DURANTE, Francesco
Nacque a Letojanni Gallodoro (Messina), da Domenico e da Giovanna Galeano, il 29 giugno 1844. Compiuti i primi studi a Messina, si trasferi a Napoli, ove segui i corsi universitari, allievo tra gli altri di O. von Schroen in anatomia patologica, e si laureò in medicina e chirurgia nel 1866. Dopo la laurea fu per alcuni anni a Firenze, ove poté perfezionarsi in istologia sotto la guida di F. Pacini e ottenne la nomina a chirurgo nell'ospedale di S. Maria Nuova. Per completare la propria formazione scientifica, soprattutto nel campo dell'anatomia e dell'istologia patologica, dal 1869 visitò i principali centri di ricerca europei: fu a Vienna, alle scuole di patologia di S. Stricker e di chirurgia di T. Billroth; a Berlino, negli istituti di patologia di R. Virchow e di chirurgia di B. von Langebeck. Si trovava a Berlino nel 1870 quando scoppiò la guerra franco-prussiana ed ebbe cosi l'opportunità di prestare la sua opera con la Croce rossa al seguito della Sanità militare tedesca fino al termine della campagna: per il servizio reso nella cura dei feriti ottenne una decorazione dal re di Prussia.
Nel 1871 frequentò a Würzburg il laboratorio di F. D. von Recklinghausen e l'istituto di R. A. von Koelliker e segui a Londra i corsi di chirurgia tenuti da W. Fergusson e da T. Spencer; nel 1872 fu a Parigi, alla scuola di A. L. Ranvier e nell'istituto di C. Bernard, ove condusse ricerche sperimentali sull'organizzazione del coagulo sanguigno. In questo lungo periodo di formazione ebbe modo di arricchire le proprie conoscenze di anatomia, di embriologia, di anatomia e istologia patologica; inoltre durante la sua permanenza a Berlino cominciò a interessarsi della patologia dei tumori, che sarebbe poi divenuto uno dei suoi principali argomenti di studio, e, a seguito dell'opera prestata nella Croce rossa, avverti la prima inclinazione per l'esercizio della chirurgia.
Tornato in Italia nel 1872, il D. fu chiamato da C. Mazzoni, succeduto in quell'anno a G. Corradi nella direzione della clinica chirurgica dell'università di Roma, allora allogata nella vecchia e angusta sede dell'ospedale di S. Giacomo, col titolo di assistente; nell'anno accademico 1873-74 gli venne affidato l'insegnamento dell'anatomia chirurgica.
Risale a quell'epoca la pubblicazione di alcuni importanti lavori sull'infiammazione delle pareti vasali e sull'organizzazione del trombo e la formulazione della sua geniale teoria sulla genesi dei tumori. In breve tempo seppe affermarsi con buona fama negli ambienti specialistici e accademici. Nel 1876 fu dichiarato vincitore nel concorso per la cattedra di anatomia patologica dell'università di Catania, ma rinunciò alla nomina per non lasciare l'ambiente scientifico di Roma, più congeniale ai suoi studi e ai suoi interessi di ricerca. Nell'università romana si sviluppò poi tutta la sua carriera accademica e scientifica. Nel 1877 vinse i concorsi per la cattedra di clinica chirurgica di Catania e per quella di patologia chirurgica di Padova, ma preferi ancora rimanere nella sede romana, dove ottenne dapprima l'incarico, nell'anno 1877-78, e poi nel 1881 la nomina a professore di patologia chirurgica. L'insegnamento della patologia chirurgica era stato istituito in Roma nel 1870, in sostituzione del precedente corso di "chirurgia theoretica et practica", ma rimaneva una cattedra fondata sull'insegnamento teorico che si teneva in un'aula della Sapienza, senza un istituto né letti. Alla morte del suo maestro Mazzoni, nel 1885, il D. era però oramai maturo per ottenere la cattedra e la direzione della clinica chirurgica. In breve tempo, confermando le qualità di cui aveva già dato ampia dimostrazione, seppe operare la trasformazione della clinica.
