CURRADI, Francesco
Figlio dello scultore Taddeo di Francesco detto Battiloro e di Stella Ghini, nacque a Firenze nel 1570.
La prima formazione avvenne, secondo il Baldinucci (1681-1728), nella bottega di G. B. Naldini, che avrebbe affidato all'allievo parte dell'esecuzione della Purificazione della Vergine dipinta nel 1584per la cappella di Amerigo da Verrazzano in S. Niccolò Oltrarno e tuttora conservata in quella chiesa. Nel 1589, in occasione dell'entrata a Firenze di Cristina di Lorena, il C. partecipò come aiuto di G. Balducci detto il Cosci all'esecuzione degli apparati che erano destinati a decorare il ponte della Carraia. Non restano tuttavia suoi disegni relativi a questa commissione a cui lavorarono tutti gli allievi del Naldini. L'8 luglio 1590 il C. risulta immatricolato all'arte del disegno (Colnaghi, 1928). Agli ultimi anni del Cinquecento devono probabilmente datarsi gli affreschi con Storie della vita di Cristo dipinte dal C. sulla volta di S. Giovannino dei gesuiti insieme con il Passignano, Santi di Tito, Ligozzi e Alessandro Fei. Fra il 1594 e il 1603 il C. partecipò alla decorazione della cappella Serragli dedicata al Santissimo Sacramento nella chiesa di S. Marco e contribuì all'impresa (cui partecipavano il Passignano, Tiberio Titi, Iacopo da Empoli, il Bilivert e il Poccetti) con due tele raffiguranti la Moltiplicazione dei pani e la Cena in Emmaus.
Alcuni disegni preparatori relativi a quest'ultimo dipinto si conservano presso il Gabinetto delle stampe di Roma e agli Uffizi, mentre un bozzetto su tela è conservato al Museo Horne di Firenze.
Nel 1611 il C. firmò e datò la Crocefissione, ora nel duomo di Volterra ma in origine nella chiesa degli agostiniani; anche un Ritratto di giovane, ora nel Museo di Stoccarda, reca la stessa data. Nel 1609 si era impegnato a dipingere un Cenacolo per il refettorio del convento di S. Barnaba; la tela fu però consegnata solo nel 1612 e rimase nel convento fino alla sua soppressione nel 1808. Fra il 1616 e il 1617 partecipò alla decorazione di casa Buonarroti dipingendo un'allegoria della Fama che esalta Michelangelo (Vliegenthart, 1976). Una Adorazione dei pastori ora nella Pinacoteca di Siena è firmata e datata 1619 e agli anni immediatamente successivi appartengono numerose tele per la chiesa di S. Giovannino dei gesuiti, fra cui la Predica di s. Francesco Saverio agli Indiani, uno dei suoi più famosi dipinti (per il quale esistono numerosi disegni preparatori al Gabinetto delle stampe di Roma) nonché due dipinti raffiguranti la Madonna col Bambino e s. Ignazio, ora perduti; la tela con l'Immacolata Concezione, tuttora conservata nella stessa chiesa, risale invece a una seconda campagna decorativa intorno al 1635. Nel 1622-23 partecipò alla decorazione del casino di S. Marco del cardinale Carlo de' Medici dipingendo il Narciso ora nelle Gallerie fiorentine, di cui esistono alcune repliche autografe, e una Erminta fra i pastori, ora perduta.
Fra il 1623 e il 1625 dipinse l'Artemisia destinata alla sala delle udienze della villa di Poggio Imperiale e ora nella villa della Petraia (una replica autografa, firmata e datata 1625, si trova ora nel Museo di Belfast). Nello stesso periodo il C. partecipò, insieme con il Domenichino, il Rosselli e Giovanni da San Giovanni, alla decorazione della cappella Inghirami nel duomo di Volterra, dedicata a S. Paolo, raffigurando il Martirio del santo. Nella stessa chiesa si trova, inoltre, la Nascita della Vergine, firmata, che sembra tuttavia appartenere all'attività giovanile del pittore. Nel 1628 c. il C. dipinse S. Maria Maddalena de' Pazzi in atto di ricevere il velo dalla Vergine, che sostituì un dipinto del Perugino nella cappella Nasi in S. Maria Maddalena de' Pazzi e che nel 1807 fu a sua volta sostituita da un affresco del Servolini. Intorno al 1630 il C. dipinse l'Assunta per la cappella già Masetti in SS. Simone e Giuda; nel 1639 l'abate Isidoro Della Robbia gli commissionò il S. Benedetto per la badia fiorentina; nello stesso anno il pittore ricevette pagamenti per cinque lunette con Storie della Vergine destinate al coro delle monache di S. Maria degli Angiolini, e ora presso le Gallerie fiorentine. Al 1642 circa risale il Ritrovamento del corpo di s. Cecilia, già nella chiesa dedicata alla santa e a partire dalla fine del Settecento in S. Stefano al Ponte, di cui esiste un disegno preparatorio in collezione privata inglese. Allo stesso periodo appartiene anche la Predica del Battista nella cappella già Ronconi in S. Trinita, che tuttavia alcune fonti, a partire dal Richa, ricordano eseguita dal pittore all'età di ottanta anni, e quindi intorno al 1650.
