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FRANCESCO di Simone da Santacroce

di Sonia Bozzi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 50 (1998)
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FRANCESCO di Simone da Santacroce

Sonia Bozzi

Nato a Santa Croce (oggi frazione di San Pellegrino Terme) nel Bergamasco tra il 1470 e il 1475, è il più anziano rappresentante della comunità di pittori originari di quella località che, stanziatisi a Venezia intorno alla seconda metà del XV secolo, rimasero attivi nella città lagunare fino al 1620.

Intorno a F. si costituì una fiorente bottega che si usa indicare come la prima bottega dei Santacroce, ereditata alla sua morte da Francesco Rizzo e nella quale impararono il mestiere Palma il Vecchio, A. Previtali e lo stesso Rizzo; questa va distinta da una seconda bottega che faceva capo invece a Gerolamo da Santacroce. La compresenza nella medesima bottega di due pittori con lo stesso nome e lo stesso paese d'origine ha determinato a lungo una confusione: il maestro e l'allievo sono stati infatti identificati in un'unica persona. Nel 1903 G. Ludwig, attraverso prove documentarie, ha definitivamente chiarito la questione distinguendo per la prima volta i due artisti e dimostrando come il pittore che si firmava "Francesco Rizus" non fosse F., bensì il suo allievo Francesco De Vecchi, detto Galizzi, o anche Rizo, figlio di Bernardino (si veda anche Molmenti, 1903).

Alla confusione di nomi si aggiunge un ulteriore elemento di incertezza: F. lavorò spesso con Francesco Rizzo e quest'ultimo continuò ad ispirarsi al maestro anche nelle sue opere mature. Questa molteplicità di fattori ha determinato forti dubbi attributivi intorno alla gran parte delle opere uscite dalla prima bottega dei Santacroce.

Le notizie sicure relative alla vita di F. sono scarse e ruotano intorno agli unici due documenti finora ritrovati: il contratto di matrimonio e il testamento, rogati entrambi a Venezia. Il primo risale al 31 luglio 1492 quando il pittore sposò Lucia Trevisan, figlia di Alvise e sorella del "coltrer" (tessitore) Vittore Trevisan. Il contratto venne stipulato in casa di un tale Stefano Bonacossi e in presenza del padre del pittore, Simone. La presenza di quest'ultimo ha fatto supporre che F., trasferitosi a Venezia insieme con la famiglia, a questa data non fosse troppo avanti negli anni. In base alla presenza di un Francesco fratello di Liberale da Santacroce nella fraglia dei pittori di Padova, redatta nel 1492, F. Heinemann (1962) propose una data di nascita intorno al 1440-45. Più recentemente, considerata la genericità della menzione nel documento padovano e tenuto conto del fatto che al momento delle nozze F. non poteva essere così anziano come il registro padovano indurrebbe a credere, la data di nascita è stata posticipata intorno al 1470-75 (Della Chiesa, 1975).

Se si esclude l'ipotesi di un viaggio a Padova, è da ritenere che il pittore lavorò esclusivamente a Venezia. Le opere a lui attribuibili con certezza, e su cui si è fondata la ricostruzione della sua personalità storico-artistica, si riferiscono ad un arco di tempo piuttosto breve. Tutti di stampo belliniano, alcuni con riprese precise da Giovanni Bellini, questi dipinti sono stati collocati dalla critica tra il 1504, anno in cui firmò l'Annunciazione proveniente dalla chiesa di Spino, oggi all'Accademia Carrara di Bergamo, e il 1507, data che troviamo apposta sulla pala con Madonna e santi anticamente collocata al di sopra di un altare laterale di S. Maria degli Angeli di Murano e oggi nella chiesa di S. Pietro Martire, sempre a Murano. Tra queste due opere si pongono il Trittico del Redentore, proveniente da Leprenno, e l'Incoronazione della Vergine che, secondo l'opinione di F. Heinemann (1962), costituiva la lunetta dello stesso trittico. Entrambe le opere sono firmate e datate 1506 e si conservano all'Accademia Carrara di Bergamo. A questo gruppo di dipinti va aggiunta la tavola con l'Epifania, già a Berlino, andata distrutta nel 1945.

