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DELLA RATTA, Francesco

di Salvatore Fodale - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 37 (1989)
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DELLA RATTA (Della Rath), Francesco

Salvatore Fodale

Figlio di Antonio conte di Caserta e di Beatrice Del Balzo, divenne conte di Caserta e di Alessano nel 1382, alla morte in Francia del padre, del quale continuò la politica familiare di ostilità a Carlo III d'Angiò Durazzo e in favore dell'altro pretendente al trono napoletano, Luigi d'Angiò. Prima del 1382 aveva forse sposato Agnese Sanseverino, figlia di Ruggero conte di Mileto, con la quale aveva contratto solenne promessa di matrimonio già nel febbraio 1365, ricevendone una dote di 1.500 ducati.

Nell'ottobre 1382, quando Luigi d'Angiò entrò nel Regno, gli si fece incontro con i fratelli Luigi e Sandolo e con vari esponenti della famiglia Sanseverino. Il 14 di quel mese era infatti presso il principe e tutto l'esercito angioino a Maddaloni, dove il 25 prestò solenne omaggio di fedeltà a Luigi. Si distinse in seguito in una serie di azioni militari condotte contro Carlo III e i suoi seguaci. Il 9 febbr. 1383 compì una scorreria fino ai dintorni di Napoli, alla testa di un esercito ingente, valutato forte di 8.000 cavalieri: nel corso dell'azione razziò grandi quantità di bestiame e fece molti prigionieri. Approfittando della circostanza che il D. si trovava lontano da Caserta, nell'estate del 1384, la regina Margherita d'Angiò Durazzo, quale vicaria del Regno in assenza del marito Carlo III, impegnato nella campagna contro le forze angioine, pose l'assedio alla città, che era il fulcro dei domini del D., e che fu difesa dal fratello di questo, Sandolo. La regina, inoltre, fece intensificare le azioni di guerra in tutta la Terra di Lavoro, non senza raggiungere qualche successo locale e ottenendo la sottomissione di numerosi casertani. Il D., che partecipava in Puglia alle azioni militari contro re Carlo, fu allora costretto a tornare a Caserta. Portò con sé la compagnia bretone di Bernardon de La Salle, sottraendone gli uomini al già decimato esercito di Luigi d'Angiò. Diresse, da allora, una guerra di continue scorrerie contro le terre durazzesche caratterizzata da episodi di efferata violenza e crudeltà. Particolarmente colpita, con gravissimo danno economico e molto spargimento di sangue, fu nel settembre del 1384 l'abbazia di Montecassino, il cui abate Pietro Tartaro era gran cancelliere dei Durazzo. La feroce azione militare fu condotta da uno dei fratelli del D., Luigi, signore di Mignano, il quale poi nel novembre venne catturato dagli uomini della compagnia del senese Domenico Ruffaldi, al servizio dei Durazzo.

Dopo la morte di Luigi d'Angiò, avvenuta nel settembre del 1384, ed il conseguente riacuirsi ed esplodere del conflitto tra Urbano VI e Carlo III d'Angiò Durazzo, che culminò nel gennaio del 1385 con la scomunica e la deposizione del re da parte del papa di obbedienza romana, si verificò il singolare incontro sul piano politico tra il baronaggio filoangioino e Urbano VI. Il D., insieme con Raimondello Orsini e con i conti di Ariano, di Conversano, di Cerreto, di Sant'Angelo e di Sant'Agata, accolse le richieste di aiuto che gli erano giunte da papa Urbano VI, assediato dal re Carlo nel castello di Nocera. L'alleanza tra forze fino allora ostili, e destinate a tornare ad esserlo, nacque non solo dall'interesse alla ricompensa economica promessa dal papa per l'aiuto militare richiesto a quei baroni che obbedivano al suo antagonista Clemente VII, ma derivò anche dalla comunione di interessi nella lotta ai Durazzo, dallo sbandamento prodottosi nel baronaggio filoangioino dopo la morte di Luigi I e forse dall'illusione reciproca che l'alleanza potesse continuare e consolidarsi nel tempo, offrendo nuove prospettive politiche. Il D. e gli altri baroni, alla testa di una colonna di non più di 1.200 cavalieri, dopo avere tentato inutilmente di provocare la ribellione contro i Durazzo nella stessa capitale del Regno, nella quale inviarono propri emissari, posero la loro base operativa presso Afragola, e da li depredarono i casali attorno a Napoli, Aversa ed Acerra. Si accamparono infine nei pressi di Nocera, a poca distanza dall'esercito durazzesco che, sotto il comando di Carlo III, stringeva d'assedio il castello, dove si trovava ancora Urbano VI. Al pontefice il D. ed i collegati resero omaggio e chiesero gli stipendi promessi. I due eserciti si scontrarono all'inizio del marzo 1385: la battaglia si risolse in una sconfitta per le forze filoangioine, le quali furono costrette a ripiegare verso il castello. Insufficienza di spazio e scarsità di vettovagliamenti, che non consentivano l'acquartieramento di tutte le truppe, indussero il D. a fuggire dal castello di Nocera con un centinaio di uomini nella notte dell'11 marzo, insieme col conte di Sant'Agata e col nipote del papa, Francesco Prignano, rompendo l'assedio col favore dell'oscurità e di una tempesta di pioggia. Rifugiatosi a Scafati, feudo del Prignano, vi rimase assediato finché non poté tornare a Caserta.

