ROSSELLI, Francesco
di Lorenzo. – Nacque a Firenze nel 1447/8, come si deduce dalle successive dichiarazioni catastali, quale figlio del muratore Lorenzo di Filippo e della sua terza moglie Nanna. Deceduto il padre prima dell’agosto 1451 (Budny - Dabell, 2001, p. 24), nel 1469 Francesco era registrato ventunenne tra le bocche del fratellastro Jacopo (Lorenzoni, 1921, p. 59). S’ignora con chi avvenne la sua formazione, ma le possibilità più spesso evocate sono gli altri artisti della famiglia, soprattutto il poco più anziano Cosimo, e il miniatore Francesco di Antonio del Chierico.
Dal dicembre 1470 al marzo 1471 Francesco venne pagato per diverse miniature dei corali del duomo di Siena, in parte realizzate con Liberale da Verona (Milanesi, 1854, p. 384). Partendo dall’identificazione di alcune di queste opere (Lusini, 1939; Labriola, 2008, pp. 59 s.), che presentano somiglianze con i modi del già citato Francesco del Chierico, la critica gli ha assegnato un discreto numero di minii realizzati per i Medici nel corso dei decenni successivi e per Federico da Montefeltro, per cui avrebbe lavorato fino al tardo 1478.
Le portate al catasto del 1480 registrano Francesco «sanza aviamento» tra le bocche di Cosimo, ma una supplica di quest’ultimo avvertiva che egli si era recato da qualche tempo in Ungheria «per debito», lasciando madre, nonna materna, moglie e tre figli alle cure del fratellastro (Gotti, 1890, p. 76; Lorenzoni, 1921, pp. 61, 63, 64). Si ignora quando esattamente fosse partito e le proposte spaziano dal 1476 al più probabile 1478/79.
Circa la rete di relazioni che portò Francesco fuori di Firenze, è stato suggerito il coinvolgimento del futuro congiunto Marco di Jacopo del Pecchia, i cui parenti avevano contatti commerciali in Ungheria (Gotti, 1890, p. 76), o di Alexander Formoser e Benedetto da Maiano (Waldman, 2011, pp. 452 s.). Al soggiorno magiaro sono stati ascritti una mezza dozzina di manoscritti della biblioteca di Mattia Corvino e Beatrice d’Aragona (Pócs, 2008) e ricollegata, se non la creazione, almeno la raccolta di materiale che avrebbe portato alla realizzazione di una perduta mappa del paese citata nel fondamentale inventario postumo dei beni del figlio Alessandro, redatto il 27 febbraio 1528 (Zucker, 1994, p. 6 nota 5; per il documento: Del Badia, 1894, e Gentile, 1992, pp. 247-250, n. 116).
Francesco potrebbe essere rientrato a Firenze già per il 1482 (Gotti, 1890, p. 76), e nel 1483 venne esplicitamente menzionato tra i potenziali eredi nel primo testamento di Cosimo (Gabrielli, 2007, p. 277). Era sicuramente in città nel 1494 e nel 1495 (Lorenzoni, 1921, pp. 65 s., 67).
Nonostante che nelle fonti di quest’ultimo biennio (ad esempio in Montegallo, 1494) Francesco sia qualificato solo come miniatore, negli anni indicati la sua carriera di incisore e cartografo era già avviata da qualche tempo, ma ignoriamo esattamente da quando. È stato proposto di ricondurne l’inizio al periodo giovanile, citando a supporto la collaborazione del suo fratellastro Cosimo con Niccolò Germano tra il 1466 e il 1471 (Gabrielli, 2007, pp. 35 s.) o l’attribuzione delle carte della Geographia ([Firenze, entro il 10 settembre 1482]) di Francesco Berlinghieri (Boorsch, 2004). Nello stesso giro d’anni venivano inoltre collocate alcune stampe che in realtà non sono databili con sicurezza. In particolare, il bulino del Diluvio che riprende un disegno di Maso Finiguerra era stato ancorato al 1465-70 circa (Oberhuber, 1973, p. 51, figg. 4-9), probabilmente per associarlo al periodo successivo alla scomparsa del celebre orafo. Altri studiosi propendono invece per gli anni Ottanta, visto che la serie di incisioni più antica di Francesco che sia possibile datare non può essere stata realizzata prima del 1481-85, causa il rapporto con il culto del Rosario introdotto in questo periodo (Archer, 1988). Anche la responsabilità delle tavole della Geographia è stata convincentemente confutata (Roberts, 2011).
Esistono solo due stampe firmate da Francesco, e il catalogo di più di ottanta bulini, tra fogli singoli di soggetto religioso, vedute urbane e mappe spesso composte dall’assemblaggio di più matrici, che gli è attribuito è stato ricostruito partendo dall’identificazione delle opere registrate nell’inventario del 1528 e accolto sulla base delle affinità tecniche dei fogli (‘maniera larga’ caratterizzata da un ampio tratteggio parallelo, talora anche doppio, per le ombreggiature), nonché sulla convergenza stilistica e di motivi decorativi con miniature a lui riferite o con opere del fratellastro Cosimo. I soggetti incisi riprendono spesso composizioni di altri artisti, da Beato Angelico, Finiguerra e Baccio Baldini a Filippo Lippi e Botticelli (Zucker, 1994, pp. 4 s.). Maggiore originalità viene accordata al Francesco autore di vedute urbane, cui è stata ricondotta l’invenzione di un format innovativo (Maier, 2012).