La Madonna e santi di Murano è l'opera di F. maggiormente ricordata dalle fonti antiche forse perché in essa, aggiungendo alla firma e alla data la sigla "D.I.B.", il pittore si dichiarò discepolo di Giovanni Bellini. Tale dichiarazione non va intesa tuttavia nel senso di una reale appartenenza alla scuola belliniana, quanto piuttosto di una forte adesione al linguaggio pittorico di Bellini e della sua cerchia, adesione che a volte si avvicina all'emulazione. Se infatti l'Annunciazione di Spino sembra ispirata ad un dipinto di Cima da Conegliano del 1495, conservato all'Ermitage di San Pietroburgo, l'Adorazione dei magi di Berlino va considerata piuttosto come una copia di una tavola di Mantegna oggi a Northampton. Anche nelle opere di sua invenzione, F. dimostra di guardare molto da vicino ai modelli belliniani, come nel caso del Bambino della Madonna e santi di Murano.

Nonostante non si sappia nulla dell'attività del pittore prima del suo arrivo a Venezia, né si sia a conoscenza di alcun suo viaggio in Val Brembana successivo all'arrivo nella città lagunare, F. dovette mantenere stretti rapporti con la sua terra d'origine, come attestano i due dipinti di Spino e di Leprenno (Rossi, 1979). È probabile che F., come era in uso, abbia inviato da Venezia le sue pale d'altare rispondendo alle esigenze di una committenza di provincia che preferiva rivolgersi agli artisti della propria terra. Inoltre, a conferma del persistente legame al luogo d'origine, F. ricorda nel suo testamento la Congregazione della Misericordia di Santa Croce, in favore della quale lascia due pertiche di terra.

Il secondo documento noto relativo a F., il suo testamento, rogato il 28 ottobre e pubblicato il 4 nov. 1508, ci permette di collocare entro queste due date la sua morte. Dal testamento apprendiamo che F. viveva ancora a Venezia in contrada San Cassiano insieme con la moglie Lucia, nominata commissaria del testamento con il cugino Alberto. Sappiamo inoltre che l'artista aveva due figli naturali, Ursula e Baldassarre. Al momento della morte del padre questi dovevano essere piuttosto giovani se il pittore dispose in favore di Ursula un lascito di 30 ducati d'oro, che ne avrebbe costituito la dote; l'età dei figli farebbe quindi pensare ad una morte piuttosto precoce. F. nominò inoltre erede del suo materiale da lavoro il suo discepolo e conterraneo Francesco Rizzo.