La partenza di Carlo III per l'Ungheria, nel settembre del 1385, ridiede animo ai suoi avversari. Il D. continuò a distinguersi tra il baronaggio filoangioino per le azioni di guerra. Compì continue scorrerie contro le forze durazzesche in varie parti del Regno, ma soprattutto in Terra di Lavoro. Il 5 ag. 1386 si accampò a Giugliano insieme con tutto l'esercito angioino comandato da Tommaso Sanseverino e prese parte agli attacchi contro la città di Napoli. In attesa della venuta del suo sovrano, il D. divenne uno dei sei governatori incaricati dell'amministrazione del Regno napoletano in nome di Luigi II d'Angiò. In tale veste il 1° luglio 1387 concluse la tregua con gli Otto del buono stato che governavano la città di Napoli, nuovamente assediata dalle forze angioine.

Dopo l'occupazione della capitale, fece parte dell'ambasceria che si recò ad Avignone presso Luigi II e Clemente VII e tornò a Napoli con il vicario del re Louis de Montjoie il 18 ott. 1388. Nel maggio 1391 pose - ma senza successo - l'assedio a Salerno, che era rimasta in mano ai Durazzeschi. Nell'estate del 1394 fu nominato gran connestabile del Regno da Luigi II. Il 1° settembre affiancò il re al comando delle truppe che attaccarono senza successo Aversa, dove si era asserragliato Ladislao d'Angiò Durazzo. Da Luigi II ebbe pure il governo di Benevento. Il 24 aprile 1398 concluse una tregua con Ladislao.

Morì il 4 giugno 1399 nel castello di Taranto, che difendeva contro gli assalti di Ladislao di Durazzo.

Da Isabella d'Artus, sorella del conte di Sant'Agata, probabilmente sua seconda moglie, o da Agnese Sanseverino, aveva avuto tre figli: Baldassarre, Antonello e Giacomo.

Fonti e Bibl.: Cronicon Siculum,a cura di G. De Blasiis, Neapoli 1887, pp. 47, 53 s., 58 s.; H.V. Saucriand, Aktenstúcke zur Geschichte des Papstes Urban VI.,in Historisches Yahrbuch,XIV (1893), pp. 825 s.; I Diurnali del duca di Monteleone,in Rer. Ital. Script.,2 ed., XXI, 5, a cura di M. Manfredi, pp. 33 ss., 43, 45 s., 52, 57; S. Ammirato, Delle famiglie nobili napol., Firenze 1651, p. 280; F. Campanile, Dell'armi overo insegne dei nobili,Napoli 1680, p. 71; A. Di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, II,Milano 1805, p.62; B. Candida Gonzaga, Mem. delle famiglie nobili delle provincie merid. d'Italia, II,Napoli 1875, p. 108; A. Valente, Margherita di Durazzo vicaria di Carlo III e tutrice di re Ladislao,in Arch. stor. per le prov. napol.,XL(1915), pp. 471-475; XLI (1916), pp. 269, 271 s., 291; XLIII (1919), p. 175; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, I, Milano 1936, p. 261; A. Cutolo, Re Ladislao d'Angiò Durazzo,Napoli 1969, pp. 40, 45, 76 s., 85, 93, 116, 191 ss., 226.

Vedi anche
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