DI NARDO, Francesco
Nacque a Napoli, ove operò, fra la fine del sec. XVII e il 1750, come scultore in legno di figure, animali e immagini devozionali. Da un documento relativo a una perizia redatta il 12 luglio 1703 dal fratello maggiore Domenico, scultore in legno, assieme allo stesso D., risulta che questi aveva bottega in via S. Brigida a Toledo (Notar G. Malatesta, 1704). La storiografia tradizionale lo presenta solo come intagliatore di animali dalle forme sguaiate, in atteggiamenti realistici e dallo stile incerto (Molajoli, 1950); fu invece un artista sensibile dalla plastica inicolata con lievi modulazioni, completata da una cromia tipica presettecentesca. Il D. è stato definito "uno dei primi animalisti" (Napoli Signorelli, 1811), e di fatto prima di lui il presepe napoletano non era arricchito di mandrie di pecore, capre e mucche, di cavalli e asini, di cani e gatti ed altri animali: e si deve proprio a lui la creazione di tale tipologia, così come hanno dimostrato le ricerche d'archivio, che non hanno avallato la tradizionale notizia del D. allievo di P. Ceraso, il quale realizzò animali la cui impostazione è presente nelle sue prime prove (Borrelli, 1970, p. 203). Il D. successivamente elaborò una ricerca che portò il suo stile ad evolversi da una visione barocca a una neonaturalista che teneva conto anche delle nuove istanze pittoresche.
Il D. tradusse così in sintetiche immagini la particolare verità dell'animale in movimento, (gli esempi vanno, all'incirca, dal 1705 al 1730): Mulo in cammino (coll. privata, Sorrento), un capo d'opera del genere; Mulo caduto sotto il peso della soma (un tempo completato da due contadini che l'aiutavano ad alzarsi, intagliati dal medesimo D.: Borrelli, 1970, fig. 54); Mucca che cammina e muggisce (Ibid., fig. 53); Gatta pronta a graffiare (Borrelli, 1971, ill. 54 [29]); Gatta che corre con il topo in bocca (Napoli, Museo di S. Martino, sala 35); Mucca che urina (Borrelli, 1970, ill. 55 e p. 204); Asino che bruca (Monaco di Baviera, Bayerisches Nationalmuseum). Tutti questi animali sono attentamente analizzati e veramente originali rispetto alla casistica sei-settecentesca; le attribuzioni sono avallate solo da qualche firma, come nell'Asino accosciato (Borrelli, 1971, fig. 53 [4]) del 1705 circa.
Il D. risulta così l'iniziatore di un genere che ebbe imitatori, i quali non raggiunsero la fluidità di resa tattile, la bellezza d'impianto monumentale, quasi classica, e la rara semplicità del mezzo espressivo del maestro, ma ebbe anche sensibili continuatori che seppero evolvere nel senso delle eleganze settecentesche i suoi prototipi. La tradizione (Perrone, 1896), infatti, precisa che nel suo studio ebbe inizio l'attività dei fratelli Vassallo, i più prestigiosi e raffinati animalisti del presepe napoletano del Settecento: un dato che se non appare convalidato dalle recenti ricerche (Catello, 1980, pp. 1195.) può essere interpretato come ripresa delle idee del Di Nardo.
Il documento del 1710 per "pastori di scultura in piccolo ... con la firma di detto Francesco di Nardo" (Catello, 1980, p. 125) avalla la tesi del D. scultore in legno di figure per il presepe: il Cuoco e il Cantante della chiesa della Ss. Annunziata di Napoli (Borrelli, 1970, figg. 50, 51) e quelle del Museo nazionale di Arezzo; sorretta dal confronto con le sculture firmate del S. Giuseppe (coll. De Martino, Napoli), del S. Giuseppe e di S. Andrea di Avellino della chiesa di S. Maria Donnaromita (ibid., p. 234).
La nota del 2 marzo 1730 (Napoli, Arch. stor. d. Banco di Napoli, mtr. 1214) fa conoscere che il D. realizzò un complesso di figure costituito dai tre Re magi, da quindici personaggi del seguito (completi di ogni dettaglio ed accessori) e da dodici cavalli guarniti con le loro selle e finimenti. Tale documento conferma il suo contributo alla creazione della tipologia, prima della completa affermazione del tipico presepe settecentesco postearolino.
L'attività del D. come scultore è ulteriormente documentata dalle opere, come l'inedita Madonna di Furnolo (Teano), firmata e datata 1706, e dalle note di archivio: realizzò la statua di S. Vincenzo nel 1734, di S. Emiddio e dell'Immacolata nel 1740 (Arch. stor. del Banco di Napoli, matr. 1039) e quella di S. Camillo nel 1750 (Rizzo, 1977). Ma al di fuori delle notizie d'archivio è possibile assegnare al D. l'eccezionale ed elegante S. Giuseppe del duomo di Salerno, realizzato nel 1733. ed il S. Rocco della chiesa parrocchiale di Sicignano degli Alburni (Borrelli, 1970. p. 204).
All'attività del D. sembra legato il Giovanni Di Nardo, scultore in legno con bottega "dirimpetto alla chiesa di S.Brigida", in Napoli, non sappiamo se fratello o parente (Catello, 1980, p. 125, n. 27), del quale, purtroppo, non è stato possibile identificare le opere.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Notarile: Notar G. Malatesta, 1704, f. 213; Ibid., Mon. soppr. 1100 (ff.n.n.); Napoli, Arch. storico del Banco di Napoli, Banco della Pietà, matr. 1214; Ibid., Banco del Salvatore, inatr. 1039; P. Napoli Signorelli, Vicende della cultura nelle Due Sicilie, Napoli 1811, VII, p. 273; A. Perrone, Cenni stor. sul presepe, Napoli 1896, p. 16; B. Molajoli, La scultura napol. del Settecento, Napoli 1950, p. 17; G. Borrelli, Il presepe napol., Napoli-Roma 1970, pp. 65 s., 203 s., 234; Id., Figure presepi napol. dal sec. XIV al XVIII (catal.), Napoli 1971, schede 52-54; V. Rizzo, Notizie su artisti e artefici dei giornali copia-polizza degli antichi banchi pubblici napoletani, in Le artifigurative a Napoli nel Settecento, Napoli 1977, p. 243; E. Catello, Il presepe alla mostra della civiltà del Settecento a Napoli, in Napoli nobilissima, XIX (1980), 3-4, pp. 119, 125 n. 27; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 345 (sub voce Nardo, Francesco di).