DAMIANI (Dagmiani, Dammiani, D'Ammiani), Francesco
Figlio di Raniero, e non di Domenico come indicano taluni, nacque a Pisa probabilmente nei primi anni del Trecento. Si addottorò in utroque iure, ma non sappiamo presso quale università.
I Damiani, di origine popolare, erano tra i maggiori esponenti della fazione Raspante: il padre del D., Raniero, e il fratello dei D., Giovanni, entrambi giurisperiti, furono più volte nel Consiglio degli anziani e ricevettero diversi incarichi politici e diplomatici dal Comune.
Nel marzo-aprile 1338 il D. è annoverato per la prima volta tra gli Anziani della città di Pisa, indicatovi con il titolo di iudex: a questa data, quindi, doveva aver superato i trenta anni, età minima richiesta dalle leggi comunali per poter ricoprire tale carica. Da questo momento e per tutto il decennio 1338-1348, durante il quale la vita politica toscana fu caratterizzata dai tentativi egemonici di Firenze e da quelli espansionistici di Milano, il D. fu ai vertici della vita politica pisana. Anziano nel gennaio-febbraio 1340 per il quartiere del Ponte (la famiglia Damiani abitava, infatti, nella cappella di S. Eufrasia, nei pressi della chiesa di S. Pietro in Cortevecchia, ora S. Rocco), ricopri ancora la stessa carica, nel luglio 1342, quando i Pisani, dopo un lungo assedio, conquistarono Lucca sottraendola ai Fiorentini e la sottoposero al loro controllo. Subito dopo Pisa si trovò impegnata nella guerra contro i Milanesi, accorsi in aiuto del vescovo di Luni, cognato di Luchino Visconti, che rivendicava alla propria diocesi territori del Comune pisano. Il D. fu ancora degli Anziani nel settembre-ottobre 1344, anno in cui il Roncioni colloca una sua ambasceria presso gli Aretini. Nel 1345 fu inviato a Milano, insieme con Rosso Zaci e altri ambasciatori, per concludere con il Visconti un trattato che ponesse fine alla guerra in atto dal 1343 tra i due Comuni. Con la mediazione di Filippo Gonzaga il trattato di pace venne poi sottoscritto dalle parti a Pietrasanta il 16 maggio 1345.
Nel 1347, alla morte di Raniero Della Gherardesca, signore di Pisa, riprese vivace nel Comune la lotta tra la fazione dei Bergolini, che lamentavano l'esclusione dagli uffici più importanti, e quella dei Raspanti. Alla fine dell'anno i primi riuscirono a prevalere e ad esiliare alcuni tra i più rappresentativi esponenti della fazione avversa. Il D. non fu tra gli esiliati: nel 1348 lo troviamo a svolgere; insieme con Giovanni Dell'Agnello, un'ambasceria a Napoli per conto del Comune. È probabile, però, che successivamente anche il D. fosse colpito dal bando: a partire dal 1349, infatti, egli non risiedette più a Pisa. Nel 1349 risulta a Bologna presso il cui Studio leggeva l'Infortiatum; e nella stessa città rimase anche nel 1350, quando ebbe l'incarico di leggere il Digestum novum con salario annuo di 100 fiorini d'oro. Nello Studio bolognese il D. insegnò fino al 21 genn. 1353, quando fu sostituito dal suo concittadino Francesco Tigrimi.
Nel 1355 la situazione politica di Pisa si modificò in seguito alla discesa in Italia di Carlo IV di Lussemburgo, che indusse i Bergolini ad accettare il ritorno dei Raspanti in città e a dividere con essi il governo comunale. Non sappiamo quando il D. fece ritorno a Pisa: comunque lo troviamo nel marzo 1355 tra gli ambasciatori di parte Raspante che formavano la rappresentanza ufficiale della città inviata dagli Anziani al seguito dell'imperatore che si recava a Roma per l'incoronazione. Tornato Carlo IV a Pisa, la sua contraddittoria politica suscitò in città gran malcontento: ne seppero approfittare i Raspanti per esautorare la fazione avversa ed impadronirsi del governo dei Comune. Seguirono a danno degli esponenti del partito bergolino sentenze capitali e provvedimenti di espulsione contro i sospetti. Nel giugno 1355 il D. fece parte dei Savi chiamati a pronunciarsi su tali provvedimenti. L'anno successivo fu ancora dei Savi aggiunti agli Anziani per provvedere alla riforma degli uffici e dei salari. Nel marzo 1357, insieme con Giovanni Dell'Agnello, futuro signore di Pisa, fu di nuovo inviato a Napoli.
