DEL BALZO, Francesco
Figlio di Bertrando, conte di Montescaglioso e duca di Andria e di Margherita d'Aulnay, seconda moglie di Bertrando, nacque probabilmente intorno al 1332 (la maggior parte dei genealogisti lo dice figlio della prima moglie Beatrice d'Angiò, ma questa era già morta nel 1316).
Cresciuto alla corte di Napoli, ove il padre, alto dignitario, fu uno dei protettori del primo marito di Giovanna I, il D. ereditò Andria, con il titolo di duca, alla morte del padre, nel 1347. In questo anno sposò Margherita, figlia di Filippo d'Angiò, sorella quindi di Luigi di Taranto, secondo marito della regina Giovanna. Quando, nel gennaio dell'anno dopo, Giovanna, sotto l'incalzare dell'esercito di Luigi d'Angiò, abbandonò Napoli per fuggire in Provenza, il D. fu nominato governatore della città, che, tuttavia, cadde subito nelle mani dell'Angiò. Dopo il ritorno della regina a Napoli, il D. rimase nella città, dove gli nacquero i figli, Giacomo e Antonia, e dove, nel 1350, fu testimone dell'atto con cui la regina Giovanna revocò le credenziali concesse ad Ugo Del Balzo. Soggiornò successivamente, ma in epoca imprecisata, ad Andria per tre anni e dal 1367 si pose in contrasto con il cognato, Filippo di Taranto, tanto da provocare la venuta in Puglia della compagnia di Ambrogio Visconti, che arrecò gravi danni alla regione.
Già dal 1371 Gregorio XI, che, salito al soglio pontificio l'anno prima, era legato da vincoli di parentela con il D., concepì il disegno di dare in isposa a Federico re di Sicilia la figlia del D., Antonia. Più lettere del papa da quell'epoca esortavano, infatti, il sovrano a desistere dal progetto di sposare una Visconti e di accettare invece di impalmare la Del Balzo. Il matrimonio si concluse - e si celebrò a Palermo - quando il re e Giovanna I firmarono l'accordo del 2 marzo 1373. Allorché nel novembre del medesimo anno venne a morte Filippo di Taranto, l'ultimo cognato superstite del D., tutti i beni del principato di Taranto pervennero al figlio del D., che si trovava ancora sotto la tutela paterna. Anche attraverso i figli, quindi, egli aveva acquistato una posizione di notevole importanza fra i baroni del Regno.Almeno dal dicembre dell'anno precedente, però, il D. era venuto in contrasto con i Sanseverino per motivi patrimoniali riguardanti la città di Matera. I Sanseverino si appellarono alla regina, affinché nominasse degli arbitri. Il D. fu convocato più volte dalla regina, ma non si presentò, provocandone la reazione armata, mentre il papa rivolgeva alle parti in contrasto esortazioni alla pace. Non manca fra gli storici chi ritenne il D. un amante della sovrana, pervenuto alla rovina perché caduto successivamente in disgrazia. Abbandonati i feudi pugliesi, il D. si ritirò in quelli di Terra di Lavoro; resistette a Teano, assediata dalle forze regie, per qualche tempo, ma fattasi critica la situazione, dopo un'allocuzione ai cittadini, cui raccomandò la moglie e la città, si sottrasse all'assedio. Era il 10 dic. 1373.
Il D. si portò poi a Montescaglioso, in Basilicata, e nel gennaio dell'anno successivo si diffuse la voce che era stata stipulata fra lui ed i Sanseverino una tregua di un anno. Gli interventi di Gregorio XI si moltiplicarono: nel marzo il papa raccomandava a Giovanna I la moglie del D., nello stesso mese esortava il duca a sottomettersi alla sovrana e quest'ultima ad accoglierlo benevolmente ed a far sì che egli addivenisse ad un accordo con i Sanseverino; spedì inoltre al D. un suo cappellano che gli parlasse "de viis et modis utilibus pro pace stabilienda"; nel maggio inviò un nunzio allo scopo di riportare la pace fra le parti. Ma ormai già dall'8 aprile il D. era stato processato e condannato per lesa maestà; i suoi feudi furono confiscati ed egli fu dichiarato ribelle.
