MARCHESE, Francesco Elio
Nacque, probabilmente a Napoli, da famiglia salernitana. Per la data di nascita, Altamura (p. 62) attestò il 1448 sulla base della nota manoscritta - "Vivebat Aelius a.d. MCCCCXLVIII; obiit anno 1517. Sepultus in ecclesia divi Petri ad Mayellam Neapoli" - vergata in un esemplare della Vindex Neapolitanae nobilitatis… animadversio in Francisci Aelii marchesii librum de Neapolitanis familiis, opera del minorita Carlo Borrelli (Napoli 1653) nella cui prefazione è inserita la prima biografia del M., di Giovanni Battista Bolvito.
Secondo Bolvito, il M. sarebbe stato coinvolto nella prima congiura dei baroni (1458-63) - cosa che porterebbe a escludere la sua nascita nel 1448 -, e avrebbe seguito a Roma Lucrezia d'Alagno dopo il 1469. È più probabile, tuttavia, che il M. sia arrivato a Roma come segretario del cardinale Oliviero Carafa (creato il 18 sett. 1467). La sua presenza a Roma è attestata da due lettere di Domizio Calderini (del 19 e 21 giugno 1472 la prima, del 26 agosto successivo la seconda), che si trovava in Francia al seguito del cardinale Bessarione inviato da Sisto IV.
Nella prima lettera, a Oliviero Palladio, giovane pomponiano copista di un codice di Marziale (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 2823), Calderini chiede se egli fosse a Roma o se si fosse allontanato insieme con il M. verso la Campania o Venezia: in città imperversava allora la peste. L'altra lettera contiene saluti al M. e a "Paolo nostro", cioè Paolo Pompilio, e a tutti gli amici. Il M. era dunque inserito nella cerchia di Pomponio Leto e anzi proprio alla loro consuetudine di attribuirsi soprannomi classicheggianti si deve l'aggiunta di "Haelius" al nome di battesimo.
Come molti pomponiani, anche il M. partecipò alla prima diffusione della stampa a Roma, curando l'edizione delle Vitae et sententiae philosophorum di Diogene Laerzio (assegnata al tipografo G. Lauer dall'Indice generale degli incunaboli [=IGI], n. 3458) nella traduzione latina di Ambrogio Traversari.
Nella dedica a Carafa il M. dichiara di essersi appoggiato alla perizia di Teodoro Gaza, il quale negli ultimi tempi si era impegnato con Giovanni Andrea Bussi nell'edizione a stampa di testi difficili, come la Naturalis historia di Plinio. Probabilmente l'edizione di Laerzio fu terminata nei primi mesi del 1473, dopo che Carafa, comandante della flotta pontificia, allontanatosi da Roma il 28 maggio 1472, vi era rientrato trionfalmente il 23 genn. 1473. Poiché nella dedica il M. parla di primiciae del suo lavoro di editore di testi, se ne ricava che fosse allora abbastanza giovane, e in base a questo dato la data di nascita del 1448 sarebbe plausibile.
La partecipazione del M. ai dibattiti filologici romani è testimoniata anche dal fatto di essere il destinatario, insieme con Marco Lucido Fazini, grecista e anch'egli pomponiano, della Defensio adversus Brotheum grammaticum, che Calderini aggiunse al suo commento a Giovenale, presentato il 1° sett. 1474 a Giuliano de' Medici e stampato a Venezia il 24 apr. 1475 (IGI, n. 5575): lo "Helius" menzionato da Calderini va infatti identificato con il M., come rilevato da Weiss, e non con Giovanni Ludovico Toscano. Con quest'ultimo, avvocato concistoriale e finanziatore di numerose edizioni romane, il M. ebbe contatti per l'edizione da lui curata di Orazio, assegnata alla tipografia di B. Guldinbeck e databile al 1474-75 (IGI, n. 4894).
Si trattava di un'edizione rivoluzionaria, che comprendeva l'Orazio lirico (Carmina, Iambi, Carmen saeculare) e l'Ars poetica, accompagnato dai commenti dello Pseudo Acrone e di Porfirione; il M. si era servito della collaborazione di un amico di Niccolò Perotti, Angelo Sabino, professore dello Studium Urbis. Una lettera di Toscani al M. e una del M. al Toscani aprono il volume: vi si fa cenno a un'attività d'insegnamento del M. che non è dato definire meglio. Entrambi esprimono la consapevolezza della novità del loro lavoro, che poteva suscitare l'ostilità di invidiosi e anche di professori preoccupati che i due commenti a Orazio avrebbero potuto sostituire l'attività esegetica propria dell'insegnamento.
