FRANCESCO d'Antonio da Viterbo (Francesco d'Antonio Zacchi), detto il Balletta
Non si conosce l'anno di nascita di questo pittore viterbese, figlio di Antonio e di una Lorenza, attivo dal 1430, anno in cui dipinse un dittico, oggi perduto, in un'edicola dedicata alla Madonna Liberatrice a Viterbo.
È superata ormai definitivamente l'ipotesi che F. fosse figlio del pittore Antonio da Viterbo, di cui fu invece quasi coetaneo. Nulla è noto riguardo all'attività del padre; dal testamento di F. redatto nel 1439 durante un periodo di malattia (Corbo, 1977), è possibile conoscere il nome della madre e quello della moglie, Jacoba. F. risiedette in una casa nella contrada di Santa Maria Nuova a Viterbo e tra il 1435 e il 1457 fu chiamato dal Comune a ricoprire le cariche di consigliere e di priore (Signorelli, 1934).
Nella città natale F. poté formare il proprio stile assimilando suggestioni dalla pittura senese e da quella umbro-marchigiana (Grassi, 1955). Del tutto immune dalle novità che andavano contemporaneamente affermando i maggiori maestri fiorentini, F. restò un attardato interprete delle correnti tardogotiche ancora in voga a Viterbo, città in cui la pittura mostrò a lungo un atteggiamento di conservazione delle forme tradizionali. Nel 1441 eseguì per la chiesa di S. Giovanni in Zoccoli a Viterbo il polittico con la Madonna con il Bambino tra i ss. Pietro, Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e Paolo, che è l'unica sua opera firmata e datata oggi nota. Sul predominante carattere arcaizzante delle figure principali, in cui sono stati visti debiti verso il viterbese Matteo Giovannetti (Cavalcaselle - Crowe, 1908) e verso Gentile da Fabriano (van Marle, 1927), si innesta la vena narrativa della predella che, nel caratterizzare vivacemente gli atti miracolosi dell'evangelista Giovanni, rivela la propria radice provinciale e popolaresca.
La cronologia delle altre opere attribuite a F. è basata sul confronto con il polittico di S. Giovanni in Zoccoli, che è comunemente assegnato ad una fase iniziale del percorso artistico del pittore. L'unica opera anteriore è un trittico, attribuitogli da van Marle (1927) - e oggi conservato nella chiesa di S. Lorenzo a Tuscania -, i cui scomparti, dipinti su entrambi i lati, rimandano direttamente alle opere di pittori senesi anteriori di qualche generazione, come Taddeo di Bartolo e Bicci di Lorenzo (Brandi, 1949). L'opera ostenta un gusto gotico-cortese essenzialmente antirinascimentale, tipico della cultura figurativa dei pittori viterbesi della prima metà del XV secolo (Faldi, 1970). Successivo al polittico del 1441, ma di datazione incerta, è invece il polittico, firmato, della chiesa di S. Rosa a Viterbo, che raffigura la Madonna con il Bambino tra le ss. Rosa e Caterina d'Alessandria. Nelle figure del polittico appaiono confermate le ascendenze senesi del pittore (Zeri, 1955), manifestate in una dimensione stilistica ulteriormente aggraziata ed elegante che ben sintetizza le fasi ultime della tradizione del gotico fiorito italiano. Tra il polittico di S. Giovanni in Zoccoli e quello di S. Rosa è da porre un affresco, staccato, proveniente dalla chiesa di S. Maria in Gradi e attualmente conservato al Museo civico di Viterbo (Faldi, 1970). Di esso, mutilo su tutti i lati, si conserva la parte centrale raffigurante la Madonna in trono con il Bambinoe un donatore adorante (figura, quest'ultima, eseguita in scala ridotta rispetto alle altre). La piena adesione di F. alla tradizione della pittura tardomedievale, vivace ed elegante allo stesso tempo, è qui richiamata dalla fattura del trono, ricco di ornati, e dal particolare del Bambino che gioca con un cardellino tenuto al laccio.
Ad una fase tarda dell'opera di F., che si può far risalire a dopo la metà del secolo, appartengono le due cappelle affrescate nella chiesa viterbese di S. Maria Nuova. Nella prima sono raffigurati la Madonna con il Bambino, assisa su un trono gotico, il Battista che presenta una devota e il Cristo Eucaristico, rappresentato con la croce in spalla e il sangue che, sgorgando dalla ferita nel costato, va a cadere in un calice ai suoi piedi. Nella seconda cappella, dedicata a S. Ambrogio, è invece rappresentata la Crocifissione con la Madonna e santi. In quest'ultima decorazione a fresco, che è forse l'opera migliore di F., si compongono in modo più convincente che in precedenza l'eleganza della costruzione lineare e l'accentuato espressionismo dei volti, le cui origini sono da rintracciare negli sviluppi provinciali della pittura gotica e nell'opera di pittori attivi nelle Marche e a Viterbo, come i Salimbeni (Corbo, 1977). Ad un momento estremo dell'attività di F. è da riferire una tavola raffigurante S. Marco, conservata nella chiesa viterbese dedicata al santo (Pedrocchi, 1983), che può considerarsi opera schiettamente tardo-gotica.
Non si conosce l'anno di morte di F. che risulta già scomparso nel 1476 (Signorelli, 1934), anno in cui il figlio Gabriele, anch'egli pittore, effettuò un donativo alla chiesa della Trinità di Viterbo in suffragio dell'anima del padre.
Il figlio Gabriele è oggi noto soltanto per due sportelli laterali di un trittico raffiguranti S. Andrea e S. Vittore che furono commissionati nel 1473 per la collegiata di S. Andrea a Vallerano, dove si conservano. Tre suoi affreschi eseguiti nel convento di S. Bernardino a Viterbo sono invece stati distrutti durante l'ultima guerra.
Fonti e Bibl.: E. Muntz, Les arts à la cour des papes pendant le XVe et le XVIe siècle, Paris 1878, p. 300; G.B. Cavalcaselle - J.A. Crowe, Storia della pittura in Italia, IV, Firenze 1908, pp. 339 s., 342; C. Pinzi, I principali monumenti di Viterbo, Viterbo 1911, p. 124; R. van Marle, The development of the Italian schools of painting, VIII, The Hague 1927, pp. 440-446, figg. 284-290; G. Signorelli, I più antichi pittori viterbesi, in Bollettino municipale (Viterbo), VII (1934), 10, pp. 6-9; C. Brandi, Quattrocentisti senesi, Milano 1949, p. 27; La pittura viterbese (catal.), a cura di I. Faldi - L. Mortari, Viterbo 1954, pp. 51-56, tavv. 40-45; L. Grassi, La pittura nel Viterbese, in Nuova Antologia, gennaio 1955, p. 94; F. Zeri, La mostra della pittura viterbese, in Bollettino d'arte, XL (1955), 1, pp. 88, 90; I. Faldi, Pittori viterbesi di cinque secoli, Roma 1970, pp. 19-22, 25; F. Zeri, Italian paintings in the Walters Art Gallery, Baltimore 1976, I, n. 101; A.M. Corbo, Documenti: chiese e artisti viterbesi nella prima metà del secolo XV, in Commentari, n.s., XXVIII (1977), pp. 163-166, 169 s.; F.T. Fagliari, Artisti del vetro e della miniatura nella Bolsena del '400, in Biblioteca e società, I (1979), 4, p. 28; A.M. Pedrocchi, in Il Quattrocento a Viterbo (catal.), Roma 1983, pp. 137-146; A. Pinelli, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano 1987, I, pp. 422, 435; A. Sbrilli, ivi, II, p. 570; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 301.