacra, p. VII), aveva anche concepito il disegno di "un libro, in cui si trovassero tutti quei lumi, che debbono in questa materia dirigere le operazioni di un zelante Pastore". Scopo fondamentale dell'opera, nata dunque da esigenze ed esperienze pastorali più che scientifiche, fu pertanto la diffusione della pratica del taglio cesareo al fine precipuo di garantire l'eterna salvezza del nascituro nei casi di parto difficile; nondimeno la trattazione trascende questi limiti e acquista, come ha osservato il Vitello, il carattere e il respiro di un trattato generale di ostetricia, opera di uno scrittore che, se non risulta - ed è assai improbabile - che fosse anche medico, dimostra però di essere fornito di notevoli ed aggiornate cognizioni scientifiche e di propugnare l'uso di più moderne tecniche ostetriche. Gli studi di medicina sociale e applicata a problemi religiosi costituirono del resto uno degli interessi fondamentali del C., come attestano altri due suoi scritti: il Discorso nel quale si dimostra che gli annegati possono vivere per notabile tempo sott'acqua e si prescrivono gli aiuti che debbono darsi loro per farli rinvenire quando si estraggono, recitato nel 1755 nell'Accademia palermitana del Buon Gusto (poi in Opuscoli di autori siciliani, XII, Palermo 1771, pp. 273-329);e la Medicina sacra, pubblicata anch'essa postuma a Palermo nel 1802, opera di carattere medico e ascetico tendente a dimostrare l'utilità anche sul piano igienico e sanitario della penitenza e della mortificazione.
La pubblicazione dell'Embriologia sacra esercitò in Sicilia qualche influsso sul piano pratico: sono da ricordarsi al riguardo, oltre a diversi editti di vescovi siciliani del tempo che prescrissero la pratica del taglio cesareo, anche interventi dell'autorità civile, come la Prammatica del 7 ag. 1749, dettata in materia da Carlo di Borbone (cfr. i documenti riportati in Embryologia sacra, Panormi 1758, pp. 255 ss.). Di un certo rilievo anche la fortuna dell'opera nel corso del Settecento: pressoché dimenticata più tardi, essa ebbe tuttavia nel XVIII secolo, dopo quella palermitana del 1745, diverse edizioni in italiano, in latino ed in altre lingue europee e giudizi favorevoli da parte di Benedetto XIV e di altri scrittori dell'epoca (riportati in Embryologia sacra, Panormi 1758, pp. VII ss.). Vanno segnalati, fra gli altri giudizi favorevoli, quelli formulati in alcuni ambienti culturali legati col giansenismo, come il periodico fiorentino Novelle letterarie (VIII, [1747], (col. 270)di Giovanni Lami ed il Journal ecclésiastique (luglio 1762, p. 87)dell'abate J.-A. Dinouart. Il favore mostrato nel corso del Settecento da parte di alcuni prelati giansenisti nei confronti della pratica del taglio cesareo al fine di tentare, in caso di premorienza della madre alla nascita o di parto difficile, l'estrazione del feto vivo per amministrargli il battesimo, va collegato - come ha osservato lo Jemolo - con l'opinione dell'agostinianismo rigido, diffusasi nella seconda metà del Seicento e divenuta poi uno dei punti comuni fra agostinianismo rigido e giansenismo, secondo la quale i bambini morti senza battesimo sono condannati a pena di fuoco sensibile non già solo alla privazione della visione beatifica di Dio. Non sembra tuttavia che il favore per la pratica del taglio cesareo e l'atteggiamento generalmente rigorista dimostrato negli scritti e nella vita possano valere da soli, in assenza di elementi più precisi, a qualificare la spiritualità del C. senz'altro come giansenistica, sebbene l'Embriologia sacra abbondi di citazioni di teologi ed eruditi quali il Noris, l'Alexandre, il Van Espen e i Maurini, e il C. sia stato uno dei pochi siciliani a prendere cautamente le difese del Codex diplomaticus Siciliae pubblicato da mons. Giovanni Di Giovanni a Palermo nel 1744(Notadi quello che di comune consenso dei revisori dell'eruditissimo Codice diplomatico si è pensato e motivato doversi in esso riformaredal suo degnissimo autore, ms., Palermo, Biblioteca comunale, 2 Qq H 3, n. 8), di un'opera, cioè, avversata dagli ambienti gesuitici e difesa invece dai circoli filogiansenistici italiani, che per designazione del Tomasi era stato chiamato a giudicare insieme ad altri teologi siciliani.
