DE SANCTIS, Francesco
Nato a Roma il 19 nov. 1679 da Pietro Paolo ed Elena Arpini (Settimi, 1989, p. 113), registrato come architetto negli Stati d'anime della parrocchia di S. Lorenzo in Lucina a partire dal 1715, sottoscrive alcune perizie di falegnameria per i carmelitani nel 1707-1708 (ibid.), mentre nel 1717 appare in qualità di architetto nel convento di S. Lorenzo in Lucina a Roma.
Questo lavoro, che lo impegnò fino alla morte, consisteva in interventi architettonici di secondaria importanza come la costruzione e manutenzione di abitazioni di proprietà del convento.
Sempre nel 1717, o poco dopo, divenne architetto dell'Ordine dei minimi per il quale progettò la scalinata di Trinità dei Monti. All'inizio del 1720 divenne architetto di S. Egidio in Trastevere, dove nel 1723 realizzò una consistente opera di ampliamento, e dell'ospizio della Trinità dei Pellegrini, al quale restò legato fino alla morte e per il quale progettò l'altra sua importante opera architettonica: la facciata dell'annessa chiesa.
La costruzione della facciata della Trinità dei Pellegrini ed il ruolo avutovi dal D. sono esaurientemente documentati in alcuni manoscritti conservati nell'Archivio di Stato di Roma.
La decisione di costruire una nuova facciata per la vecchia chiesa dell'ospizio (1603-16) e di affidarne il progetto al D. risale agli inizi del 1722. L'opera, finanziata dal mercante di tessuti Giovanni Battista De' Rossi, fu iniziata nello stesso anno e portata a termine sotto la direzione di G. Sardi nel giugno del 1723, ad eccezione delle sculture di Bernardino Ludovisi (gli Evangelisti, nelle quattro nicchie). Nella struttura compositiva la facciata della Trinità dei Pellegrini segue, nel complesso, un tipo tradizionaledi facciata romana, reinterpretandolo, però, in modo originale. L'aggetto della parte centrale, alta e stretta, incurvata in tesa concavità, è enfatizzata dalla contrazione degli spazi laterali: si aumenta così l'impressione di notevole altezza già determinata dalle proporzioni della facciata. La verticalità è accentuata dalla sovrapposizione di due ordini identici e dalla ripetizione degli elementi verticali lungo tutta l'altezza. L'andamento concavo della sezione centrale è esaltato da un'insolita inversione di rapporto tra la parte mediana e quelle laterali che sono poste in maggiore evidenza: sono infatti più larghe e sporgenti e sono più riccamente articolate e ornate.
Nel suo progetto il D. unì ad un ornamento caratteristico del rococò romano - le cornici della nicchia - un trattamento e una vigorosa articolazione plastica della parete che conferisce a questa facciata un aspetto monumentale. Stilisticamente l'opera risente della divergenza tra le due opposte correnti architettoniche coesistenti a Roma nella prima metà del diciottesimo secolo: il più delicato barocchetto e il tardo barocco monumentale.
Sempre per l'ospizio della Trinità dei Pellegrini, nello stesso periodo (1723-24), il D. progettò e costruì il monumento funebre parietale per il Marchese Alessandro Raimondi - unodei benefattori di questa istituzione - che fu eretto in un piccolo vano tra l'ospizio e la sagrestia della chiesa.
Il progetto, consistente in un'alta piramide tronca con un medaglione raffigurante il busto del marchese e la figura alata della Morte che stende il sudario (scolpiti entrambi da G. Riccardi), deriva fondamentalmente dalle tombe - esso prosegue, commemorative del Bernini. con accenti più aggraziati, la tradizione barocca dei monumenti funebri.
Capolavoro del D. è la scalinata di Trinità dei Monti a Roma, costruita tra il 1723 e il 1726 per l'Ordine dei minimi cui apparteneva il terreno scosceso antistante la loro chiesa. L'idea di costruire una grande scalinata in questo sito risaliva alla metà del sesto decennio del secolo precedente, ma il problema fu affrontato concretamente solo nel 1717 durante il papato di Clemente XI.
In questo frangente iniziò una lunga battaglia tra i minimi e il tribunale romano delle Strade, per la giurisdizione sul progetto e sulla costruzione della scalinata; furono presentati al papa diversi progetti, in alternativa, dal D. come architetto dei minimi, da Sebastiano Cipriani, come "architetto delle strade" e da Alessandro Specchi come "architetto camerale". Dopo una stasi di due anni seguita alla morte di Clemente XI, il modello del D. fu finalmente approvato, nell'ottobre 1723, da papa Innocenzo XIII, e poco dopo un disegno del progetto stesso fu inviato in Francia dove ottenne il consenso di Luigi XV. La costruzione della scalinata ebbe inizio il 25 nov. 1723 e fu portata a termine verso la fine del 1726 insieme con i due edifici di abitazione su piazza di Spagna, che ne fiancheggiano la base (per le varie fasi della costruzione, cfr. anche Diario ordinario d'Hungheria, in Notizie..., 1982, pp. 112, nn. 959, 967, 113 n. 1085, 114 n. 1203, 115 n. 1251, 118 n. 1741).