Stando a Gustavo Uzielli 1894 (p. 526), Rosselli nel 1498 lavorava come stampatore alla Costa S. Giorgio e qui effettivamente risiedeva in affitto nel 1495 (Lorenzoni, 1921, p. 66). Non si conoscono però edizioni con il suo nome.
I contatti con i domenicani osservanti, già suggeriti dalla serie rosariana, potrebbero aver portato a un coinvolgimento con l’ambiente savonaroliano. Nel 1500 un Francesco Rosselli tradizionalmente identificato con il nostro vendette un edificio posto tra la via Larga e via S. Gallo a Lucia Bartolini, fervida seguace del frate, che lo trasformò in una casa di terziarie dedicata a Caterina da Siena (Del Migliore, 1684; Gotti, 1890, pp. 87 s.). La comunità era un centro di spiritualità piagnona e negli ultimi mesi del 1499 aveva accolto le figlie dell’ex proprietario (ibid., p. 88). Fu forse a causa di questi rapporti che l’artista lasciò poi la Toscana.
Nel luglio 1504 era a Venezia, da dove inviò due lettere a Firenze, a frate Antonio detto Scappella, domenicano ‘savonaroliano’ di S. Marco, per dargli indicazioni su come saldare un conto che il religioso ancora gli doveva (Uzielli, 1894, p. 526), ma non è chiaro dove si trovasse negli anni successivi. Nel 1506 il suo nome comparve, con quello del veneziano Giovanni Matteo Contarini, su un mappamondo famoso per essere il primo a stampa a registrare le scoperte di Colombo (pubblicato da Heawood, 1923); inoltre potrebbe essere lui il «Florentinus, vir quidem diligentissimus» autore di un planisfero evocato da Marco Beneventano nella Orbis nova descriptio pubblicata in calce all’edizione da lui curata della Geographia (Roma 1508, c. b4v; Uzielli, 1894, pp. 525 s.). Nel testamento del fratellastro Cosimo del novembre 1506 venne rapidamente citato come erede di un terzo dei beni (Lorenzoni, 1921, p. 72), senza fornire altre informazioni su dove si trovasse o cosa facesse. Francesco Rosselli «Florentinus cosmographus» era sicuramente a Venezia l’11 agosto 1508, quando assistette alla lettura del quinto libro di Euclide da parte di Luca Pacioli (Euclidis Megarensis, 1509; Crinò, 1939, p. 389). Tra il pubblico era anche Marino Sanudo, cui viene attribuito un testo in suo onore (Uzielli, 1894, pp. 524 s.).
La produzione cartografica d’inizio Cinquecento offre le uniche incisioni firmate di Francesco: il sopracitato planisfero del 1506 e un’altra mappa del mondo inclusa nell’ultimo capitolo della riedizione del 1532 dell’isolario di Bartolomeo da li Sonetti (ibid., p. 524), ma ritenuta una tiratura postuma di una matrice datata al 1508 circa sulla base del passo prima citato di Marco Beneventano, che avrebbe fatto riferimento a questo bulino. L’incisione aveva peraltro anche una circolazione indipendente dai libri a stampa, visto che se ne conoscono quattro esemplari sciolti (Duzer, 2008).
Quella del 1508 è l’ultima attestazione nota di Francesco. Il suo decesso viene talora collocato prima del 1513, come suggerito da Thieme - Becker, (1935) senza argomentazioni, ma forse perché il suo nome non compare nell’edizione della Comedia recitata nelle solenne noze del magnifico Antonio Spannocchi di Bernardo Accolti (poi detta La Virginia) pubblicata a Firenze dal figlio il 6 agosto di quest’anno (Crinò, 1939, p. 390 nota 2, e Zucker, 1994, p. 6 nota 13). L’unico termine ante quem disponibile è fornito dall’inventario del febbraio 1528 e dai documenti associati, in cui Francesco non è citato verosimilmente perché già scomparso (Uzielli, 1894, pp. 526 s.).
Rimane aperto il problema se Francesco fosse stato attivo anche come pittore o avesse collaborato con Cosimo, almeno nel periodo giovanile. Nel corso dei decenni gli sono state ascritte parti di alcuni dipinti del fratellastro (Gabrielli, 2007, p. 157), opere di cultura rosselliana (ibid., p. 35), oppure caratterizzate da vedute urbane, come la tavola Strozzi (Napoli, Museo nazionale di S. Martino; De Seta, 1988), e il Supplizio di Savonarola (Firenze, Museo di S. Marco; Ettlinger, 1952, pp. 163 s., 167), ed è stato avvicinato al Maestro degli Argonauti (Oberhuber, 1973, p. 53; Fahy, 1989, p. 296), ma molte delle proposte sono state giustamente messe in discussione dalla critica successiva. Altrettanto problematica la produzione di disegni, per la quale basti segnalare l’Incoronazione di spine (Vienna, Graphisches Sammlung der Albertina, 20), la Crocifissione (Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei disegni e delle stampe, 1120E; Oberhuber, 1973, p. 53) e diverse candelabre (Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei disegni e delle stampe, 1585E, 1586E, 1588E; Cecchi, 1992), che gli sono state attribuite sulla base della corrispondenza o vicinanza con stampe a lui ricondotte.
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