Nei primi anni della sua direzione riusci a trasferirla dalla sede piccola e inadatta nell'edificio di via Garibaldi, dove trovò sistemazione migliore e dove rimase, mentre si compivano i lavori di costruzione del nuovo policlinico. Nell'edificio di via Garibaldi il D., accanto all'attività scientifica, seppe far progredire anche un'organizzazione più razionale e adatta alle nuove esigenze, arricchendone le dotazioni tecniche e scientifiche. Procurò nuovi corredi di strumenti chirurgici, allesti il laboratorio con tutto l'occorrente per l'indagine istologica ed ebbe per primo in Roma un apparecchio per raggi X, all'indomani della scoperta di W. Roentgen. Quando poi, nel 1905, riusci a trasferirsi nel nuovo policlinico che egli stesso aveva concorso a promuovere e a fondare, ebbe a disposizione una sede veramente moderna e idonea che poteva ospitare 80 ricoverati e che era ricca di tutto quanto occorreva alla cura dei malati, alla didattica e alla ricerca.
Sia sul piano scientifico sia su quello pratico e organizzativo il D. seppe innalzare la sua scuola a vertici ambiziosi, ottenendo riconoscimenti e onori scientifici in campo nazionale e internazionale: il suo lungo magistero portò infatti a grande celebrità la chirurgia romana.
Nei primi anni tenne il doppio insegnamento della clinica e della patologia chirurgica, finché nel 1897 cedette quest'ultima a G. D'Urso. Tra il 1909 e il 1912 resse anche l'insegnamento della traumatologia, lasciato da F. Scalzi. Tenne la direzione della clinica e la cattedra fino al 1919, quando dovette lasciare la carica per limiti di età.
Era stato delegato del ministero della Pubblica Istruzione al congresso medico internazionale di Washington nel settembre 1887 e aveva raccolto le sue osservazioni in Gliospedali degli Stati Uniti d'America, in Boll. uffic. della Pubblica Istruzione, XIV (1888).
L'attività del D., dopo gli iniziali e approfonditi studi di anatomia e di patologia, si svolse nel dominio della chirurgia, nel quale giunse a posizioni di grande valore e di generale riconoscimento scientifico e accademico.
Egli aveva avviato la sua formazione universitaria e aveva potuto compiere le prime esperienze professionali e di ricerca nell'epoca in cui la chirurgia stava abbandonando le strade tradizionali e si stava avviando a più sostanziali progressi, verso una tecnica governata da nuovi principi scientifici, germinanti dalle acquisizioni della patologia sperimentale e della fisiopatologia. Se i suoi maestri erano gli epigoni della tradizione chirurgica precedente, per la quale il cranio, il torace e l'addome erano "santuari" che non potevano essere violati se non per riparare le ferite da cause traumatiche, egli poté operare nella nuova era e fu tra i protagonisti principali del sostanziale rinnovamento. Vide il sorgere del trattamento antisettico delle ferite e poté collocarsi tra i pionieri della nuova chirurgia addominale e della chirurgia dell'encefalo.
Già le sue iniziali ricerche embriologiche e anatomiche erano risultate di un certo interesse, come quelle, compiute nel gabinetto anatomico di F. Todaro a Roma, sulla struttura della macula germinativa nelle uova di pollo e sulla innervazione della cornea (Terminazione dei nervi della cornea, in Ricerche dell'Istituto di anatomia, Roma 1873). Sono del primo periodo anche le osservazioni sul mal perforante plantare, che egli seppe interpretare come una ulcera da alterato trofismo.
Tra i suoi primi campi di ricerca chirurgica il D. aveva affrontato il problema della patologia tumorale. Aveva cercato di chiarire il motivo per cui elementi epiteliali o connettivali aberranti, rimasti inerti per lungo tempo, riprendendo attività in modo tumultuoso e abnorme, per cause di vario genere, sviluppavano forme tumorali di tipo a volte sarcomatoso e a volte epiteliomatoso. La sua idea dei germi embrionali aberranti "inchiki nei tessuti degli adulti" era frutto di originali ricerche sui nei materni dermoidali ed epidermoidali (Nesso fisio-patologico tra la struttura dei nei materni e la genesi di alcuni tumori maligni, in Arch. di chir. prat. [1874]) e nelle sue osservazioni era già completa la teoria ripresa e diffusa da J. F. Cohnheim e successivamente nota come teoria di Cohnheim-Durante. Buoni consensi nel mondo scientifico ebbero i suoi scritti Gliepiteliomi, Roma 1875, e Indirizzo alla diagnosi chirurgica dei tumori, ibid. 1879.
