FRANCESCO da Rimini
Le prime notizie relative a F., entrato in anno non precisato nell'Ordine francescano, risalgono al 1423, quando era "biblicus", primo gradino al baccellierato, nello Studio di Padova; è quindi probabile che sia nato nei primi anni del sec. XV, forse a Rimini.
Nel 1424 F. era a Tolosa e quindi a Parigi, ove si trattenne due anni per completare la sua formazione. Rientrato in Italia, fu attivo in diverse città emiliane; nel 1428 era "baccalarius" nello Studio generale di S. Francesco a Bologna, dove svolse, sempre nella chiesa conventuale, opera di predicazione; nel 1432 era presente nel convento di Imola, dove probabilmente, avendo già conseguito il magistero in un'università a noi ignota, insegnava teologia. Il 2 sett. 1433 la facoltà teologica dell'università di Bologna gli riconobbe la licenza e la laurea in teologia, nonché la sua incorporazione al Collegio teologico e sempre a Bologna F. proseguì la sua attività di lettore in teologia e di predicatore. Il 18 febbr. 1435 venne cooptato nel Collegio teologico dell'università di Ferrara, ove nello stesso anno era anche visitatore e preside del capitolo dei fratelli del Terz'Ordine; presente a Imola alla stesura di un testamento il 17 sett. 1435, nel 1436 era di nuovo a Bologna, dove in vista dell'imminente concilio il ministro generale dell'Ordine, Guglielmo da Casale, dietro mandato di Eugenio IV, convocò l'8 nov. 1437 alcuni teologi francescani, fra i quali F. con Angelo da Perugia e Luca da Siena, incaricandoli dell'esame di questioni attinenti il primato della Chiesa romana e gli attributi divini. Nel 1438 F. partecipò anche alle sessioni del concilio di Ferrara.
Il suo ruolo all'interno della famiglia conventuale non appare quindi secondario. Durante il generalato di Guglielmo da Casale (dal giugno 1430 al 3 febbr. 1442) egli era "socius citramontanus" del ministro, nello stesso periodo quindi in cui Bernardino da Siena - di cui F. si dichiarò amico - era vicario e commissario generale degli osservanti. F. non nascose invece la sua ostilità verso il successore di Guglielmo, Antonio Rusconi, e, tra gli osservanti, per Alberto da Sarteano, di cui denunciò trame contro Bernardino.
Nel settembre 1441 venne incarcerato per motivi non precisati nel convento di Bologna, ma non sappiamo quando fu liberato: già nel novembre 1442, infatti, lo ritroviamo nel convento di Rimini. Le ultime vicende qui narrate non devono aver avuto conseguenze negative per la sua carriera, se il 17 ag. 1444 Eugenio IV gli concesse la facoltà di ricevere un beneficio ecclesiastico; questa facoltà gli fu poi revocata il 22 apr. 1445 per aver ingiuriato a Rimini l'osservante Francesco Piazza, inviato pontificio per la predicazione e la raccolta di denaro in vista della crociata. Nel corso del pontificato di Niccolò V F. richiese la revoca di tale provvedimento che ottenne solo il 5 giugno 1453.
Il 6 marzo 1447 F. tenne nella chiesa di S. Francesco di Rimini (il futuro Tempio Malatestiano) l'orazione funebre in memoria di Eugenio V (morto il 23 febbraio); il 1° luglio 1450, il signore di Cesena Malatesta Novello richiese al preposito e ai canonici della cattedrale di Rimini il loro intervento presso il pontefice per la designazione di F. quale vescovo della città; questi nel frattempo (secondo Sparacio nel 1449, secondo Sbaraglia e Picconi nel 1450) era diventato ministro della provincia minoritica di Bologna. In questa veste, egli ebbe relazioni col cardinale Bessarione e partecipò al capitolo generale di Roma del 1450 e a quello di Assisi del 1455, ove sottoscrisse gli articoli per la concordia tra conventuali e osservanti.
Nel 1458 F. era a Rimini, ove tenne un ciclo di sermoni quaresimali nella chiesa dell'Ordine, e a Venezia. I suoi rapporti con il mondo veneziano dovevano risalire a tempi più remoti, perché conosciamo una lettera indirizzatagli da Leonardo Giustinian anteriore al 1446, riguardante la concessione, in favore di F., di un beneficio ecclesiastico. Quest'ultimo gli venne finalmente elargito solo dopo la sua permanenza a Venezia: l'11 dic. 1459 Pio II gli concedeva infatti le rendite del monastero di S. Giacomo de Palude, nella diocesi di Torcello, già appartenuto a monache cistercensi. Sul beneficio sorgerà in seguito una disputa con le antiche proprietarie, risolta definitivamente da Pio II con una bolla del 3 febbr. 1463. Intorno a questi anni F. svolse anche la funzione di inquisitore nella diocesi di Aquileia e Concordia e a Venezia; in tale veste ebbe scontri e tensioni con alcuni domenicani.
Divenuto nel 1462 vicario generale dell'Ordine per la provincia di Bologna, F. partecipò, nel dicembre di quell'anno, ancora in contraddittorio con esponenti dell'Ordine domenicano, alla celebre disputa svoltasi di fronte a Pio II sul sangue di Cristo. L'ultima notizia a lui relativa si ricava da una bolla del 1° ott. 1469, con cui Paolo II revocava a F. - per il cattivo uso fattone - il beneficio veneziano di S. Giacomo de Palude.
F. dovette morire intorno agli anni Settanta del Quattrocento. Un suo nipote, Gaudenzio, nel luglio 1456 era divenuto canonico "episcopatus Arimini".
Di F. ci è pervenuto un trattatello dal titolo De sanguine Christi, conservato nel Vat. lat. 3705 della Biblioteca apost. Vaticana, dedicato a Pio II e scritto subito dopo la disputa del 1462 a difesa dell'"honor" di Giacomo della Marca. Nel 1954 A. Emmen e C. Piana hanno attribuito a F. il sermone Necdum erant abyssi, sul tema dell'Immacolata Concezione della Vergine Maria. Tradito da numerosi manoscritti, edito due volte a Lovanio nel 1665 e 1666 da Pedro de Alva y Astorga che lo attribuì a Bernardino da Siena, il sermone (in cui si riferisce un intervento immacolista di Duns Scoto) ebbe un grande ruolo nello sviluppo della tesi immacolista nella scuola francescana ed è stato recentemente coinvolto nel dibattito sul contributo di Duns Scoto.
Nel 1978 Piana ha attribuito a F. un atto di accusa (conservato presso l'Archivio di Stato di Bologna, S. Francesco, 339/5082, n. 62) - posteriore al 1460 - contro gli osservanti, fitto di minuti particolari su persone e fatti, brogliaccio che, in vista di una redazione più ampia da parte di "aliquis vir doctus", doveva essere consegnato al generale Giacomo de Sarzuela o al vicario Manfredo da Alba.
Da una nota autografa di F. nel ms. 5 della Biblioteca del Pontificio Ateneo Antoniano di Roma, Čapkun Delić ha dedotto che F. avesse raccolto a suo uso un certo numero di manoscritti.
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