Fonti e Bibl.: C. Ridolfi, Le maraviglie dell'arte, Venezia 1648, I, p. 62; M. Boschini, Le ricche minere della pittura veneziana, Venezia 1674, p. 26; A.M. Zanetti, Descriz. di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia…, Venezia 1771, I, pp. 67 s.; F.M. Tassi, Vite de' pittori scultori e architetti bergamaschi, Bergamo 1793, I, p. 56; G.A. Moschini, Delle origini e vicende della pittura in Padova, Padova 1826, p. 23; P. Locatelli, Illustri bergamaschi, Bergamo 1867, I, pp. 352-355; P. Molmenti, Arte retrospettiva: i pittori bergamaschi a Venezia, in Emporium, XVII (1903), 102, pp. 420 s.; G. Ludwig, Archivalische Beiträge zur Geschichte der venezianischen Malerei, in Jahrbuch der Königlich Preussischen Kunstsammlungen, XXIV (1903), App., pp. 2-4; L. Angelini, Arte bergamasca. Di una tavola e di un pittore di Santa Croce, in Rassegna d'arte, X (1909), 11, pp. 191 s.; G. Fogolari, Le portelle d'organo di S. Maria dei Miracoli di Venezia, in Boll. d'arte, II (1908), p. 133; H. Posse, Die Gemäldegalerie des Kaiser-Friedrich-Museum, Berlin 1909, I, pp. 129 s.; G. Bernardini, Di alcuni dipinti di secondaria importanza a Lucca, Firenze, Venezia e Rovigo, in Boll. d'arte, VI (1912), p. 302 n. 1; F. Fiocco, I pittori da Santacroce, in L'Arte, XIX (1916), pp. 180-183; Il Museo Correr di Venezia. Dipinti dal XIV al XVI secolo, a cura di G. Mariacher, Venezia 1957, pp. 174 s. n. 671; G.P. Coletti, Cima da Conegliano, Venezia 1959, p. 98; F. Heinemann, G. Bellini e i belliniani, Venezia 1962, I, pp. 150-152; S. Moschini Marconi, Gallerie dell'Accademia di Venezia, Roma 1962, p. 182; G. Siffredi, La raccolta Piccinelli a Seriate, in Bergomum, LXVI (1972), 1, p. 98; B. Della Chiesa, I pittori da Santa Croce, in I pittori bergamaschi. Il Cinquecento, I, Bergamo 1975, pp. 490 s., 495-498; F. Rossi, Pittura anonima, ibid, III, Bergamo 1979, ad Indicem; Id., Pittura a Bergamo intorno al 1500. Ricostituzione di un patrimonio disperso, Bergamo 1979, pp. 78 s.; Id., Accademia Carrara di belle arti, Bergamo 1986, pp. 24, 58; S. Milesi, Moroni e il primo Cinquecento bergamasco, Bergamo 1991, p. 182; P. Rylands, Palma Vecchio, Cambridge-New York-New Rochelle-Melbourne-Sidney 1992, ad Indicem; La pittura in Italia. Il Cinquecento, a cura di G. Briganti, Milano 1992, I, p. 106 tav. 131; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIX, pp. 421 s.; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori ital., V, pp. 120-122.

Vedi anche
ancona Dipinto su tavola o rilievo in marmo o legno, di soggetto religioso, collocato sull’altare, generalmente entro un’inquadratura architettonica (pala d’altare); il termine è riferito in particolare a opere del Gotico e del primo Rinascimento. Andrea Mantégna Mantégna, Andrea. - Pittore e incisore (forse Isola di Carturo, Padova, 1431 - Mantova 1506). Allievo a Padova di F. Squarcione, si formò in un ambiente ricco di stimoli culturali maturando un nuovo linguaggio di ampio respiro spaziale aggiornato sulle novità plastiche e progettistiche diffuse dagli ... organo Strumento musicale ad aria, costituito da una serie di canne in cui viene immessa, per mezzo di un mantice o altro meccanismo, aria che le fa vibrare, con un’emissione di suoni regolata da tastiere e pedaliera; attraverso il somiere (una cassa di legno) l’aria trova un regolato adito alle canne (v. fig.). ... pittura Arte di dipingere, raffigurando qualche cosa, o esprimendo altrimenti l’intuizione della fantasia, per mezzo di linee, colori, masse, valori e toni su una superficie. I procedimenti che permettono di fissare su una superficie (supporto) sostanze coloranti o pigmenti, secondo la volontà e il progetto ...
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santacróce
santacroce santacróce s. f. [dalla locuz. santa croce], invar. – 1. Abbecedario (detto anche libro di Santa Croce e, soprattutto in Toscana, crocesanta), su cui un tempo si insegnava a leggere, così chiamato perché aveva una croce impressa...
francésco
francesco francésco agg. e s. m. [dal lat. tardo Franciscus, der. di Francus «franco1»] (pl. m. -chi), ant. – Francese: La terra che fé già la lunga prova E di Franceschi sanguinoso mucchio (Dante); i modi e le cadenze della prosa f. (D’Annunzio)....
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