BENCINI, Francesco Domenico
Nato a Malta (amava chiamarsi Maltensis o addirittura Africanus) intorno al 1664, si addottorò in teologia probabilmente a Roma, dove, titolare dell'abbazia di S. Ponzio, insegnò dal 1687 al 1720 nel Collegio Urbano de propaganda fide. Chiamato alla cattedra di teologia dogmatica dell'università di Torino rinnovata da Vittorio Amedeo, giunse nella capitale subalpina nel 1720 con i suoi duemila libri, per sistemare i quali subito chiese un alloggio migliore di quello che gli era stato assegnato: "Né credo - scriveva il 26 apr. 1720 - sia mai intenzione di Sua Maestà che uno che ha posposto le sue comodità unicamente per venire in suo servizio, e, dopo trentatre anni di lettura principiare nuova carriera, debba principiarla con disturbi et angustie". Iniziò i suoi corsi il 2 nov. 1720 e, ottenuto anche il titolo di abate di S. Costanzo, l'8 nov. 1729 diventò prefetto della Biblioteca universitaria e poi, il 25 sett. 1732, fu nominato preside delle Arti per un triennio e riconfermato per un altro trienno il 29 ott. 1735.
Ritiratosi a Chieri, il B. vi morì nel 1744, dopo aver trascorso gli ultimi anni immerso nei suoi studi, in una ombrosa e alquanto scorbutica solitudine, che concedeva poche eccezioni, e soltanto ad allievi particolarmente dotati e pazienti.
Dalla biografia di uno fra questi, il poeta chierese Pietro Romengo, scritta dal conte Benvenuto Robbio di San Raffaele (inedita, presso l'Accademia delle Scienze di Torino), sappiamo di qualche strana abitudine dell'ormai vecchissimo abate che, solito "a balzar di letto verso la mezzanotte", dedicava al discepolo "un interminabile mattino", bevendo e offrendo tre volte "il caffè preparato in tre maniere diverse" con un tostato che amava tenere "in una barchetta di carta, che, raccomandata ad un filo di refe, traevasi dietro più e più volte per la camera".
Misantropia e stranezza di celibe un poco incattivito dal troppo piegarsi sui libri non impedivano all'abate di patrocinare gli interessi degli amici e di curare con solerzia i propri, così che l'eredità ammonterà a lire 46.045,13.4, fra luoghi di monte, censi, crediti di stipendio e pensione: somma non trascurabile per un insegnante votato alla povertà. Con l'avarizia doveva avere stretto legame l'alquanto tiepida religiosità, se si deve credere a quel viaggiatore tedesco, J. G. Keysler, che, venuto a Torino nel 1729, descrisse poi il B. (a p. 228 del suo Neüste Reise, pubblicato nel 1740 ad Hannover) come un conversatore interessante, ma dotato di "una fede così scarsa nella religione romana e una conoscenza tanto esatta dell'archeologia" da aver indotto i maligni a sostenere che la sua religione si fondava unicamente sul fatto che nell'antichità era stato eretto a Roma un altare alla "deessa Fides". In verità, dai numerosi manoscritti da lui donati alla Biblioteca universitaria torinese, dai pareri e memoriali esistenti nell'Archivio di Stato dì Torino e dalle opere stampate, il B. risulta bensì un conoscitore erudìtissimo delle fonti teologiche, ma anche un sostenitore, sia pur cauto, delle ragioni del potere regio, e in particolare del sovrano che lo stipendiava.
