Dall'Ongaro, Francesco
Il culto del poeta veneto (Mansuè, Treviso, 1808 - Napoli 1873) per D. è documentato non solo dall'uso frequente, tra popolaresco e sentenzioso, di elementi lessicali attinti alla Commedia, ma anche dal suo proporsi, non senza ingenuità, come ritratto dell'Alighieri riconoscendo a sé e a lui una comune qualità di esiliato e un analogo sospiro verso la patria lontana. Nel periodo infatti del suo esilio, tra il 1849 e il 1858 in Francia e Belgio (ma anche a Trieste e a Firenze), questi temi appaiono di frequente nelle sue conferenze e letture dantesche, intrecciandosi con le forzature nazionalistiche, comuni alla pubblicistica risorgimentale. Più interessanti gli studi degli anni posteriori all'unità, quando, ottenuta la cattedra di letteratura drammatica alle università di Firenze e di Napoli, tentò una lettura tipologica della Commedia, d'impianto positivistico ma senza gli aridi schematismi della scuola. Nello studio Bellezza drammatica della D. C. (1865) definì " forza drammatica " l'attitudine a foggiare caratteri e a farli parlare in modo autonomo e vario, in un serrato dialogo con il poeta diventato anch'esso personaggio. Una nuova drammaturgia, secondo il Dall'Ongaro, potrebbe essere suggerita proprio dai temi danteschi, non più infrenati da scrupoli e censure: " Abbiamo noi pure il nostro Virgilio: la scienza, e la nostra Beatrice: la libertà ". Anche la lingua di D. " vicina alle sorgenti popolari... non passata per la trafila de' grammatici e de' pedanti " potrebbe essere esemplare di quest'ipotetica e velleitaria ars nova.
Bibl. - Studi danteschi del Dall'Ongaro: Perché il poema di D. sia il più moderno di tutti. Introduz. al corso di conferenze sull'Inferno di D., Firenze 1860; Bellezza drammatica della D.C., in D. e il suo secolo, ibid. 1865, II 841-859. Cfr. A. Vannucci, in " Rivista Enciclopedica " 1854, 262-263; M. Trabaudi Foscarini, F. Dall'Ongaro, Firenze 1925.