Oltre agli stretti rapporti del M. con il circolo pomponiano, altrettanto saldi furono i legami con l'ambiente napoletano, da cui egli proveniva, in particolare con Giovanni Pontano. Questi lo ricorda nei Tumuli, e negli Hendecasillabi ne festeggia il ritorno a Napoli, che fu probabilmente sollecitato da una sistemazione nel Regno ottenuta dal M. prima del 24 sett. 1486. A questa data il M. risulta nella città a fianco di G. Pontano ("in lo medesimo tempo che arrivò in Napoli el Pontano con Francesco Marchese, homo del gran senescalco", Regis Ferdinandi primi…, p. 38); inoltre dal De sermone di Pontano risulta che il M. fu impegnato in incarichi pubblici ("non in studis modo his nostris summa cum celebritate versatus, verum etiam civilibus in actionus ac negotiis", p. 179). Secondo Minieri Riccio, che non indica le fonti, il M. avrebbe ricoperto la carica di sostituto doganiere di Castellammare di Stabia dal 1487 all'aprile 1494, quando fece ritorno a Roma. In effetti, tra il 1494 e il 1496 è registrata la sua presenza a Roma come professore di retorica presso lo Studium Urbis, anche se la lacunosità delle fonti non permette di accertare eventuali altri anni di insegnamento.
Al 1496 dovrebbe risalire l'opera per la quale il M. ha attirato l'attenzione degli studiosi, il Liber de Neapolitanis familiis, che si colloca all'interno di un dibattito sulla nobiltà nel quale s'era già distinta intorno al 1480 l'opera di Tristano Caracciolo Nobilitatis Neapolitanae defensio. Il Liber è dedicato a Girolamo Carbone, che gliene aveva fatto richiesta: al di là del topos, l'opera - scrive il M. - era stata consegnata all'amico perché conservasse presso di sé uno scritto considerato dall'autore pericoloso a causa dell'ostilità che avrebbe potuto suscitare nelle famiglie di cui aveva ricostruito la storia con un atteggiamento di schietto sapore documentario, senza esitare a negare la nobiltà di alcuni casati e l'antichità di altri. A proposito della famiglia Capece, di cui ridimensiona l'antichità, il M., per esempio, dichiara di avere visto un documento in lettere longobarde e risalente al 1006-07, che gli aveva mostrato Pomponio Leto.
Nonostante le dichiarate intenzioni del M. di mantenere la riservatezza, il Liber ebbe una notevole diffusione: almeno 15 i manoscritti noti. Tra essi, quello della Biblioteca Oratoriana di Napoli (Mss., M.XXXVIII.I.51) reca nel margine superiore l'indicazione "Franciscus Aelius Marchisius in anno 1496", confermata da alcuni riferimenti interni, come quello a Federico d'Aragona, che regnò dal 7 ott. 1496 al 2 ag. 1501: "hodie regi Federico adeo cari". L'ampia circolazione manoscritta del Liber proseguì per tutto il XVI e il XVII secolo; nel 1577 fu tradotto in volgare da Orazio Goffredi di Matera, e anche la traduzione circolò manoscritta. Nel 1653 il Liber fu edito a Napoli da C. Borrelli nella già citata Vindex Neapolitanae nobilitatis… e nel 1655 F. Ughelli pubblicò a Roma la sua traduzione in volgare dell'opera di Borrelli (Difesa della nobiltà napoletana… contro il libro di Francesco Elio Marchesi…) insieme con la traduzione di Goffredi Famiglie nobili napoletane.
Negli ultimi anni il M. si divise tra Napoli e Roma. Conobbe il poeta Michele Marullo, che lo ricordò nei suoi Carmina; anche l'amicizia con Pontano dovette durare fino alla fine, non incrinata dai drammatici eventi che si abbatterono sul Regno a partire dalla discesa di Carlo VIII (1494-95): dopo la morte di Pontano il M. fu testimone, accanto a Caracciolo, Marino Tomacelli e Iacopo Sannazaro, dell'atto di donazione con cui il 4 giugno 1505 la figlia di Pontano, Eugenia, lasciò alla chiesa di S. Domenico 49 libri della biblioteca paterna. Il 12 giugno 1510 il M. scrisse da Napoli ad Angelo Colocci, che gli aveva chiesto informazioni per acquistare terreni nel Napoletano, preannunciando il suo ritorno a Roma (lettera autografa nel Vat. lat., 4105, c. 276).
