FRANCESCO di Giovanni
di Attivo a Firenze come orafo, è documentato dal 1465 al 1510.
La sua formazione avvenne nella bottega di Antonio Pollaiolo, dove risulta discepolo con salario dal luglio 1465 al luglio 1469 e, di nuovo, dal febbraio 1472 al febbraio 1475. L'immatricolazione come maestro orafo (tale mestiere a Firenze era sottoposto alla giurisdizione dell'arte della seta) risale al 25 febbr. 1475. A garantire per lui in questa circostanza è il cugino Antonio di Salvi, anch'egli orafo e allievo del Pollaiolo, che si immatricola nella stessa data. Subito dopo i due strinsero compagnia e nel 1480 presero in affitto da Larione di Jacopo di Bartolo Ciacchi una bottega in via Vacchereccia, dove continuarono ad esercitare insieme l'arte orafa.
Le opere di F. si confondono in pratica con quelle di Antonio di Salvi, sia per il fatto che le commissioni note sono affidate ad entrambi i maestri, sia perché uno solo è il marchio - identificato come una "corolla fuori campo" (Argenti fiorentini…, 1993, p. 353 n. 49) - rinvenuto su oggetti riferibili alla loro bottega.
La più prestigiosa commissione ottenuta dai due cugini fu la formella con il Convito di Erode per la fiancata destra dell'altare d'argento del battistero di S. Giovanni a Firenze, oggi conservato nel Museo dell'Opera del duomo della stessa città.
L'esecuzione da parte loro è ampiamente documentata negli spogli strozziani dei libri dell'arte di Calimala (Arch. di Stato di Firenze), pubblicati da Franceschini (1894), Poggi (1904), Cruttwell (1907) e poi integralmente dal Frey in appendice all'edizione, parziale, delle Vite vasariane (1911). Da tali documenti risulta che, quando nel 1477 si decise il completamento in forma di altare del dossale trecentesco, gli orafi interpellati furono Antonio Pollaiolo e Andrea Verrocchio, che presentarono rispettivamente tre e due modelli. Nella vicenda si inserirono anche Antonio di Salvi e F. che "vogliono fare due storie del dossale d'argento di S. Giovanni, cioè il convito e la decollatione…" (Frey, 1911, p. 375) e un'annotazione registra che ciò "gli è conceduto" (Franceschini, 1894, p. 23). L'allogagione del 18 ag. 1477 conferma la parte di lavoro affidata ai due "compagni orefici" (ibid.), ma una successiva delibera del 13 genn. 1478 riduce il loro compito alla "storia del convito di San Giovanni Battista" (Frey, 1911, p. 375).
Il rilievo, compiuto nel 1480, è stato generalmente considerato dalla critica di qualità inferiore a quella delle altre realizzazioni coeve dell'altare e si è ipotizzata una semplice e molto debole adesione degli esecutori a un modello del Pollaiolo. Posto a confronto con l'interpretazione ben altrimenti serrata data dello stesso episodio da Donatello nel fonte battesimale di Siena, si è anche supposto che i due orafi abbiano piuttosto guardato, comunque travisandolo, al più pacato esempio pittorico di F. Lippi nel duomo di Prato (Argenti fiorentini…, 1993, p. 34). La matrice pollaiolesca, derivata anche solo dagli anni di comune apprendistato nella bottega del maestro, appare comunque dominante, sebbene resa in maniera rigida e ridotta a stilema.
L'impegno della bottega dei due cugini intorno all'altare del battistero dovette continuare ancora per qualche anno, poiché il 26 apr. 1483 è registrato un pagamento ad Antonio di Salvi "per rassettare e fare le storie che feciono nell'altare di S. Giovanni" (Frey, 1911, p. 376). Lo Steingräber (1955) inoltre attribuisce ad Antonio di Salvi anche quattro statuette inserite nella cornice dell'altro fianco dell'altare.
Altra opera in cui è stata ipotizzata, su base stilistica, la collaborazione tra Antonio di Salvi e F. è il reliquiario di s. Girolamo, proveniente da S. Maria del Fiore e conservato nel Museo dell'Opera del duomo. Datato 1487, l'oggetto comprende anche una ricca serie di smalti traslucidi, tecnica in cui F. doveva evidentemente essere abile. Il reliquiario è anche la più antica opera in cui sia stato trovato impresso il bollo distintivo di una bottega orafa fiorentina (Argenti fiorentini…, 1992, p. 6). Tale marchio ritorna anche nei fornimenti d'argento per la legatura di libro nota come coperta del "Mare Magnum", conservata a Firenze nella chiesa della Ss. Annunziata.
Commissionato come degno contenitore della preziosa raccolta manoscritta di tutti i privilegi pontifici concessi all'Ordine dei servi di Maria nel periodo compreso tra i pontificati di Alessandro IV e Innocenzo VIII, l'oggetto - documentato al 1488, anno a cui risalgono i pagamenti fatti agli orafi per un totale di 17 fiorini (ibid., pp. 8 s.) - è caratterizzato dall'impiego di una tecnica tipica del Quattrocento fiorentino, il niello; in mancanza di dati certi sulla divisione del lavoro all'interno della bottega di "Antonio di Salvi e chompagni" (Frey, 1911, p. 376) rimane incerta l'entità del lavoro svolto da F., forse limitato alla sola placchetta con l'Annunciazione posta al centro del piatto anteriore (Argenti fiorentini…, 1992, p. 12).