Il progetto del D. è senza dubbio il più originale tra quelli che si conservano, presentati dal diciassettesimo secolo in poi. Le varie parti del complesso, ad eccezione del culmine e delle rampe inferiori, sono divise a settori e interdipendenti. Ne risulta una sequenza irregolare di curve e interruzioni che risolvono felicemente il difficile passaggio tra la facciata della chiesa della Trinità, in alto, e la fontana della Barcaccia con via Condotti, in basso, che non sono in asse tra loro. Il progetto del D., inoltre, risolve nel modo più ingegnoso il problema del ripido pendio: materialmente spezza la lunga salita con brevi rampe di scale e frequenti riposanti tratti piani; psicologicamente attira l'attenzione visiva del fruitore più sui tratti di riposo che sulle salite. Le terrazze, di fatto, dominano la composizione poiché gli ampi pianerottoli e i loro parapetti sono usati per controbilanciare la prima rampa di gradini. Questo sistema di terrazze costituisce un magnifico basamento per la facciata della chiesa e offre uno dei punti di ritrovo più suggestivi di Roma fin dai tempi della sua costruzione. Nel suo progetto il D. riuscì a creare una perfetta sintesi tra i due stili contrastanti che caratterizzavano l'architettura romana del diciottesimo secolo. La sinuosità e l'agile fluidità dell'insieme, che permette un mirabile adattamento della scala alla natura del terreno, si inseriscono chiaramente nel locale linguaggio rococò, ma la grandiosità scenografica del complesso è in pieno accordo con la tradizione monumentale del barocco romano.
Due anni dopo il completamento della scalinata, i muri di sostegno del viale del Pincio, costruiti contemporaneamente, crollarono a causa di piogge torrenziali e di difetti di costruzione, provocando seri danni in più parti della scalinata stessa. Sebbene la responsabilità fosse stata attribuita soprattutto al muratore e agli "scarpellini", i frati nel settembre 1728 "fecero personalmente citare il De Sanctis architetto e gli capimastri Bianchi e Sardi, pretendendo che ad essi spetti la spesa da farsi in rifare la muraglia caduta, siccome anche la scala che fa segno di patire" (F. Valesio, Diario di Roma, a cura di G. Scano, IV, Milano 1978, p. 999). La reputazione del D. come architetto ne risentì in modo molto negativo. La sua attività si ridusse così, dopo il 1726, a modesti lavori presso le due chiese alle quali era da tempo legato.
Morì a Roma il 26 marzo del 1731 ed è seppellito nella chiesa di S. Giuseppe dei Falegnami (Settimi, 1989, p. 118).
Fonti e Bibl.: Notizie sull'architettura nel Settecento a Roma (1718-1760), Dal "Diario d'Hungheria", a cura di N. A. Mallory, in Bollettinod'arte, 1982, 13, pp. 112-115, 118; P. Rossini, Il mercurio errante delle grandezze di Roma, Roma 1741, p. 99; R. Roisecco, Roma antica e moderna, Roma 1745, I, pp. 614 s.; II, p. 157; G. Vasi, Delle magnificenze di Roma antica e moderna, II, Roma 1752, pp. 51-53; IX, ibid. 1759, pp. 50-52; F. Titi, Descrizione delle pitture, sculture e archit. esposte al pubblico in Roma, Roma 1763, p. 103; A. de Montaiglon-J. Guiffrey, Corresp. des directeurs de l'Academie de France à Rome avec les surintendents des Bátiments, VI, Paris 1896, pp. 287, 290 ss., 296-303, 305 s., 308, 314; VII, Paris 1897, pp. 8, 35 ss., 55 ss., 61 s., 78 s., 81, 85 s., 158, 232, 266 s., 459-61, 474-478; VIII, Paris 1898, pp. 186 s., 268; E. Hempel, Die Spanische Treppe, in Festschrift H. Wölfflin, München 1924, pp. 273-290; C. Bandini, La scalinata di piazza di Spagna, in Capitolium, VII (1931), pp. 327-340; P. Pecchiai, La scalinata di Piazza di Spagna, Roma 1941, pp. 37-59;M. Loret, La scalinata della Trinità dei Monti vista dal suo autore, in Atti d. V Congresso naz. di studi romani, Roma 1942, III, pp. 456-462; P. Portoghesi, Roma barocca, Roma 1966, pp. 341 ss.; W. Lotz, Die Spanische Treppe. Architektur als Mittel der Diplomatie, in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, XII (1969), pp. 3994;N. A. Mallory, Roman Rococo architecture from Clement XI to Benedict XIV (1700-1758), New York-London 1977, pp. 76-101; S. Vasco Rocca, SS. Trinità dei Pellegrini, Roma 1979, ad Indicem; E. Settimi, Notizie d'archivio sull'opera di F. D. ..., in Palladio, II (1989), 4, pp. 113-126; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXIX, pp. 449 s. (sub voce Santis, Francesco de); Diz. enc. di architettura e urbanistica..., II, p. 161; The Macmillan Encyclopedia of architects, New York 1982, I, pp. 565 s.