Migliaia di pagine vergate dalla sua calligrafia chiara e diligente sono dedicate, attraverso l'esame attento degli scritti dei Padri della Chiesa e delle deliberazioni dei concili, allo studio dei problemi teologici più controversi: fra gli altri, il culto delle immagini (in De Synodis Romae celebratis a tempore Gregori II usque ad Hadrianum primum adversus sacrarum imaginum impugnatores, in due parti; De Conciliis Francofordiensi sub Carolo Magno, et Parisiensi sub Ludovico Pio celebratis circa controversiam de sacrarum imaginum cultu et veneratione; De Synodo V generali), le eresie orientali (in De Ecclesiae orientalis conditione, opera di oltre mille pagine), le definizioni di termini come beatus, casta, invidia, fidelis (in Explicationes aliquae Sacrae Scripturae ex Cornelio et in Genesim, che reca anche vari brani in italiano, evidentemente preparati per una serie di prediche, intorno all'anno 1683; Commentatio ad locutiones Patrum Calcedoniensium ad Marcianum; Notae et observationes ecclesiasticae in Anastasium bibliothecarium; Alotae et observationes ecclesiasticae in Anastasium bibliothecarium de vitis Romanorum Pontificum). Sulle quaestiones teologiche principali, ma con un interesse più diretto per l'aspetto didattico della materia, sono i grossi manoscritti intitolati Doctor ecclesiasticus gentium Hebraeorum et Cristianorum, De sacro gentium doctoratu e specialmente l'Apparatus ad ecclesiastiéam eruditionem sive compendiosa instructio ad fidei dogmatum, sacrarum historiarum ac ecclesiasticarum eruditorum notitiam comparandam, di cui il pezzo forte è - entro un'imponente silloge di estratti di testi sulle varie interpretazioni - la Dissertatio proemialis de perpetuo ecclesiarum precipue Romanorum usu clericos exercendi in sacris litteris ac ecclesiasticis notitiis.
A questi appunti si può ricollegare l'interessante relazione "di quanto stimo giovevole per la cattedra di Teologia morale" dell'università di Torino, inviata al re il 2 (o 22) ott. 1721. Il "regolamento" per questa cattedra rivela, accanto a un'ottima conoscenza della disciplina, un'intelligente attenzione ai metodi di insegnamento. Il B. suggerisce che il professore convochi, nella "vacanza della settimana", "i studenti e li concorrenti" e proponga "alcuni casi nel numero che stimerà opportuno a riguardo delle difficoltà". "Il lunedì farà mettere, per esempio, due casi circa il primo precetto e li farà affiggere alla porta della scuola e del teatro", poi li discuterà con gli allievi nel giorno di vacanza, riesponendo, al termine, le dottrine in rapporto alle difficoltà.
Nell'indicare le "materie che si devono leggere" il B. rivela chiaramente il suo orientamento politico-religioso. Egli propone si studino quattro trattati: "de fondamenti della teologia morale", "de peccati", "de sacramenti", "de contractibus", e sottolinea che, per allontanare gli studenti "dalla turba delli moralisti odierni, pieni di una esteriore probabilità", bisogna avviarli a conoscere le Scritture, i Concili, i Padri, come "sicure fonti". Nel criticare le "vane sottigliezze" e "le opinioni dei moderni tra loro contrarii" insiste sulla fedeltà alla tradizione (negli Apparatus già citati, pp. 677 ss.) specialmente in tema (pp. 753 ss.) di "disciplina antiqua ecclesiastica", di poteri dei vescovi, di superiorità del papa o del concilio (non diversamente suonano gli Scritti sulla gerarchia ecclesiastica).
Una summa del pensiero tradizionalista del B. è il discorso storico tenuto all'Accademia de propaganda Fide il 14 genn. 1709, dal quale, tuttavia, meglio traspare che la sua vocazione è più di storico che di teorico. Una vocazione comprovata da altri grossi volumi di appunti (Apparatus ad ecclesiasticam eruditionem sive Compendiosa instructio ad Sacram Historiam ecclesiasticam eruditione ac fidei dogmata comparanda; De deorum et heroum Genealogiis et Mythologia, in 14 v0lumi; Historia Estherae et Mardochaei) e dalle tre opere pubblicate.