La possibile collaborazione di F. con Antonio di Salvi è ipotizzata anche nell'intervento sul reliquiario trecentesco di s. Zanobi e altri santi conservato nella chiesa di S. Maria nella Badia fiorentina: affidato nel 1491 alla bottega per una ridoratura, fu evidentemente completato in quella occasione con un tabernacolo terminale (ibid., pp. 17, 19).
Altre opere uscite dalla bottega di via Vacchereccia nel periodo di compresenza di F., sono il busto reliquiario di s. Anna, proveniente dalla chiesa di S. Stefano, ora nel Museo dell'Opera del duomo di Prato, e il reliquiario di s. Gordiano della Badia fiorentina, documentate rispettivamente al 1489-90 e al 1490-91 (ibid., pp. 14 s.).
La collaborazione tra i due cugini cessò presumibilmente intorno all'inizio degli anni Novanta, poiché dopo il 1491 non si hanno più notizie di commissioni comuni e nelle decime della Repubblica del 1498 risulta che un Francesco di Giovanni orafo tiene bottega in via Calimala Vecchia con un tale Bartolomeo di Giovanni del Sasso.
Nel 1510 il nome di F. torna comunque ad essere in qualche modo collegato all'attività di Antonio di Salvi, dal momento che il 20 novembre i padri serviti della Ss. Annunziata affidano a lui la fusione di vecchi oggetti sacri d'argento destinati ad essere reimpiegati nella realizzazione di una croce commissionata ad Antonio (Liscia Bemporad, 1987, p. 300).
F. morì in una data anteriore al 24 marzo 1521, quando nelle decime della Repubblica sua moglie Lucrezia viene definita vedova. Tra gli allievi si ha notizia di un Giovanni di Bartolomeo di Filippo Strozzi, che fu discepolo a salario nella sua bottega dal 1485 al 1489.
L'identità artistica di F. rimane di fatto sfumata e sui tentativi di darle concretezza ha certo pesato la circostanza che i documenti - ad eccezione di quelli relativi alla formella per l'altare del battistero - pongono sempre in primo piano il nome di Antonio di Salvi, mentre quello di F. rimane nell'anonimato dei collaboratori.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, p. 288 n. 1; Id., Le vite…, a cura di K. Frey, I, München 1911, pp. 375 s.; A.F. Gori, Monumenta sacrae vetustatis insigniae basilicae baptisterii Florentini (1756), in Thesaurus veterum diptychorum consularium et ecclesiasticorum, Firenze 1759, III, p. 313; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne' suoi quartieri, V, 1, Firenze 1757, p. XXXI; P. Zani, Encicl. metodica critico-ragionata delle belle arti, X, Parma 1822, p. 71; P. Franceschini, Il dossale d'argento del tempio di S. Giovanni in Firenze…, Firenze 1894, pp. 23 s.; H. Mackowsky, Das Silberkreuz für den Johannisaltar im Museo di S. Maria del Fiore zu Florenz, in Jahrbuch der preussische Kunstsammlungen, XXIII (1902), p. 245; [G. Poggi], Catal. del Museo dell'Opera del duomo, Firenze 1904, pp. 47, 70-72; M. Cruttwell, Antonio Pollaiolo, London 1907, pp. 169 s., 275 s.; E. Steingräber, Studien zur florentiner Goldschmiedekunst, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, VII (1955), p. 94; L. Becherucci - G. Brunetti, Il Museo dell'Opera del duomo a Firenze, Firenze 1969-70, II, pp. 217, 253 s. n. 22; H. Honour, Orafi e argentieri, Milano 1972, p. 53; L'oreficeria nella Firenze del Quattrocento (catal.), Firenze 1977, pp. 42 s.; D. Liscia Bemporad, Appunti sulla bottega orafa di Antonio del Pollaiolo e di alcuni suoi allievi, in Antichità viva, XIX (1980), 3, pp. 47-53; A. Landolfi Giovannini, Il busto reliquiario di s. Anna nel Museo dell'Opera del duomo a Prato, ibid., XXII (1983), 1, pp. 35 s. n. 11; D. Liscia Bemporad, Gli smalti nelle opere di Antonio di Salvi: prime osservazioni, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, s. 3, XIV (1984), 2, pp. 707-711; Id., L'oreficeria, in Tesori d'arte dell'Annunziata di Firenze (catal.), Firenze 1987, pp. 300, 320-323; Id., I più antichi marchi di Firenze: un problema di metodo, in Ori e tesori d'Europa. Atti del Convegno di studio, Udine 1991, Udine 1992, pp. 293 s.; Argenti fiorentini dal XV al XIX secolo. Tipologie e marchi, a cura di D. Liscia Bemporad, I, Firenze 1993, pp. 34, 46, 353, 391, 395, 411, 445; II, ibid. 1992, pp. 3, 6, 8, 12, 14 s., 17, 19; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 306.