Mancano fonti documentarie su luogo e data di morte del M., per cui si dovrà accettare la data del 1517, indicata nella testimonianza pubblicata da Altamura (p. 62). Della sepoltura nella chiesa di S. Pietro in Maiella non si conservano tracce.
Unica prova poetica del M. è l'epigramma che accompagna il commento del francescano Francesco Licheto al Super primo Sententiarum Ioannis Scoti (Napoli, S. Mayr, 1512).
Fonti e Bibl.: Regis Ferdinandi primi instructionum liber, a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, p. 38; M. Marullo, Carmina, a cura di A. Perosa, Firenze 1941, p. 56; G. Pontano, De sermone libri sex, a cura di S. Lupi - A. Risicato, Lucani 1954, p. 179; Id., De tumulis, a cura di L. Monti Sabia, Napoli 1974, p. 83; Id., Hendecasyllaborum libri, a cura di L. Monti Sabia, Napoli 1978, p. 77; B. Croce, F.E. M. e il suo opuscolo sulla nobiltà napoletana, in Id., Uomini e cose della vecchia Italia, Bari 1927, pp. 26-45; Id., Documenti umanistici napoletani (dalle schede di E. Percopo), in La Critica, XXXII (1934), p. 151; C.F. Bühler, On the Horace printed in Rome by Wendelinus de Wila or Bartholomaeus Guldinbeck, in La Bibliofilia, XXXVII (1935), pp. 376-380; A. Altamura, L'umanesimo nel Mezzogiorno d'Italia, Firenze 1941, pp. 61-65; R. Weiss, Un umanista e curiale del Quattrocento: Giovanni Alvise Toscani, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XII (1958), pp. 331 s.; C. De Frede, I lettori di umanità nello Studio di Napoli durante il Rinascimento, Napoli 1960, p. 89; B. Croce, Lucrezia d'Alagno, in Storie e leggende napoletane, Bari 1967, pp. 85-117; P.A. De Lisio, Intellettuali e nobiltà. Verifiche sul "Libellus" di F.E. M. e sulla sua fortuna, in P.A. De Lisio - S. Martelli, Dal progetto al rifiuto. Indagini e verifiche sulla cultura del Rinascimento meridionale, Salerno 1979, pp. 53-84; V. Fanelli, Ricerche su Angelo Colocci e sulla Roma cinquecentesca, Città del Vaticano 1979, p. 114; M.C. Dorati Da Empoli, I lettori dello Studio e i maestri di grammatica a Roma da Sisto IV ad Alessandro VI, in Rass. degli Archivi di Stato, XL (1980), p. 138; C. Bianca, Il soggiorno romano di F.E. M., in Letteratura fra centro e periferia. Studi in memoria di Pasquale Alberto De Lisio, a cura di G. Paparelli - S. Martelli, Napoli 1987, pp. 221-248; M. Gigante, Ambrogio Traversari interprete di Diogene Laerzio, in Ambrogio Traversari nel VI centenario della nascita. Atti del Convegno internazionale di studi, Camaldoli-Firenze… 1986, a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1988, pp. 406-411; Id., F.E. M. editore della versione ambrosiana di Diogene Laerzio, in Quaderni dell'Ist. nazionale di studi sul Rinascimento meridionale, V (1988), pp. 5-28; P. Farenga, Il sistema delle dediche nella prima editoria romana del Quattrocento, in Il libro a corte, a cura di A. Quondam, Roma 1994, pp. 69 s.; K. Friis-Jensen, Commentaries on Horace's "Ars of Poetry" in the incunable period, in Renaissance Studies, IX (1995), pp. 228-239; C. Bianca, Martino Filetico, Giovanni Luigi Toscani "et alii", in Studi latini in ricordo di Rita Cappelletto, Urbino 1996, pp. 271-283; M. De Nichilo, I "Viri illustres" del cod. Vat. lat. 3920, Roma 1997, p. 181; C. Bianca, M., F.E., in Enc. oraziana, III, Roma 1998, pp. 343 s.; A. Perosa, Studi di filologia umanistica, III, a cura di P. Viti, Roma 2000, pp. 157-174; M. Campanelli, Polemiche e filologia ai primordi della stampa. Le "Observationes" di Domizio Calderini, Roma 2001, p. 68; G. Vitale, Modelli culturali nobiliari nella Napoli aragonese, Salerno 2002, pp. 94-98; P.O. Kristeller, Iter Italicum. A Cumulative index to volumes I-IV, ad indices; Indice generale degli incunaboli (IGI), ad numeros.