Dopo la rinuncia all'arcipretura di Palma la vita e l'attività del C. si svolsero esclusivamente fra Palermo e Monreale: nel 1748 venne nominato canonico teologo della cattedrale di Palermo, prebenda di nomina regia, e poi abate della badia dei SS. Giovanni ed Ermete; nel 1753 mons. Iacopo Bonanni, inquisitore generale di Sicilia e arcivescovo di Monreale, lo nominò inquisitore fiscale e suo vicario generale, cariche confermategli nel 1755 dal successore del Bonanni, mons. Francesco Testa. Fu certamente devoto senza riserve alla monarchia borbonica, sollecitandone e promuovendone l'attività di riforma civile (oltre che nella questione del taglio cesareo, anche nella creazione di asili per l'infanzia abbandonata, dei quali dettò il regolamento: Stabilimenti per le case de' bambini proietti, Palermo 1751)e prendendone le difese in occasione di controversie con la Curia romana (Discorso sopra gli ultimi procedimenti della Corte di Roma contro il Regno di Sicilia: riguardanti le controversie della Monarchia di Sicilia e diritto del Regio exequatur, ms., Palermo, Biblioteca comunale, 2 Qq H 3, n. 4);e il governo non trascurò di manifestargli il proprio favore, conferendogli fra l'altro la prelatura nullius di S. Lucia del Mela, che egli non volle tuttavia accettare perché già gravemente ammalato e per gli scrupoli nutriti in merito alla propria idoneità alla cura diocesana. All'attività svolta nei seminari di Monreale e di Palermo e quale arciprete di Palma vanno probabilmente ricollegati alcuni scritti inediti del C. in materia teologica e pastorale (Del retto uso della teologia mistica e Teologia mistica, ms., Palermo, Biblioteca comunale, 2Qq H 4; Trattato de' parrochi e delle parrocchie, ms., Ibid., 2Qq H 5), mentre parecchi discorsi pronunciati nelle accademie palermitane dei Geniali fra il 1719 e il 1725, degli Ereini nel 1743, dei Pescatori Oretei fra il 1745 e il 1746, nonché alcuni sonetti (Palermo, Biblioteca comunale, mss. 2 Qq H 1, nn. 6, 14, 16, 31, 34, 35, 36 e 2 Qq B 57, n. 5) testimoniano della sua attiva partecipazione alla vita letteraria siciliana del tempo. Morì a Palermo il 7 o l'8 genn. 1763.
Opere: La raccolta completa dei manoscritti del C., comprendente sia le opere rimaste inedite sia quelle edite, è conservata nella Biblioteca comunale di Palermo: essa è costituita anzitutto dalla serie organica di otto volumi segnati 2 Qq H 1-8, nonché di altri manoscritti sparsi, dei quali, oltre ai già ricordati nel corpo della biografia, occorre indicare quelli contenuti nei volumi Qq E 150, f. 476 e 3 Qq D 9 (lettere), 2 Qq D 46 (Dissertazione critica in difesa del simbolo di s. Atanasio)e 2 Qq G 14(zibaldone di scritture varie). Alle opere edite indicate nel corpo della biografia si aggiunga il Ragionamento sulla utilità e necessità della buona educazione delle fanciulle e dell'istituto de' collegi della Sacra Famiglia, Palermo 1732.
Fonti e Bibl.: Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 9265: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, f. 47; L. Crema, Elogio storico di monsignord. F. E. C., Palermo 1764; D. Scinà, Prospettodella storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo,I, Palermo 1824, pp. 154-156; II, ibid. 1825, pp. 37 s., 274; S.Di Chiara, Opuscoli editiinediti e rari sul diritto pubblico ecclesiastico e sullaletteratura del Medio Evo in Sicilia, Palermo 1855, p. 42; V. Di Giovanni, Storia della filosofia inSicilia, Palermo 1873, I, pp. 275-278; G. M. Mira, Bibliografia siciliana, Palermo 1875, I, p. 166; D. Schiavo, Elogio di mons. F. E. C., in Archivio storico siciliano, n.s., XXIII (1898), pp. 227-230; A. C. Jemolo, Il giansenismo inItalia prima della Rivoluzione, Bari 1928, pp. 133 ss., 156 ss., 343, 345, 370 s., 387 s.; A. Vitello, F. E. C. e la sua opera ostetrica, in Atti e memorie dell'Accademia di storia dell'arte sanitaria, s. 2, XXI (1955), pp. 110-127, 165-177, con amplissime indicazioni bibliografiche; M. Condorelli, Note su Stato e Chiesa nel pensiero degli scrittori giansenisti siciliani del secolo XVIII, in Il diritto ecclesiastico, LXVIII (1957), 1, pp. 341-344; A. Vitello, Palma di Montechiaro,la terra del "Gattopardo", Agrigento 1960, pp. 27 s., 32, 38, 44 ss., 51-60; Id., I Gattopardi di Donnafugata, Palermo 1963, pp. 124, 126, 298, 302 s.; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae, IV, col. 1646; Dict. de théol. catholique, II, 2, col. 1507.