CASTELLO, Francesco da
Figlio di Bettino di Alessio – dei Castello da Gandino di Bergamo, – e di una Lucia, nacque, probabilmente a Verona, intorno al 1447 (Brenzoni, 1962); si firmava Franciscus Betyni, Franciscus Veronensis.
Nel 1470-71 sposò Domenica Benadessi da Peschiera; nel 1495 era testimone a un testamento ed è definito discepolo “Francisci miniatoris” probabilmente Francesco dai Libri. Era ancora vivo nel 1502.
Intorno al 1500 il C. cominciò la decorazione di un messale per il cardinale Domenico Della Rovere, vescovo di Torino, volume custodito attualmente dalla Pierpont Morgan Library, New York (M. 306).
È formato da 158 fogli in folio; essi sono sbocconcellati e molti sono scoloriti dall’umidità, la rilegatura in marocchino rosso con decorazioni dorate è identica ad altre rilegature di volumi provenienti dalla biblioteca del cardinale ora nella Biblioteca nazionale di Torino. Le borchie metalliche sono a forma di scudi dai quali è stato grattato via lo stemma.
Il nome di questo miniatore è sopravvissuto grazie alla bellezza di questo messale, la cui decorazione rivela immaginazione e dinamismo temperato da un buon gusto naturale e da una intelligenza formata sull’educazione classica. Il disegno vigoroso e facile conferisce una ricchezza non usuale alla decorazione del bordo che accompagna le miniature. I personaggi sono alti e robusti con piccole teste tondeggianti e spalle mantegnesche. Le gambe con le caviglie stranamente modellate sono rette da piedi larghi che hanno archi esageratamente alti e le dita aperte. I drappeggi aderiscono alle figure in modo da rilevarne le forme più che nasconderle. I bordi circostanti sono composti da un gran numero di piccole scene a soggetto religioso o simbolico frammiste a figure classiche, putti, mascheroni, gioielli e architetture. L’effetto d’insieme è bellissimo e assai dignitoso.
Al f. 29, in una miniatura con l’Incontro di s. Gioacchino e s. Anna, tra alcuni angioli musicanti sulla destra è l’unica firma completa del messale: “Franciscus Betyni” in lettere d’oro ed è integrata nella composizione (cfr. tav. 48 in Harrsen); le lettere sono uguali a quelle delle altre firme del C. che appaiono nel manoscritto e che alcune volte sono accompagnate dal suo motto “Ab Olimpo suscepimus” o da varianti di esso (più oltre ne diamo un elenco).
Sul f. 2v appare l’emblema del cardinale Domenico tra le lettere S e D che stanno per il suo motto “Soli Deo”; senza il motto l’emblema appare sul f. 119. Nella scena della Crocefissione, tra la Vergine e la croce compare un aureo alberello di rovere; il rovere è usato come decorazione anche altrove. Oltre alla Crocefissione – che comprende una intera pagina, con la Vergine in deliquio, s. Giovanni e Maria Maddalena e un gran numero di cherubini piangenti (quattro dei quali raccolgono in calici il sangue che scorre dalle ferite del Cristo) – l’artista ha dipinto le iniziali istoriate e completate da bordi elaborati dei fogli 2v, 16v, 29 (firmato per esteso), 42, 48v, 51v, 78v (firmato “Francischus veronen. fecit ab Olympo suscepim.”), 81v, 118v (la Crocefissione a piena pagina già citata: sulla croce è la firma “ab Olympo Fr.”; al centro, in basso, il cappello dei cardinale).
Il C. non riuscì a completare l’opera da lui preventivata per il messale. Alcune parti furono dipinte da un miniaturista convenzionale, stilisticamente fiammingo, che riempì gli spazi che rimanevano.
La più grande confusione regna nella bibliografia precedente il 1953 a proposito dei due artisti del M. 306 della Morgan Library. La maggior parte degli autori ha seguito R. H. Evans, il quale ha attribuito le miniature di più elevata qualità a Francesco dai Libri (A catalogue of a select portion of the valuable library of Edward Astle Esq... sold at auction by Mr. Evans..., January 10 [1816], pp. 12 s., n. 246). Altri hanno attribuito a questo miniatore le illustrazioni più scadenti, probabilmente per il colore vivacissimo che le contraddistingue.
Si conosce un’altra iniziale istoriata del C. nel Breviarium Chorale, ms. lat. 739, (119, 10) della Biblioteca comunale di Verona, proveniente dal monastero di S. Zeno. L’iniziale è una U/nus ex duobus/ e rappresenta S. Andrea; l’autenticità è confermata da un’altra forma del motto del C.: “Ex Olimpo”. Di stile più convenzionale del M.306, è probabilmente opera anteriore.
Il volto di S. Andrea ha tratti incisivi, fortemente modellati; i colori sono più scuri e opachi che non quelli delicati usati invece nel ms. di New York. Il particolare tipo fisionomico viene ripetuto in alcune piccole miniature, tagliate da un manoscritto, oggi conservate nel Museo di Castel Vecchio, Verona. Anche queste erano precedentemente,attribuite a Francesco dai Libri e possono servire per dare un’ulteriore idea dello stile del C.: il S. Andrea ne è già un esempio più valido, e il risultato più alto si troverà nel S. Giovanni della Crocefissione nel ms. M.306.
Fonti e Bibl.: F. Riva, Due cimeli per ricordare le “opere infinite” di Francesco dai Libri, in L’Avvenire d’Italia, 8 maggio 1952; M. Harrsen, in Ital. Manuscripts in the Pierpont Morgan Library (catal.), New York 1953, pp. 33 s., ill. 48; F. Riva, Due cimeli di Francesco dai Libri e scuola a New York e a Verona, in Arte veneta, VII (1953), pp. 84-88; R. Brenzoni, Il messale di D. Della Rovere... e il suo miniat. F. da C., in L’Arte, LXI (1962), pp. 139-156 (identifica il miniatore nel C. contraddicendo ricerche preced. pubbl. in Arch. veneto, s. s, XLIV-XI,V [1949], pp. 48-56); A. Daneu Lattanzi, Di alcuni miniatori lombardi... F. da C. riesaminato, in Commentari, XXIII (1972), pp. 225-260 (attribuisce ad un unico Francesco da Castello miniature che non possono, a nostro avviso, essere dello stesso autore del messale della Morgan Library).