Il D. si recò allora ad Avignone, dove Gregorio XI lo accolse benevolmente, dimostrandogli comprensione e accordandogli aiuti. In Provenza il D. riorganizzò le sue forze, raccogliendo denari e assoldando uomini. Completati i preparativi, si riportò nel Regno e il 23 dicembre dello stesso 1374 rientrò con la forza a Teano. Aveva intenzione di riconquistare tutto il suo Stato, senza esitare per questo a mettersi contro la regina. Si avviò, quindi minacciosamente verso Napoli e, dopo aver conquistato Capua, giunse ad Anversa. Nel vicino casale di Casaluce incontrò, però, Raimondo Del Balzo, conte di Soleto, che lo convinse ad abbandonare l'impresa, ricordandogli fra l'altro che la moglie si trovava a Napoli in mano di Giovanna I. Il D. allora manifestò i gravi problemi che lo angustiavano, anche volendo desistere dall'impresa: egli infatti, si era impegnato con i suoi assoldati a somministrar loro 18 fiorini per lancia. Dietro consiglio di Raimondo, condusse gli uomini in Puglia, ad Andria. Di qui, abbandonando le truppe, raggiunse Barletta, dove si imbarcò per la Provenza. I soldati per rifarsi saccheggiarono Andria e furono poi tacitati dalla regina, che versò loro 60.000 fiorini.
Per alcuni anni si perdono le tracce del D., che comunque all'inizio del grande scisma parteggiò immediatamente per il papa di Roma, visto che la sua grande avversaria, la regina, sosteneva quello di Avignone. Inoltre pare che incitasse Carlo di Durazzo ad impadronirsi del Regno e quando questi nel 1381 lo conquistò e prese prigioniera Giovanna, egli poté rientrare in possesso della maggior parte dei suoi feudi e si imparentò con il re, ottenendo in moglie per il figlio Giacomo Agnese d'Angiò Durazzo cognata del sovrano. Questo figlio del D., però, morì nel 1383 e il padre fece erigere un mausoleo nella chiesa di S. Cataldo a Taranto. Intanto il D. era rimasto vedovo e, probabilmente nel 1381, aveva sposato in seconde nozze Sveva di Nicola Orsini, da cui ebbe Guglielmo e Bianchino. Di essi, il primo sposò nel 1406 Antonia di Federico conte di Bisceglie, e fu nominato dal padre erede universale, essendo stato Bianchino diseredato, come "uomo di mala vita". Mancano ulteriori notizie sul D.: secondo il D'Urso avrebbe fatto testamento il 23 aprile 1420.
Fonti e Bibl.: I Diurnali del duca di Monteleone, in Rer. Italic. Script., 2 ed., XXI, 5, a cura di M. Manfredi, pp. 7, 11-17; Lettres secrètes et curiales du pape Grégoire XI... relatives à la France..., a cura di L. Mirot-H. Jassemin, I, Paris 1935, col. 302; III, ibid. 1942, col. 713; IV, ibid. 1955, coll. 761, 769, 801, 822, 836 ss., 853, 859, 882, 892 s., 905 s., 931, 988, 990 s., 1006, 1013, 1022, 1041 s., 1063 s., 1080 s., 1120 s.; Lettres secrètes et curiales du Pape Grégoire XI... intéressant les pays autres que la France..., a cura di G. Mollat, I, Paris 1962, pp. 50, 61 s., 66, 91, 96, 98 s., 174, 182 s., 282, 303, 310; II, ibid. 1963, pp. 2, 4 s., 21; S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, II, Firenze 1651, pp. 242 s.; P. Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, IV, Napoli 1770, pp. 96 ss.; R. D'Urso, Storia ... di Andria, Napoli 1842, pp. 90-112; B. Capasso, Due scritture riguarda la storia napol. nella secondametà del sec. XIV, in Arch. stor. per le prov. napol., VI (1881), pp. 314-29 (con indicaz. di ulter. fonti); M. Camera, Elucubrazioni... su Giovanna I regina di Napoli, Salerno 1889, pp. 93, 105, 122 s., 274; E.-G. Léonard, Histoire de Jeanne Ire..., I, Paris 1932, pp. 684, 707 s.; II, ibid. 1932, pp. 116, 223, 262, 270, 277, 279 s., 312, 361, 462; III, ibid. 1938, pp. 40, 185, 189, 340, 562, 579 s., 594, 607; Id., Les Angevins de Naples, Paris 1954, pp. 384, 417, 431, 448, 450, 458, 536 (con ulter. bibl.); C. De Frede, Da Carlo I d'Angiò a Giovanna I, in Storia di Napoli, III, Napoli 1969, pp. 285 ss., 309 s.; B. Candida Gonzaga, Mem. delle famiglie nobili..., II, Napoli 1875, p. 12; P. Litta, Le famiglie celebri ital., s.v. Orsini, tav. XI.