FRANCESCO della Marca (Francesco d'Ascoli, Franciscus de Esculo, Franciscus Pignano)
Nacque verosimilmente nell'ultimo decennio del sec. XIII ad Appignano del Tronto, nella diocesi di Ascoli Piceno, da una famiglia ricordata nelle testimonianze con il nome di Rubeus o Rossi. Non abbiamo dati sulla sua entrata nell'Ordine francescano, sulla sua prima formazione - avvenuta probabilmente in uno Studium provinciale dell'Ordine - né sui suoi studi compiuti a Parigi.
Il 6 giugno 1322 F. sottoscriveva, in occasione del capitolo generale di Perugia, la risoluzione con la quale veniva dichiarata lecita la tesi secondo la quale Cristo e gli apostoli non avevano mai posseduto beni.
L'avvenimento si inquadra nelle tormentate vicende vissute dal movimento francescano nei primi decenni del Trecento. Con l'avvento al soglio pontificio di Giovanni XXII e l'elezione di Michele da Cesena quale ministro generale dell'Ordine francescano, avvenuta quasi contemporaneamente nel 1316, la controversia sull'"usus pauper", che dagli anni Ottanta del XIII secolo andava dividendo i frati minori, stava infatti giungendo alla sua fase culminante. La risoluzione del capitolo di Perugia venne in seguito cassata da Giovanni XXII con la decretale Ad conditorem canonum (8 dic. 1322), nonostante le proteste del procuratore dell'Ordine, Bonagrazia da Bergamo, che si appellò a un concistoro ad Avignone nel corso del quale (13 genn. 1323) venne arrestato e incarcerato. Verso la fine dell'anno, inoltre, Giovanni XXII reagiva ancora più duramente contro tale tesi dichiarando eretica, con la bolla Cum inter nonnullos (12 nov. 1323), la dottrina della povertà di Cristo e degli apostoli.
Nel 1319-20 F. commentò a Parigi le Sententiae di Pietro Lombardo; probabilmente a questo periodo può essere anche assegnato il suo Commento ai primi sette libri della Metaphysica di Aristotele. Poco dopo dovette lasciare Parigi poiché nel 1321 - secondo una notizia trasmessa da Wadding - era nella cerchia di Roberto d'Angiò, re di Napoli (di cui sarebbe stato addirittura "a consiliis"), capo del guelfismo italiano e notoriamente legato a circoli francescani di indirizzo spirituale. Tale circostanza - accanto alla provenienza e ai legami con una regione, come le Marche, caratterizzata da una consistente presenza di rigorismo francescano - può spiegare talune delle scelte successive di Francesco.
Con l'accusa di eresia, mossa al papa dai francescani che non avevano accettato la condanna espressa dalla bolla Cum inter nonnullos, la critica minoritica nei riguardi di Giovanni XXII trovava molti punti di convergenza con lo schieramento antipapale nel conflitto, delineatosi nel frattempo, tra il papa e Ludovico il Bavaro. Giovanni XXII aveva infatti rifiutato la conferma e l'incoronazione come imperatore di Ludovico (eletto re di Germania nel 1314), preferendogli Federico il Bello d'Asburgo. Il 23 marzo 1324 Ludovico veniva colpito dalla scomunica, alla quale rispose, il 22 maggio, con il cosiddetto "Appello di Sachsenhausen". Nell'appello il papa veniva accusato di eresia, e di non essere quindi legittimamente operante, proprio per la sua presa di posizione nella disputa francescana sulla povertà. Si stabilì così un'alleanza tra dissidenza francescana e fronte filoimperiale, destinata a corroborarsi negli anni successivi. I fronti erano ormai così radicalizzati che un ultimo tentativo conciliatore compiuto da Michele da Cesena al capitolo di Lione (1325) fallì. Nel 1327 Michele venne convocato e trattenuto ad Avignone; ma, nonostante il suo impedimento a partecipare al capitolo generale di Bologna (1328), Giovanni XXII non riuscì a ottenere la nomina di un nuovo ministro generale. Oltre a Michele, si trovavano, fra l'altro, trattenuti ad Avignone per motivi diversi, Bonagrazia da Bergamo e Guglielmo di Occam.