Una indiscussa priorità riconosciuta al D. è quella di aver operato con successo un paziente portatore di una neoplasia cerebrale: nel giugno 1884, infatti, asportò un vasto meningioma frontale sinistro, del volume di una mela, in una donna di 35 anni, che sopravvisse a lungo dopo l'operazione (Estirpazione di un tumore endocranico (forma morbosa prima e dopo l'operazione), in Bull. d. R. Acc. med. di Roma, XI [1885], pp. 247-252): egli ne dette comunicazione al congresso di Washington nel settembre 1887 e descrisse il procedimento in Contribution to endocranial surgery, in The Lancet, XXXIII (1887), 2, pp. 654-655. Dopo la resezione dell'osso frontale aggredi il tumore, che aveva un punto di impianto sulla dura madre e occupava la fossa cranica anteriore e parte della fossa mediana, deprimendo la volta orbitale e riducendo sensibilmente il lobo cerebrale anteriore sinistro con un prolungamento che scendeva nelle cellule etmoidali: poté cosi operarne l'asportazione completa e ottenne la risoluzione della sintomatologia. La tecnica del "lembo osteoplastico a sezione osteotangenziale ossea discontinua", adottata dal D., costitui per diversi anni il procedimento migliore di craniectomia temporanea. Le difficoltà di intervento sull'encefalo erano in gran parte legate al problema di esatta localizzazione della lesione e i rischi operatori erano tanti che l'esempio dato dal D. non ebbe seguito in Italia per lungo tempo. Del resto anche il tentativo di A.H. Bennet e R.I. Godlee, che a Londra operarono un glioma cerebrale nel novembre 1884, non ebbe successo completo. Lo stesso H.W. Cushing venne a Roma per documentarsi su questo eccezionale intervento.
Il D. tornò a operare il soggetto, per recidiva della neoplasia, nel 1896 (Craniectomia per tumore del lobo frontale sinistro, in Suppl. al Policlinico, II [1896], pp. 418 s.) e affrontò più volte, in seguito, la patologia turnorale del cervello, dandone diverse comunicazioni ai congressi della Società italiana di chirurgia. In alcuni pazienti da lui operati al cranio ebbe l'opportunità di studiare le localizzazioni cerebrali e in particolare il ruolo dei lobi frontali, individuati come sede dei fenomeni psichici, e della metà anteriore del lobo parietale, sede della sensibilità generale. Nel 1894 diede notizia dell'estirpazione di un fibroma della base cranica con un nuovo procedimento operatorio e dell'estrazione di un tumore dell'etrnoide. Sempre in tema di chirurgia del cranio aveva proposto un proprio metodo di ipofisectomia per via faringea.
Contributi originali e innovatori diede anche nella chirurgia ossea e articolare. Propose la "resezione cuneiforme" dell'articolazione del ginocchio, che incontrò il favore dei chirurghi e venne preferita alle altre tecniche: formato un lembo semilunare nella regione anteriore del ginocchio e compresavi la rotula, procedeva alla asportazione della capsula articolare, delle cartilagini e delle parti ossee cariate. Poi resecava i condili e vi ricavava una escavazione femorale, mentre all'estremo superiore della tibia ricavava una sporgenza centrale cuneiforme che incastrava nel femore preparato. Studiò la "artroplastica" del gomito, e per primo operò la "astragalectomia parziale o totale" per la correzione della deformità nei bambini con piede torto congenito o per ottenere una solida artrodesi colla fissazione dell'articolazione tibiotarsica e delle ossa residue del tarso dopo lo svuotamento dell'osso nei casi di paralisi.
Nella chirurgia dello stomaco canceroso fu pioniere delle resezioni e lasciò osservazioni importanti sulla formazione dell'ano artificiale e sull'utilità dello stesso come mezzo preliminare di cura nella patologia rettocolica. Illustrò precocemente la tubercolosi del piloro e del cieco e la sua forma cosiddetta neoplastica. Nel 1891 mise a punto un geniale metodo di "lembo plastico" per la stenosi pilorica. Aveva dovuto affrontare un'accidentale lacerazione avvenuta durante la dilatazione di una stenosi cicatriziale del piloro in una ragazza di 16 anni. Poiché le condizioni erano tali da non consentire l'applicazione della piloro-plastica alla Heineke-Mikulicz, dovette tentare con la divulsione alla Loreta e durante la manovra lo stomaco si lacerò longitudinalmente. Nell'urgenza del momento, egli ebbe l'idea di procedere a una plastica per scivolamento che gli permise di ampliare l'ostio ristretto con una guarigione completa del caso. Presentò la sua esperienza con una relazione sui restringimenti pilorici e sulla loro cura al nono congresso della Società italiana di chirurgia, nel 1893 (Dei restringimenti del piloro e della plastica gastroduodenale, in Bull. d. R. Accad. medica di Roma, XX [1894]). Ideò un procedimento di asportazione della lingua con preventiva legatura dell'arteria linguale (Nuovo procedimento operatorio per l'estirpazione della lingua, in Atti d. R. Acc. med. di Roma, VI [1880]) e nella laringectomia operò con lembo cutaneo che chiudeva la breccia faringoesofagea per prevenire le complicanze ab ingestis (Estirpazione d'un laringe canceroso, in Bull. d. R. Accad. medica di Roma, IX [1883]).