Non è possibile precisare la data di un suo viaggio a Roma, che è comunque documentato da alcuni disegni che il C. trasse da statue antiche, come il Laocoonte, o come la cosiddetta Venere de' Medici che si trovava a Roma a villa Medici e solo nel 1677 fu portata a Firenze, mentre una serie di disegni tratti da una testa marmorea femminile, agli Uffizi, è databile con relativa certezza fra il 1658 (anno in cui il marmo fu portato a Firenze) e il 1661, anno in cui l'artista morì.
Il viaggio potrebbe essere avvenuto nel 1633, quando il C. fu nominato cavaliere dell'Ordine di Cristo da Urbano VIII (Colnaghi, 1928). Secondo alcune fonti, a Roma avrebbe dipinto diverse tele che furono poi acquistate dal re del Portogallo. Appartiene forse a questo momento romano il quadro raffigurante S. Maria Maddalena de' Pazzi tuttora conservato in S. Giovanni dei Fiorentini a Roma, dove sostituì l'Assunta dipinta nel 1612 dal Ciampelli, cui spettano anche il S. Giuseppe e la S. Anna ai lati della tela del C., al quale erano erroneamente attribuiti da F. Titi (Studio di pittura... nelle chiese di Roma, Roma 1674, p. 469). È tuttavia possibile che la pala del C. provenisse da altro luogo, forse da Firenze, tanto più che la cappella fu intitolata alla santa solo nel 1670, nove anni cioe, dopo la morte del pittore.
Nel corso della sua lunga attività C. eseguì numerose pale d'altare destinate alle chiese fiorentine nonché a quelle di altre città toscane, come Pisa, Siena, Volterra, Livorno, Pescia; alcune di esse sono ancor oggi conservate. Fra i dipinti citati dalle fonti del Sei e del Settecento nelle chiese di Firenze, ma non documentati e quindi databili con difficoltà, si possono ricordare i seguenti, tuttora esistenti: convento di Cestello, Madonna e santi; S. Maria degli Angiolini, Ss. Michele e Gabriele arcangeli (per il quale esiste un disegno preparatorio relativo alla figura del S. Michele nella Biblioteca Marucelliana di Firenze); S. Maria in Campo, Madonna col Bambino e s. Filippo Neri; S. Niccolò Oltrarno, Miracolo di s. Nicola; S. Paolo, Madonna e Santi e S. Paolo rapito al cielo; fra i molti dipinti perduti si possono citare I cinque santi canonizzati da Urbano VIII già alla SS. Annunziata; un S. Gregorio nella chiesa dedicata al santo; Cristo risana lo storpio già nella chiesa della Madonna de' Ricci; il Battesimo di s. Agostino già in S. Maria e S. Giuseppe al Prato; un S. Eugenio già nella chiesa di SS. Michele e Gaetano. Fra i numerosi dipinti eseguiti per le chiese di Pisa e ricordati dalle guide settecentesche della città sono tuttora conservati l'Apparizione della Vergine a s. Andrea Corsini nella chiesa dei Carmelitani e la Nascita di Cristo già nel convento di S. Maria e ora presso il Museo civico di Pisa.
Il C. morì a Firenze nel 1661.