Pare che anche F., dal 1324, fosse presente ad Avignone come lector nello Studium generale dell'Ordine; dal 1327 al 1332 ricoprì l'incarico di provinciale della Marca di Ancona, anche se resta da chiarire se e come abbia adempiuto ai doveri inerenti alla sua carica. Schneider (1991) ritiene inverosimile che lo sia stato de facto dopo il 1328 o 1329. Il 13 apr. 1328 F. era senz'altro ad Avignone poiché sottoscrisse una protesta redatta da Michele contro l'operato del papa. Ludovico il Bavaro era nel frattempo giunto in Italia; una volta ricevuta la corona imperiale, egli dichiarò deposto Giovanni XXII e nominò papa il francescano Pietro da Corbara, con il nome di Niccolò V. Quindi, per la pressione militare di Roberto d'Angiò, si ritirò a Pisa.
È in questo contesto che maturò la decisione dei quattro francescani, trattenuti ad Avignone, di fuggire. Nella notte tra il 26 e il 27 maggio 1328 F. insieme con Michele da Cesena, Bonagrazia da Bergamo e Guglielmo di Occam lasciò Avignone e si recò ad Aigues-Mortes; da lì, utilizzando una nave probabilmente messa a disposizione da ghibellini genovesi, si diresse con i suoi confratelli a Pisa. Giovanni XXII cercò in un primo momento di convincere i fuggitivi a recedere, poi, fallito il tentativo, privò Michele della carica di ministro. Non è chiaro se la scomunica riguardante F. insieme con gli altri fuggitivi sia inclusa in questo atto o se per essa si debba attendere formalmente il documento del 20 apr. 1329. Entrati solennemente in Pisa il 9 giugno 1328, i quattro francescani pubblicarono il 18 settembre, pochi giorni prima del ritorno di Ludovico a Pisa, un documento, abitualmente ricordato come l'Appellatio maior, nel quale Giovanni XXII veniva dichiarato eretico per la sua posizione nella questione della povertà e in altre controversie. F. e i suoi compagni andavano però perdendo le simpatie all'interno dell'Ordine. Il tentativo di Michele, nel novembre 1328, di impedire lo svolgimento del capitolo generale convocato a Parigi fallì, mentre la riunione dell'Ordine, svoltasi nell'aprile 1329, confermò la scomunica di Michele ed elesse, quale nuovo ministro generale Geraldo Oddone, favorevole alla Curia. Michele e i suoi compagni - incluso dunque F. - vennero condannati e il 20 apr. 1329 fu formalmente confermata la loro scomunica. F. ispirò la protesta (la cui espressione privilegiata saranno le Allegationes religiosorum virorum, opera - oltre che di F. - di Enrico di Talheim, Bonagrazia da Bergamo e Guglielmo di Occam), che dichiarava invalida la deposizione di Michele e l'elezione di Geraldo, per l'esclusione di metà degli aventi diritto alla partecipazione al capitolo. I quattro francescani, con Marsilio da Padova, entravano a far parte della curia di Ludovico; con lui, nel 1330, raggiunsero Monaco di Baviera, ove si stabilirono nel convento francescano.
Poco prima, il 16 nov. 1329, era stata pubblicata la bolla Quia vir reprobus, conclusiva presa di posizione di Giovanni XXII nella questione della povertà e contro Michele e i suoi compagni. Lo scritto, che ribadiva la scomunica, provocò numerose repliche tra cui l'Improbatio di F. (incipit: "De patre impio queruntur filii"). La confutazione risale al 1330, poiché Michele la cita in una sua lettera del 24 genn. 1331 e segue da vicino il testo della bolla di Giovanni XXII, il cui tenore è spesso citato.
Non possiamo determinare in che misura F. abbia preso parte negli anni successivi all'offensiva polemica antipapale sviluppata da Monaco. Al 1332 risale un'altra Improbatio, non pervenutaci ma testimoniata nel catalogo della biblioteca del papa avignonese Benedetto XIII, Pedro de Luna ("Item… et improbatio Francisci de Marchia cuiusdam dicti in sermone domini Iohannis pape, scilicet [quod] Christus homo ut homo non regnabit post finale iudicium"). È probabile che la partecipazione di F. sia stata intensa e attiva e la sua paternità per altri scritti debba ancora essere accertata con analisi più accurate e approfondite. Con l'avvento del pontificato di Benedetto XII Ludovico però avviò un'azione di riavvicinamento verso la Curia papale, che comportò, necessariamente, una progressiva presa di distanza dai dissidenti di Monaco.
