DAVANZATI, Francesco
Nacque a Firenze il 26 febbr. 1457 da Lorenzo di Piero e da Doratea Boni.
La famiglia, che trasse il nome da un Davanzato vissuto intorno alla metà del sec. XIII, aveva la sua abitazione nel popolo di S. Trinita nel quartiere di S. Maria Novella. I suoi membri esercitarono fin dai tempi più antichi l'arte del cambio, in cui tennero più volte il consolato.
Lo stesso D. vi fu matricolato, nel febbraio 1480, "propter beneficium patris absque solutione aliqua" con i fratelli Bernardo, Piero, Giovanfrancesco e Cosimo.
Il D. segui la carriera politica comune ai membri delle famiglie più in vista dell'epoca e infatti nel 1488, 1497 e 1502 fu dei Priori e nello stesso arco di tempo ricoprì vari uffici nel dominio fiorentino.
Probabilmente non dovette essere estranea al D. una certa opposizione al prepotere mediceo, se si deve dar credito al Marchese che lo annovera con Piero Capponi, Giovanni Ridolfi, Giovanni Cambi e Francesco Valori tra quei giovani di buoni costumi che mal sopportavano la corruzione e "l'obbrobrioso servaggio" imposto dai Medici a Firenze. Il Marchese comunque non suffraga le sue affermazioni con documenti.
È un fatto rimarchevole tuttavia che il D. abbia ricoperto cariche pubbliche più o meno equivalenti, sia prima che dopo la cacciata dei Medici e poi anche dopo il loro ritorno nel 1512. Non solo, ma il suo atteggiamento appare abbastanza ossequiente verso il potere mediceo, come sembrano dimostrare le lettere a Piero de' Medici nel 1493, quando il D. era vicario del Valdarno. Ed anche significativo è il fatto che né il D. né alcuno della sua famiglia abbiano subito rovesci o condanne in seguito ai mutamenti di indirizzo politico del suo tempo quando, a Firenze, la vittoria di un partito con la conseguente conquista del potere significava inevitabilmente la rovina degli aderenti al partito avverso. Il tutto rende di difficile interpretazione la vicenda del D., anche quando l'aver preso parte a determinati avvenimenti sembra collocarlo inequivocabilmente da una parte piuttosto che da un'altra. Ed è proprio questo il caso della sua partecipazione agli avvenimenti che, a Firenze tra il 1490 e il 1498, ruotarono attorno alla figura di Girolamo Savonarola.
Anzitutto non è chiara la posizione dei D. tra i partigiani del frate, ad esempio non è mai citato come piagnone nelle testimonianze o nei verbali dei processi istruiti contro il Savonarola, bensì solo genericamente come amico e frequentatore del convento di S. Marco nel processo falsificato di fra' Domenico Buonvicini da Pescia ed in quello di fra' Silvestro Maruffi da Firenze. Tuttavia è certo che il Savonarola si servì di lui come "mezano" per fargli fare delle "imbasciate" presso le magistrature della città, e però non è fra i firmatari della lettera indirizzata al papa in favore del frate per iniziativa di alcuni seguaci, ed il D. stesso nella sua deposizione dice di non saperne nulla. La documentazione è comunque concorde nel testimoniare la presenza del D. non solo fra gli aderenti alla fazione politica favorevole al Savonarola, ma anche la sua partecipazione ad alcuni importanti episodi della vita politica fiorentina di quegli anni. P, certo, ad esempio, che partecipò a cerimonie religiose organizzate dal Savonarola e che il giorno della prova del fuoco si presentò armato in piazza della Signoria, come egli stesso ammette nel suo interrogatorio.
Tuttavia il suo gesto più clamoroso rimane la difesa del convento di S. Marco. Su richiesta di fra' Francesco de' Medici fornì al convento varie e numerose armi di sua proprietà; in questo senso tutte le testimonianze sono concordi e lo confessa egli stesso. Il giorno 8 apr. 1498, domenica delle Palme, fin dal mattino si presentò al convento armato. e quando, dopo il vespro, presso il duomo cominciarono i disordini e i tafferugli fra gli arrabbiati e i piagnoni ed i compagnacci armati erano intenzionati a dare l'assalto a S. Marco, il D. prese senz'altro l'iniziativa: distribuì le armi che aveva fornito, impedì l'uscita dal convento del Savonarola che, temendo spargimento di sangue, voleva darsi in balia dei suoi nemici, e si apprestò a difendere il convento dalla furia degli assalitori. Nel momento in cui gli aggressori tentarono di entrare nel convento, il D. con altri cittadini ed alcuni frati ne respinse l'assalto e vi rimase ferito piuttosto gravemente.
Il seguito degli avvenimenti doveva portare all'arresto del Savonarola, di fra' Domenico, di fra' Silvestro e di molti cittadini presenti in quella drammatica sera a S. Marco. Il D. fu arrestato, inquisito e sentito come testimone contro i tre frati e di poi processato insieme con altri e condannato dagli Otto di guardia e balia, il 30 apr. 1498, ad una multa di 50 fiorini d'oro ed alla privazione degli uffici intrinseci ed estrinseci per due anni, e se non avesse pagato la multa entro un mese, oltre alla privazione degli uffici che comunque rimaneva, avrebbe dovuto essere confinato fuori della città di Firenze per tre anni.
Il D. fu certamente una figura di secondo piano del partito savonaroliano e tuttavia, probabilmente, fu anche un sincero ammiratore del Savonarola, se dopo la sua morte conservò presso di sé una sua cappa, come attesta il Razzi. Questo però non gli impedì di minimizzare la sua posizione nel processo che subì; negò, ad esempio, di aver usato armi atte ad offendere in occasione della difesa di S. Marco, tanto da ottenere una delle condanne più lievi.
La condanna del D. fu senz'altro efficace: infatti, essendo stato estratto, quell'anno, all'ufficio di capitano di Cortona, ne fu privato prima dell'inizio. Tuttavia questi avvenimenti non nocquero alla sua carriera politica; infatti ricoprì ancora vari altri uffici intrinseci ed estrinseci: fu priore nel 1502 e a cavallo tra il 1503 e il 1504. per sedare lotte intestine sorte tra le fazioni dei Cancellieri e dei Panciatichi, fu mandato provveditore a Pistoia dove godeva di ottima fama, tanto che ancora nel 1519 vi fu capitano. Nel 1518 tenne la podesteria di San Gimignano e nel 1521 quella di Pisa, anche quando, dopo il 1512, con il ritorno dei Medici mutò a Firenze la situazione politica. Nel 1520, dal 10 novembre, tenne la carica di gonfaloniere di Giustizia.
Il D. morì a Firenze nel 1523.
Aveva sposato nel 1487 Maria di Andrea Gherardi e in seconde nozze Caterina di Piero Cioni.
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