La prima opera a stampa del B. in ordine cronologico di pubblicazione è la Philosophia tabulis exposita, edita a Roma nel 1703: una raccolta di tavole sinottiche di storia della filosofia, che giunge sino a Cartesio e a Gassendi. La seconda è la Tractatio historico-polemica chronologicis tabulis monarchiarum successiones, spectabiliorunique cum sacrorum tum prophanorum gestarum seriem, tempusque ab orbe condito ad Christum signantibus illustrata, planius ad Sacrorum Bibliorum Veteris Testamenti intelligentiam, nec non ad eorundem auctoritatem clarae validaeque probandam iter parans. Essa si apre con la praelectio tenuta all'università di Torino il 18 nov. 1720, ma non reca la data di stampa. La prolusione tratta sinteticamente De disciplinae polemicae origine et prima institutione, uti et de polemico doctore, eiusque muneribus, insistendo particolarmente (pp. 35-37) sulla necessità che i giovani s'impegnino neflo studio e abbiano fede. I trentadue capitoli espongono la materia in tavole sinottiche corredate da amplissime annotazioni. La prima contempla le partizioni più generali (geografia, cronologia, genealogia, narrazione dei fatti orbis et particularium) e le specie più varie della storia (divina, supertitiosa, scientifica, naturale, ecc.). Le successive svolgono via via i punti della prima, con una ricchezza di erudizione indubbiamente eccezionale. Un Index rerum et verborum scitu digniorum chiude, utilissimo strumento di studio, il grossissimo tomo.
Anche l'ultima opera, dedicata "ad Regiam Celsitudinem Caroli Emanuelis subalpinorum príncipis", che uscì nel 1730 a Torino col titolo De literis encyclicis ab apostolico aevo ad Concilium nicaenum, testimonia con evidenza la preparazione storico-erudita del Bencini.
Di questa preparazione s'avvale il sovrano sábaudo per convalidare le posizioni regalistiche nella lunga controversia giurisdizionale con la Santa Sede. Il B., certamente, non era, conforme al suo carattere chiuso e scettico, tra i più audaci assertori delle tesi care al consigliere giuridico di Vittorio Amedeo II, il d'Aguirre, ma in vari suoi scritti difendeva le posizioni regalistiche.
Così, nei pareri su una disputa fra padre Entrero e il teologo Costa (1729) e su un libro di padre Cherubino Romano, e specialmente nei lunghi Riflessi sulle "censure minacciate da Roma ai Re", insiste con vigore, rifacendosi addirittura alla vertenza tra Carlo il Calvo e Adriano I, sul diritto dei sovrani di rifiutare tutto ciò che può "offendere la sovranità", di respingere i tentativi di obbligare con "le minaccie delle censure" a "cose contro i canoni e privileggi ricevuti". "I sovrani pertanto devono in simili congetture riguardare ciò che sostener vogliono, se sia a tenore de' sacri canoni, consuetudini inalterabili del proprio dominio". E consiglia papi e vescovi d'essere "prudenti" nel revocare i privilegi concessi, di "mantenere la parola data" nei concordati, di evitare "la troppa facilità di pubblicar le censure, e per le leggieri cause e per litiggi temporali". I cardinali Francesco Zabarella e Pietro di Aliaco di Cambray, s. Agostino, i due Incrnari, s. Tommaso sono le fonti alle quali il B. si rifà con maggiore insistenza. Un'altra sua Scrittura ricorda ai papi l'utilità, nel trattare coi principi, della "prudenza economica s, che è, secondo s. Tommaso, sintesi di "circospezione" e di "cauzione": "Rimangono però de' bellissimi ricordi, che non può chichesia, legendoli, non rimaner convinto, e formar un giusto giudicio, che la Chiesa sempre, con la prudenza economica, e con non servirsi del Gius sommo, ha calmato furiose tempeste".
Fonti e Bibl.: Lettere, memoriali, pareri e documenti citati si trovano nell'Archivio di Stato di Torino. Sez. I. Istruzione Pubblica, Regia Università, m. III, nn. 1, 34, e m. IV, nn. 2, 4; Materie ecclesiastiche, I categoria, m. 15, n. 11, f. 165, e m. 32, nn. 21, 22; Lettere particolari, B, in 39. I manoscritti sono presso la Biblioteca Nazionale di Torino.
Brevi e sparse notizie si trovano in [Galli della Loggia], Cariche del Piemonte, Torino 1798, II, pp. 57, 58, 84; C. Calcaterra, Il nostro imminente Risorgimento, Torino 1935, p. 80; F. Venturi, Saggi sull'Europa illuminista. I. Alberto Radicati di Passerano, Torino 1954, pp. 124, 125; G. Quazza, Le riforme in Piemonte nella prima metà del Settecento, Modena 1957, I, p. 202; 11, pp. 393, 412, 415, 426, 430.