DOVIZI, Francesco
Nacque a Bibbiena, nel Casentino (prov. Arezzo), quasi certamente nei primi anni del Quattrocento, da Antonio, che esercitava la professione notarile, ereditata dal padre Giovanni e dal nonno Francesco, capostipite della famiglia e vissuto intorno alla metà del sec. XIV. Il D. era il terzogenito di tre fratelli, Giuliano, Giovanni e Marco, e di due sorelle, Lisa e Rosa.
Seguendo la tradizione paterna anche il D. divenne ben presto notaio, pur non avendo poi un ufficio stabile, ma ricoprì numerose cariche di cancelliere e segretario presso diversi vicariati e podesterie per lo più nel Casentino. Nel 1455 sposò Francesca, figlia di Antonio Nutarrini, castellano della Rocca di Bibbiena. Dal matrimonio nacquero cinque figli: Piero, Bernardo ' Antonio, Giovan Battista e Tita. Le scarse notizie sulla vita e sull'attività dei D. sono contenute soprattutto nelle lettere (44 in tutto) da lui indirizzate i membri della famiglia dei Medici e conservate presso l'Archivio di Stato di Firenze. In esse il D. richiede piccoli favori per sé o per la sua famiglia e, soprattutto, raccomandazioni per ottenere uffici in località desiderate, non mancando di accompagnare le sue richieste da doni e offerte provenienti dalla campagna.
Dal tono delle lettere traspare sempre un sentimento di rispetto e devozione verso coloro che il D. considerava i suoi protettori, e in alcum casi l'accento diventa quasi familiare, lasciando intuire che i rapporti tra il D. e la casa Medici non consistevano solo nella ricerca dell'amicizia e del favore di persone influenti, ma si fondavano su un'affettuosa e sincera consuetudine a partecipare agli avvenimenti più intimi di quella famiglia.
La prima lettera conosciuta del D. è del 30 luglio 1459 ed è indirizzata ad un certo Francesco Dondora da Pistoia, a Firenze, per protestare contro l'imposizione della tassa che avrebbe dovuto pagare per l'elezione a cancelliere della Comunità di Castel San Giovanni. La protesta, effettuata anche a nome di altri ufficiali, fra cui anche lo stesso padre del D., Antonio, si basava sul contenuto dei capitoli stipulati a suo tempo tra Firenze e la Comunità di Castel San Giovanni. Ma il gruppo più numeroso di lettere del D. è, come si è già detto, quello indirizzato ai membri della famiglia dei Medici: in particolare ai figli di Cosinio, Giovanni (di questa corrispondenza è rimasta però una sola lettera del 26 febbr. 1463 da Castiglione Fiorentino), Piero e alla moglie di lui Lucrezia Tornabuoni. A Piero e a suo figlio Lorenzo il D. si rivolse con particolare insistenza, con due lettere del 30 apr. 1468, domandando di essere inviato presso il capitano di Pisa: la richiesta venne accolta dal momento che il 19 maggio successivo il D. scrisse a Lorenzo da Castel San Giovanni un'accorata lettera per ringraziarlo dell'intervento in suo favore.
Il continuo desiderio del D. di ricoprire gli uffici che si rendevano vacanti era legato soprattutto a motivi di carattere economico, data la numerosa famiglia da mantenere. Le sue lettere consentono anche di seguirne gli spostamenti dal 1469 al 1479 nelle diverse località della Toscana: il D. ricoprì, infatti, la carica di notaio o cancelliere a Certaldo, Scarperia, Anghiari, Cutigliano (dove fu inviato nel 1469 da Piero de' Medici per controllare la situazione della Romagna e per riferire sulla politica del duca di Milano), San Marcello Pistoiese, Vico Pisano, Castel S.an Giovanni, Pistoia, Vergareto.
In questi anni il D. ebbe anche modo di consolidare il suo rapporto con i Medici, in particolare con Lucrezia Tornabuoni e con Clarice Orsini, rispettivamente madre e moglie di Lorenzo il Magnifico, che fra l'altro si servivano del D. per far pervenire le loro elemosine ai frati della Verna, in cambio di trascrizioni di preghiere speciali. La moghe del D., Francesca, inviava spesso piccoli doni ai figli di Clarice e, come appare da una lettera del 22 nov. 1478, il D. mise la propria casa di Bibbiena a disposizione di Lucrezia e Clarice. 1 vantaggi che gli derivavano dall'amicizia con i Medici il D. cercò di estenderfi alla propria famiglia, per ottenere una sistemazione sicura per i figli, in particolare per Piero. Cogliendo, ad esempio, l'occasione offerta dal fatto che il precettore dei figli di Lorenzo, Angelo Poliziano, lasciava l'incarico, il D. in una lettera a Lucrezia, scritta da Vergareto il 16 luglio 1479. chiese espressamente che al suo posto fosse accolto il figlio Piero, dotato di una brillante intelligenza e di una solida cultura umanistica. La sua richiesta fu accolta e poco dopo anche un altro figlio del D., Bernardo, il futuro cardinale, si recò a Firenze presso il fratello.