La sutura dell'arteria ascellare, praticata per la prima volta con successo dal D., fu il frutto di un intervento estemporaneo, per una ferita accidentale dell'arteria occorsa durante una amputazione di mammella. La sutura dell'arteria poplitea fece seguito all'estirpazione di un voluminoso sarcoma della testa del perone.
Attraverso osservazioni cliniche minuziose e ricerche sperimentali di laboratorio il D. poté proporre e presentare al decimo congresso della Società italiana di chirurgia, nel 1895, la nota cura della tubercolosi mediante iniezioni locali di soluzione iodoiodurata, che permetteva la guarigione senza le mutilazioni della pratica precedente. Visti i risultati poco favorevoli della chirurgia nelle affezioni tubercolari, egli, fin dal 1876, aveva cominciato a usare le iniezioni iodoiodurate nella cura delle adenopatie scrofolose identificate poi come adenopatie tubercolari. Chiarita l'efficacia di queste iniezioni, ne estese l'applicazione alle altre localizzazioni tubercolari: impiegando una soluzione acquosa al 5 per cento di iodio, con l'aggiunta di quantità sufficienti di ioduro di potassio, praticava le iniezioni nelle ghiandole linfatiche colpite e nei casi di lupus e di tubercolosi osteoarticolare. Le osservazioni cliniche e gli esperimenti su cavie e conigli gli consentirono di giungere alla conclusione che lo iodio non agiva direttamente sul bacillo della tubercolosi, ma esercitava un'azione sui tessuti aumentandone la vitalità e stimolando l'attività fagocitaria dei leucociti.
Studiando la tubercolosi e la pseudotubercolosi delle ossa e delle articolazioni, era giunto a considerazioni anatomocliniche in cui criticava le posizioni di F. König e di R. von Volkmann: infatti, rifiutando le idee di chi voleva considerare come di natura tubercolare tutte le patologie osteoarticolari croniche, sosteneva che a lato delle forme veramente tubercolari ne esistevano altre, non attribuibili al bacillo di Koch, che defini pseudotubercolari, caratterizzate da decorso meno tumultuoso e da una più facile tendenza alla guarigione definitiva.
La serie dei lavori del D. comprende un elevato numero di pubblicazioni su diversi argomenti abbraccianti pressoché tutti i campi di applicazione della chirurgia del suo tempo: studiò la genesi e la metamorfosi di un sarcoma giganto-cellulare delle ossa, la patologia e la terapia delle ghiandole linfatiche; al primo congresso della Società italiana di chirurgia, nel 1883, discusse il problema dell'osteomielite cronica delle teste articolari, indicando il procedimento da seguire per evitare la cronicità del processo e la formazione di seni fistolosi; presentò nel 1891 una statistica personale di resezioni dell'intestino, studiò l'uretroperineorrafia nei restringimenti uretrali; compi interventi sul pancreas, sulla milza, sul rene e sull'utero. In un contributo del 1893 sugli esiti a distanza dell'isterectomia per via vaginale nel cancro, riferi le proprie esperienze su una casistica di 50 interventi. Nel 1909 fu relatore al XXII congresso della Società italiana di chirurgia sulla cura del carcinoma, esaminando i diversi tentativi infruttuosi di molti autori compresi i recenti risultati della cura con i raggi X. Coltivò studi di urologia, rinnovando tutto lo strumentario chirurgico per queste operazioni nella clinica. Sulla scia tracciata dal suo maestro ebbe sempre attenzione per le norme dell'antisepsi, e usò tra i primi l'azione del vapore e la sterilizzazione a secco con alta temperatura.
Nel 1895-98 a Roma fu pubblicata la prima edizione del suo Trattato di patologia e terapia chirurgica generale e speciale, in tre volumi, uno dei migliori e più completi del tempo, sul quale si formarono generazioni di studenti, la seconda edizione fu stampata nel 1904-06, in quattro volumi. Successivamente comparve il Trattato di medicina operatoria generale e speciale, in due volumi, Torino 1907-09, e in seconda edizione ibid. 1921-25, in 4 volumi. Ad ambedue queste opere collaborò N. Leotta. Di un interesse non trascurabile per la storia della medicina si trova testimonianza in un articolo La chirurgia degli Arabi, in Supplemento al Policlinico, V (1899), 25, pp. 786-791, e in Bull. d. R. Accad. medica di Roma, XX (1904), p. 168. Con G. Baccelli fondò nel 1893 e diresse Il Policlinico. Collaborò col Baccelli alla fondazione del grande policlinico di Roma.