La controversia sorta con il Regno, relativa all'inadempiuto obbligo contratto dai Pisani verso Carlo e Roberto d'Angiò di aiutarli al recupero della Sicilia con cinque galee armate oppure con 7.500 fiorini d'oro già si protraeva da diversi anni. Le trattative furono concluse il 31 marzo 1357 con atto di transazione in virtù del quale Pisa si impegnava a versare 7.500 fiorini di cui oltre 3.000 provenienti dalle casse del Comune, altri 3.000 circa dai beni sequestrati dai re napoletani ai mercanti pisani in Napoli, mentre i rimanenti 1.500 circa vennero versati direttamente da Piero Dell'Agnello nel giugno 1357.
Il D. fu ancora tra gli Anziani nel gennaio-febbraio 1358, nel 1360, nel 1362 ed infine nel luglio-agosto 1363, anni particolarmente difficili per Pisa a causa dei contrasti con Firenze. Dopo l'agosto 1363 non abbiamo altra notizia su di lui: sappiamo solo che fu sepolto nella tomba di famiglia nella chiesa di S. Caterina dei padri predicatori. Non sappiamo se il D. si sposò e se ebbe figli.
Il D. insegnò nello Studio pisano dopo il suo rientro in patria nel 1359. Delle sue opere ci è rimasta una repetitio, De praeteritione, conservata nel cod. Nazionale, II, I,64 della Biblioteca nazionale di Firenze, cc. 265r267v, e nel cod. Vat. lat. 8069, della Bibl. Ap. Vaticana, c. 206r (cfr. F. Liotta-A. Canipitelli, Notizie del Vat. lat. 8069, in Annali di storia del diritto, V[1961-62], p. 397).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Pisa, Comune, div. A, n. 27, fascicolo 10; n. 60, cc. 33ª-34ª-35ª; n. 74, c. 181v; n. 131, c. IIr; Firenze, Biblioteca nazionale, Palat. 837: Abbozzo di memorie, notizie, osservazioni sopra so uomini illustri pisani, cc. 69rv; R. Roncioni, Istorie pisane, in Arch. stor. ital., IV (1844), 1, pp. 799, 810, 825; Breve Vetus, seu Chronica... Pisarum, a cura di F. Bonaini, ibid., VI (1845), 2, pp. 701 s., 705 s.s 722, 726, 728, 730; R. Sardo, Cronaca di Pisa, a cura di O. Banti, Roma 1963, p. 115; Raccolta di opusc. scient. e filol., a cura di A. Calogerà, XXIII, Venezia 1739, pp. 63 s.; XXV, ibid. 1739, p. 12; A. Fabronii, Historiae Acad. Pisanae, Pisis1791, I, p. 71; R. Roncioni, Delle fam. pisane…, Firenze 1846, pp. 960, 962; P. Silva, LoStudio pisano e l'insegn. della grammatica nella seconda metà del sec. XIV, in Racc. di studi di storia e di crit. lett. dedicata a F. Flamini da' suoi discepoli, Pisa 1918, pp. 476 s.; F. Landogna, Maestri e scolari Pisani nello Studio di Bologna tra il sec. XII e la metà del XIV, in Arch. stor. ital., LXXXIV (1926), pp. 190, 222 s.; G. Pirchan Italien und Kaiser Karl IV. in der Zeit seiner zweiten Romfahrt, Reichenberg 1930, I, p. 294; Cat. delle mostra stor. dell'università di Pisa (29 maggio-31 ott. 1946), Pisa 1946, p. 11; B. Casini, Gli anziani ed i priori del Comune di Pisa secondo il priorista Cini, in Bullett. senese di storia patria, LXX (1963), p. 183; Id., Inventario dell'Arch. del Comune di Pisa, Livorno 1969, p. 89; M. Tangheroni, Politica, commercio, agric. a Pisa nel Trecento, Pisa 1973, p. 100.