Per gli anni successivi, fino al 1485, non si hanno notizie dei Dovizi. Il 12 marzo di quell'anno egli scrisse, infatti, al figlio Piero, ormai diventato cancelliere del Magnifico, una lettera da cui traspare che tra i due doveva intercorrere una regolare corrispondenza, che dovette anche servire al D. per richiedere l'aiuto di Lorenzo per sé e per gli amici.
Si sa che il D., all'inizio del 1487, rifiutò la carica di podestà di Galeata, proponendo, al suo posto, il genero ser Giovanni Poltri da Bibbiena, marito della figlia Tita (il matrimonio era avvenuto nel novembre 1484): la sua indicazione fu accolta dagli Otto di pratica, che la comunicarono agli Anziani di Galeata il 10 marzo 1487. Poco tempo dopo si trasferi a Firenze, realizzando l'antico desiderio che aveva già manifestato in una lettera a Lucrezia il 12 marzo 1472. Il 22 genn. 1488 venne eletto secondo coadiutore di Antonio di Mariano Muti presso la seconda Cancelleria della Repubblica, con un salario di 40 fiorini. Questa elezione tuttavia non venne ratificata per un errore procedurale. Intorno alla metà dello stesso 1488 il D. ricopri la carica di capitano di Palazzo, come testimonia una lettera del fratello Marco, scrittagli da Montorsi il 2 maggio di quell'anno. Nel 1491 fl D. ottenne di essere iscritto a "gravezze" nel catasto fiorentino, cosa che poi procurò ai suoi discendenti il beneficio dell'abilitazione agli uffici con un provvedimento emanato dalla Balia l'11 febb. del 1513.
Il D. morì, probabilmente a Firenze, intorno ai primi di maggio del 1491, come testimoniano le lettere di condoglianze scritte ai figli Piero e Bernardo da amici di famiglia come Matteo Franco, Simone, abate di S. Michele di Pisa, Baccio Valori. Fra queste lettere, quella di Matteo Franco, sia pure con intenti encomiastici nei confronti di Piero e Bernardo, ormai personaggi importanti alla corte dei Medici, esalta la figura del D. come padre esemplare e amico sincero.
Fonti e Bibl.: Importanti documenti sul D. si trovano in Arch. di Stato di Firenze, Otto di pratica. Missive, 5, c. 54v; Signori e Collegi. Deliberazioni in forza di speciale autorità, 36, cc. 138v, 187rv; 37, c. 70v; Balie, 43, cc. 93rv; Manoscritti, 353, c. 550; Carte Dei, XX, 33; le sue lettere, cui si è già fatto riferimento, si trovano in Mediceo avanti il principato (si veda il relativo inventario a cura di F. Morandini-A. d'Addario, Roma 1951-1963, ad Indices; si deve però avvertire che molte lettere del D., finora non identificate, si trovano confuse anche sotto le "voci": Francesco; Francesco, ser; Francesco di Antonio; Francesco di ser Antonio; Francesco di ser Antonio, notaro; Franciscus ser Antonii, notarius; Franciscus notarius). La notizia del matrimonio della figlia del D. si ricava da una lettera del Mediceo avanti il principato, 124, 6, scritta da Angelo da Bibbiena, priore di Ortignano, che aveva celebrato il matrimonio anche per legami di parentela coi Dovizi. Si veda inoltre: A.M. Bandini, Il Bibbiena, Livorno 1758, p. 2; G. Volpi, Un cortigiano di Lorenzo il Magnifico, in Giorn. stor. della letter. ital., XII (1891), p. 253; D. Marzi, La Cancelleria della Repubblica fiorentina, Rocca San Casciano 1910, pp. 254, 256, 611; Y. Maguire, The women of the Medici, London 1927, pp. 97-99, 205-206, 208-209; A. Santelli, Il cardinale Bibbiena, Bologna 1931, p. 3; G. L. Moncallero, Il cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena, Firenze 1953, pp. 19, 21-27, 31, 51-53, 639-640; A. Rochon, La jeunesse de Laurent de Médicis (1449-1478), Paris 1963, pp. 22-24, 51-52; M. Salini, Bernardo Dovizi e l'arte, in Rinascimento, IX (1969), p. 4.