Per quasi mezzo secolo fu alla guida dell'insegnamento chirurgico in Roma e dalla sua scuola uscirono chirurghi di notevole valore che raggiunsero posizioni di primo piano. Il 28 febbr. 1898 gli allievi festeggiarono il maestro con la pubblicazione di tre volumi di scritti Per il XXV anno dell'insegnamento chirurgico di F. D. nell'università di Roma, Roma 1898.
Fu preside della facoltà medica. Quando lasciò la cattedra gli successe il suo allievo R. Alessandri.
Ebbe un ruolo di primo piano anche nella vita pubblica. Fu presidente del Consiglio federale degli Ordini dei medici del Regno nel 1899 e presidente dell'Ordine dei medici di Roma. Fu presidente del Consiglio sanitario del Lazio; medico capo del Sovrano militare Ordine di Malta; diede il contributo della sua competenza per i soccorsi alimentari e ospedalieri dopo il terremoto di Messina e Reggio, per il terremoto della Marsica, per l'organizzazione delle unità sanitarie durante la guerra di Libia e la guerra mondiale. Fu presidente delle direzioni sanitarie militari dei corpi d'armata di Roma e di Ancona, membro dell'ispettorato sanitario militare come generale aggiunto. Fu direttore e amministratore dell'Opera nazionale per gli ammalati e invalidi di guerra.
Era stato tra i fondatori nel 1882 della Società italiana di chirurgia, di cui divenne poi presidente. Fu presidente della R. Accademia medicochirurgica di Roma, presidente onorario della Accademia Lancisiana, socio di molte accademie e società scientifiche italiane e straniere. Fu cavaliere del merito civile e commendatore del Regno.
Copri diverse cariche pubbliche. Fu membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione; consigliere comunale di Roma. Era stato eletto deputato per il collegio di Messina nella XV legislatura del Regno nel 1882, ma la sua elezione venne annullata per sorteggio in base alla eccedenza del numero dei deputati professori. Il 26 genn. 1889 venne nominato senatore del Regno, per la 21ª categoria; prese parte assidua ai lavori del Senato e parlò spesso su problemi concernenti l'istruzione e la professione medica. Fu membro della commissione d'inchiesta sui brefotrofi. Si segnalò tra gli assertori dell'entrata in guerra dell'Italia nel 1915.
Vedovo di Amalia Cocchi, mori il 2 ott. 1934 a Letojanni, dove era tornato per trascorrere gli ultimi anni della sua vita.
Bibl.: Necrologi in Il Policlinico, sez. pratica, XLII (1934), pp. 1675-77; in Riv. sanit. sicil., XXII (1934), p. 1612; in Boll. e Atti d. Accad. med. di Roma, LXI (1935), pp. 133-143; G. Lusena, La Società italiana di chirurgia nei suoi primi 30congressi (1883-1923), Roma 1930, ad Indicem; A. Pazzini, La storia della facoltà medica di Roma, Roma 1961, pp. 214-217; F. Bazzi, F. D., in Castalia, XVIII (1962), pp. 173 ss.; V. Triolo-B. Giovannella, F. D. and the Cohnheim theory of oncogenesis, in Physis, VIII (1966), pp. 199-219; B. Guidetti, F. D., in Surgical neurology, XX (1983), pp. 1 ss.; V. A. Sironi, Contributo alla storia della neurochirurgia in Italia: considerazioni sui primi tentativi di asportazione di tumori cerebrali alla fine dell'800 ed agli inizi del '900, in Medicina e storia, a cura di O. Galeazzi, II, Ancona 1986, pp. 152 ss.; E. Polichetti, Ilcontributo italiano alla neurochirurgia. Critica storica nella mia testimonianza del recente passato, ibid., p. 159; T. Sarti, IlParlamento subalpino e nazionale…, Roma 1896, pp. 425 s.; A. Malatesta, Ministri, deputati e senatori dal 1848al 1922, I, Milano 1922, p. 348; Diz. dei Siciliani illustri, Palermo 1939, pp. 198 s.; I. Fischer, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte… [1880-1930], 1, p. 342; Encicl. Ital., XIII, p. 296, e App. I, p. 535.
G. Armocida