DOMENIGHINI, Francesco
Nacque a Breno (Brescia) il 5 ott. 1860. Fu dapprima garzone in una forneria; nel capoluogo camuno frequentò il pittore bergamasco Giuseppe Rota, che dipingeva in alcune case signorili, e nel 1876 lo segui a Bergamo, crescendo alla sua scuola ed a quella di E. Scuri e facendo tesoro dei consigli di C. Tallone. Fu probabilmente in contatto anche con Antonio Guadagnini, della cui maniera non si scorge però traccia nelle opere.
Dopo aver prestato per quattro anni servizio in un reggimento di cavalleria di stanza a Milano, il D. si trasferi a Roma (1885) per studiare dal vero alla Scuola del costume; secondo alcune fonti avrebbe anche lavorato alla decorazione di vari edifici, tra i quali l'albergo Viminale (1887), e allestito anche la prima esposizione personale.
Nel 1888 si trasferi in Sudamerica, intraprendendo una fertilissima attività decorativa a Buenos Aires ed in Argentina; vi si tratterrà continuativamente fino al 1896, salvo un viaggio in Italia nel '90, per sposare a Breno Laura Campana, donna colta, amante della pittura e già sua allieva.
Il periodo latino-americano è riccamente documentato da un Diario (conservato a Brescia, presso gli eredi) sul quale l'artista annotò, insieme con le proprie emozioni, i lavori eseguiti, che tuttavia sono andati in gran parte distrutti (Begni Redona, 1985, p. 201). Di essi dà ampia elencazione il Lonati (1979); tra i più importanti, tutti a Buenos Aires: la decorazione del teatro Colón, delle abitazioni di uomini politici, J.E. Uriburo (1889) e M. Quintana (1891). Il D. intervenne anche nel teatro Odeon (boccascena e sipario compresi, 1892), nel salone della facoltà di medicina (1893; una grande medaglia rappresentante la Panacea e sul fregio 12quadri rappresentanti i fatti salienti della medicina e della chirurgia), nell'albergo Americano, nella chiesa della Racoleta (via Crucis), nella cappella mortuaria Uriburo al cimitero della Racoleta, nel palazzo Lagarretta (1893).
Tornato in Italia, il D. si stabili nel 1897 a Bergamo, prendendo dimora accanto all'istituto "A. Fantoni", dove insegnerà per lunghissimi anni.
Del periodo bergamasco è da sottolineare la fervida attività di frescante; tra l'altro lavorò per l'albergo Italia, per la sala da concerto Piatti, per il teatro Donizetti (1903), per la banca Piccolo Credito bergamasco (primo decennio del '900), per l'Associazione cattolica.
Vastissima è anche l'attività per le chiese del Bresciano e del Bergamasco (Lonati, 1979, p. 270); si tratta di una produzione che mostra grandi capacità tecniche, tenacia operativa, una certa indulgenza all'agiografia oleografica, più che fervore d'invenzione e novità di soluzioni. Non va d'altra parte sottovalutato il bagaglio tecnico che spesso aiutò l'artista nell'affrontare le vastissime superfici nelle quali il D. non disdegnò d'introdurre, accanto alle antiche mitologie, creature nate dalla mitografia del suo tempo, ad esempio il "ragioniere con mazzetta di banconote e registro della contabilità" tra le figure di Mercurio e di Cerere nell'allegoria realizzata per la Banca di Valle Camonica a Breno. Talvolta la varietà stilistica e ideale lo portava ad abbandonare l'ispirazione settecentesca per un più marcato richiamo a certe durezze gotiche (nel conventino di Bergamo) che si esplicano perfino nel carattere delle iscrizioni sui cartigli e nelle tinte più fosche.
Molto interessante è la soluzione decorativa per alcune residenze private: la sala di villa Gregorini a Lovere (dell'inizio del secolo) è un capolavoro decorativo, ove un intrico di pavoni, alberi e rami in una specie di bosco, indistintamente costituito dagli animali e dalla vegetazione, crea atmosfere di magica suggestione.
Parallelamente si dedicò ad una produzione piuttosto vasta di opere da cavalletto, oggi ancora non catalogate; paesaggi, vedute cittadine, ritratti, sono presenti in collezioni bresciane e bergamasche (Lonati, 1979, p. 271).
Morì a Bergamo il 10maggio 1950, lasciando alla cittadina di Breno la propria collezione di tele di artisti bergamaschi dal XVI al XVIII secolo.
Fonti e Bibl.: Il teatro Donizetti, Bergamo 1903, pp. 22 s.; R. Putelli, I nostri artisti F. D., in Illustr. camuna, VI (1909), 4-5, pp. 8-16; G. Marangoni, Il pitt. brenese F. D., in Riv. di Bergamo, genn. 1939, p. 41; Sindacato provinciale artisti, pittori e scultori, Prima Mostra di pittura e scultura (catal.), Bergamo 1950, ad Indicem; B. Spataro, La pittura e la scultura nei secc. XIX e XX, in Storia di Brescia, Brescia 1964, IV, p. 962; R. Lonati, F, Domeneghini, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, CLXXVIII (1979), pp. 267-276 (con ampia bibl.); A. Fappani, Enciclopedia bresciana, III, Brescia 1978, ad vocem; G. Vitali, F. D...., in Quaderni camuni, III (1980), pp. 154-182; R. Lonati, Dizionario dei pittori bresciani, I, Brescia 1982, ad vocem; L. Anelli, Il paesaggio nella pittura bresciana dell'Ottocento, Brescia 1984, ad Indicem; Id., La pittura di paesaggio e la veduta di città, in Brescia 1876-1913, Atti del VI Seminario sulla didattica dei beni culturali, Brescia 1985, pp. 279-302; P. V. Begni Redona, Tematica tradizionale e nuove mitologie nella pittura di committenza privata, ibid., pp. 251-262; Id., in Brescia postromantica e liberty 1880-1915 (catal.), Brescia 1985, pp. 189 ss., 194 s., 198, 201; R. Lonati, ibid., p. 269.