ANDREA, Francesco d'
Nato a Ravello (Salerno) il 1° marzo 1625, a vent'anni era già uno dei maggiori avvocati del Foro napoletano; e ben presto la fama della sua grande cultura e rara eloquenza si diffuse in tutta Italia e gli permise di contrarre profonde amicizie con i maggiori letterati del tempo, come quelle che lo legarono al Magliabechi e al Redi, il quale volle ricordarlo nel suo Ditirambo. Per breve tempo avvocato fiscale della provincia di Chieti durante la rivoluzione del 1647-48, ritornò a far parte della magistratura negli ultimi anni della sua vita, e fu giudice di Vicaria (1688), fiscale del R. Patrimonio (1690), consigliere (1693). Poi, nel 1695, si ritirò a vita privata, e morì a Candela (Melfi) il 10 settembre 1698.
Il suo nome è strettamente legato alla profonda rinascenza filosofica e politica provocata nella seconda metà del Seicento nell'Italia meridionale dal diffondersi del pensiero di Galileo e di Cartesio, che ivi aveva trovato il terreno preparato dal Telesio e dal Campanella che egli non si limitò a dare il suo appoggio a Tommaso Cornelio, a Lionardo di Capua, a Lucantonio Porzio, che promossero in Napoli lo studio dello sperimentalismo e del razionalismo; ma contribuì direttamente alla formazione di quell'eclettismo filosofico che fu la caratteristica della cultura dell'Italia meridionale del tempo, e con le sue indagini nel campo del diritto annunziò il Vico.
Oltre alle allegazioni forensi in parte edite ed a scritti filosofici che restarono inediti, egli compose un curioso libro dal titolo: Avvertimenti ai nipoti, di fondamentale importanza per la conoscenza del Seicento napoletano, che è stato pubblicato con note e con un saggio sul suo autore da N. Cortese, in Archivio storico napolet., 1921 segg.