Dopo la morte di Bonagrazia da Bergamo e di Michele da Cesena a Monaco, rispettivamente nel 1340 e nel 1342, non riconciliati con l'Ordine e con la Chiesa, il gruppo minoritico monacense andava dissolvendosi. La partenza di F. da Monaco si colloca su questo sfondo: probabilmente egli cadde nelle mani dell'Inquisizione nel 1341 e in queste circostanze ritrattò. Sulle date di questi avvenimenti vi sono però testimonianze discordanti. La maggior parte degli storici colloca la sua riconciliazione con l'Ordine e con la Chiesa tra il 1341 e il 1344. Secondo le più recenti ipotesi (Schneider, 1991), F. venne catturato nel 1341 in Italia, probabilmente nella diocesi di Sabina nella provincia reatina; subito un primo processo a Roma e compiuta una prima ritrattazione, venne poi inviato ad Avignone per l'intenzione di Clemente VI di dare alla sua ritrattazione un valore esemplare. Di fatto, nella lettera diretta a Fortanerio, ministro generale dell'Ordine dei frati minori (Avignone, 17 giugno 1344), Clemente VI assolse i michelisti pentiti che avessero sottoscritto quanto F. "dudum coram nobis professus fuit, recognovit, asseruit, et promisit". F. fu infine reintegrato nelle sue cariche anteriori.
Dopo il 1344 non abbiamo più alcuna sua notizia: non pare inverosimile supporre che sia morto per la peste che infuriò qualche anno più tardi in Europa.
Schneider, nel 1991, ha proposto la suddivisione degli scritti di F. in scientifici e polemici. Fra i primi, rilievo particolare ha il Commento alle Sentenzedi Pietro Lombardo, opera principale di F., giunta in diverse redazioni e in numerosi manoscritti e frutto del corso tenuto a Parigi tra il 1319 e il 1320. Commenti aristotelici sono invece la Sententia et compilatio super libros Physicorum; le Quaestiones super I et II librum Metaphysicorum e il Commento alla Metafisica, attribuito in precedenza ad altri autori e solo in tempi recenti assegnato dallo Zimmermann (1972) a Francesco.
Per quanto riguarda gli scritti polemici va notato che gli stretti legami tra i membri del circolo michelista rendono difficile l'attribuzione personale di diversi scritti prodotti dal gruppo. A F. va senz'altro attribuita l'Improbatio, del 1330, contro la bolla Quia vir reprobus e - come si è detto - un altro scritto risalente al 1332, testimoniato nel catalogo della biblioteca di Benedetto XIII del 1415, sul problema della "visio beatifica". L'Improbatio del 1330, edita nel 1993 da N. Mariani, appare di notevole rilevanza e meritevole di un interesse più puntuale e fu utilizzata da Occam nell'Opus nonaginta dierum. A questi scritti va aggiunto, sulla base della testimonianza di Giovanni dalle Celle, anche un trattato - per ora non ritrovato - teso a dimostrare la concordanza delle posizioni di Nicolò III, il papa della Exiit qui seminat (1279), la dichiarazione sulla Regula riferimento costante per le varie tendenze francescane, con quelle di Giovanni XXII.
Noto nel XV secolo come "doctor succinctus" e "doctor praefulgidus", F. fu studiato e commentato - soprattutto per alcune tesi del Commento alle Sentenze - sino all'inizio del XVI secolo, e non solo in ambito francescano.
Gli studi di K. Michalski e di A. Maier, a partire dagli anni Venti del nostro secolo, hanno restituito a F. l'attenzione degli studiosi che riconoscono nell'originalità delle sue vedute, in particolare nella filosofia della natura (a proposito della teoria dell'"impetus") un momento importante nell'evoluzione del pensiero basso-medievale.
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