Benché a lungo ignorato dalla critica (e ciò deve senza dubbio imputarsi al fatto che il Baldinucci, pur riconoscendo i suoi meriti, trascurò di dedicargli una biografia), il C. rientra tuttavia con pieno diritto fra i principali esponenti della scuola fiorentina della prima metà del Seicento accanto a pittori come Matteo Rosselli, Iacopo da Empoli e il Passignano, con i quali non a caso lavorò in diverse occasioni per i medesimi committenti. Nel corso della sua attività, svoltasi nell'arco di circa settant'anni e ancor oggi non indagata in maniera esauriente, il C. passa da una fase giovanile che ancora risente dell'educazione manieristica ricevuta nella bottega del Naldini a uno stile "riformato" e improntato ai principi del "disegno" e del "decoro" tipici della pittura fiorentina del primo Seicento alla quale rimase sostanzialmente fedele nella sua produzione che non registra variazioni stilistiche degne di nota. Nei suoi dipinti di soggetto religioso, pale d'altare o tele di minore formato e di destinazione privata, il C. si dimostra assai vicino al purismo devoto del coetaneo Rosselli e percertiversi costituisce il più immediato precedente alla pittura devozionale e controriformata del più giovane Carlo Dolci. L'aspetto più interessante. della sua produzione è costituito tuttavia dai numerosi dipinti di soggetto biblico o, più raramente, mitologico, di destinazione privata e databili per lo più al periodo più felice della sua attività, vale a dire agli anni del terzo e del quarto decennio del secolo. Si ricordano in particolare il dipinto con Tobia e l'angelo (Southampton Art Gallery), databile intorno al 1630; la Toletta di Susanna in collezione privata inglese (entrambi in Mc Corquodale, 1979), risalente allo stesso periodo, che, pur essendo firmata dall'artista, fu incisa alla fine del Settecento come opera del Rosselli; il dipinto raffigurante Agar e l'angelo di raccolta privata, precedentemente ritenuto di Iacopo Vignali ma restituito al C. dal Roli (1969) sulla base di un disegnò preparatorio conservato nel Cabinet des dessins al Louvre. In queste e in altre tele di raccolta privata si manifesta altresì la tendenza del pittore a collocare l'episodio biblico in un ambiente paesistico ricco e articolato (e anche in questo caso il C. sembra aver esercitato la, sua influenza sul Dolci e sul Vignali); questo tipo di interesse lo porterà ad eseguire verso la fine del sesto decennio alcune tele in cui la natura diventa l'unica protagonista, come indica il Paesaggio firmato e datato del 1658 nella collezione Hughes di Louisville, a cui ne è stato accostato un altro, conservato presso l'Accademia di S. Luca a Roma (Gilbert, 1952). Il favore di cui il pittore godeva presso i collezionisti fiorentini è documentato, oltre che da un numero relativamente esteso di dipinti conservati, dalle frequenti citazioni di sue opere negli inventari ottocenteschi. Le sue tele non sembrano tuttavia esser state ricercate dai collezionisti delle altre città italiane, e tanto meno all'estero. Pur ricordando alcune fra le pale d'altare più famose del C., il Lanzi (1809) riteneva tuttavia che le opere migliori fossero quelle a figure piccole e citava, a questo proposito, il Martirio di s. Tecla ora agli Uffizi e la serie di lunette con Storie della Maddalena già nella cappella della villa di Poggio Imperiale e ora a palazzo Pitti, i cui disegni preparatori si conservavano presso il Gabinetto delle stampe di Roma. Un altro esempio di quest'aspetto della sua produzione, prediletto dal Lanzi, doveva essere il dipinto raffigurante i Cinque santi canonizzati da Urbano VIII citato nel Settecento nella collezione Tartini diTirenze (cfr. Serie, 1774, p. 138 n. 1). L'Autoritratto del pittore, da lui dipinto all'età di 84 anni, si conserva agli Uffizi, insieme a una coppi antica proveniente dalla collezione Pazzi (Prinz, 1971).
Assai limitate sonole notizie riguardanti i due fratelli minori del C., Cosimo e Piero, dei quali non si conoscono le date di nascita e di morte, ma solo quella di immatricolazione all'arte dei pittori nel 1607 (Coinaghi, 1928, p. 84), Benché il Baldinucci (1681-1728) li dica allievi del fratello, non si conoscono loro opere né le fonti ne ricordano. Piero sembra però aver esercitato la professione di architetto, se il Baldinucci (IV, p. 276) lo ricorda come "sovrintendente alle fabbriche" di Alessandro Pucci. Cosimo risulta aver ricoperto. la carica di console del corpo dei pittori nel 1656 (cfr. Colnaghi, cit.).
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