CRIVELLI, Francesco
Nacque probabilmente a Roma, tra il 1585 e il 1590 da Giovanni Battista e da Porzia de' Massimi.
Niente si sa dei suoi studi. Seguendo l'esempio di vari suoi parenti - il padre era residente a Roma del duca di Baviera, lo zio Giulio Cesare governatore di Tólz; nell'Alta Baviera -, il C. tentò di entrare al servizio bavarese. Con questa intenzione si recò nel giugno del 1609 alla corte di Monaco, da dove, però già nel settembre tornò in Italia senza aver ottenuto nulla. In seguito cercò di entrare, con l'appoggio di Massimiliano I di Baviera, in qualche Ordine cavalleresco spagnolo per procurarsi una redditizia commenda. Poi svolse vari incarichi finché - dopo aver sposato Ortensia Benzoni - entrò al servizio del giovane cardinale Giovanni Battista Deti, nipote di Clemente VIII, che godeva pessima fama per la sua condotta di vita scandalosa. Rovinatasi la reputazione in tale compagnia, nel 1618 il C. abbandonò il servizio del cardinale e pose la sua candidatura per un posto di governatore in uno dei possedimenti abruzzesi dei Farnese e, grazie alle raccomandazioni dei duca di Baviera presso il duca di Parma, poté assumere l'ufficio di giustiziere di Penne nel novembre del 1618. Ma già tre anni Più tardi troviamo il C., che ora si fregiava del titolo di cavaliere, investito di un'altra carica amministrativa nella Bologna pontificia.
Destinato sin dal 1623 a succedere al padre, nel 1627, dopo la morte di questo, assunse l'ufficio di rappresentante bavarese in Curia che esercitò per ben trentadue anni, durante il governo del principe elettore Massimiliano 1 prima e poi, dal 1651, durante quello di Ferdinando Maria. Incaricato in un primo momento della conduzione ad interim degli affari correnti, fu poi accreditato da Massimiliano I come suo agente a Roma l'11 nov. 1627. Urbano VIII gli conferì con un motu proprio del gennaio 1629 la dignità di cameriere d'onore. Dietro le pressioni del cardinal nipote Francesco Barberini, Massimiliano I lo elevò poi, il 16 giugno 1632, al rango di residente, esaudendo cosi un desiderio del papa espresso per la prima volta già nell'aprile del 1629.
C'è da aggiungere che a questa elevazione di rango aveva contribuito in modo decisivo, con i suoi interventi personali sia a Roma sia a Monaco, Antonio da Galbiate, commissario dell'Ordine francescano in Baviera e incaricato della riforma dell'Ordine auspicata anche da Massimiliano I. Inoltre l'ascesa del C. era favorita dalla stretta collaborazione tra la Curia romana e la Baviera a partire dall'autunno del 1628, cioè da quando Massimiliano si era offerto di sostenere presso la corte imperiale le proposte di Urbano VIII riguardanti la soluzione del conflitto sempre più acuto per la successione di Mantova. Tale collaborazione tra Massimiliano I e Urbano VIII si basava sulla comunanzadiinteressi sviluppatasi nel corso della guerra dei Trent'anni: sia il duca sia il papa temevano un ulteriore rafforzamento dell'egemonia delle due potenze cattoliche - Spagna e Austria -, Urbano VIII in Italia, Massimiliano I in Germania. Intendevano quindi costituire con un'alleanza franco-bavarese un contrappeso, cattolico anch'esso, contro la casa d'Asburgo, per creare così i presupposti per il distacco della Francia dai suoi alleati protestanti e per l'ascesa della Baviera - il papa avrebbe visto volentieri il principe elettore bavarese sul trono imperiale - a potenza controriformista dominante nell'Impero. Questi progetti comunque sarebbero falliti per vari motivi: per l'invasione della Baviera da parte di Gustavo Adolfo nel 1631-32 e per il mancato invio di sussidi pontifici alla lega cattolica guidata dalla Baviera, sciolta poi nel 1635, infine per l'ingresso in guerra della Francia a fianco della Svezia.
Ma neanche queste crisi gravissime portarono a un'interruzione degli intensi contatti tra la Curia e la Baviera che trovarono la loro espressione più significativa nella corrispondenza settimanale cifrata tra Massimiliano I e il cardinal nepote Francesco Barberini negli anni tra il 1628 e il 1644. Questo contatto diretto tra i due uomini di Stato relegò il C. al ruolo di semplice portalettere, con l'unico compito di trasmettere informazioni e di sollecitare dispense, grazie e benefici pontifici, senza margine per una qualsiasi azione autonoma. Questi buoni rapporti tra la Baviera e la S. Sede sarebbero stati disturbati sensibilmente soltanto nel 1648 con l'accettazione passiva, da parte di Massimiliano I, degli accordi della pace di Vestfalia, giudicati da Innocenzo X, successore del Barberini sulla cattedra di S. Pietro, inaccettabili e, dannosi per gli interessi cattolici.
Inversamente proporzionale alla scarsa importanza della sua attività diplomatica fu invece il valore attribuito dal C. alle forme esteriori dell'etichetta di corte dovute al suo rango di ambasciatore. Lo indussero a spese così forti da costringere Massimiliano I a raddoppiargli lo stipendio annuo, dopo la nomina a residente, da 300 a 600 scudi e ad assegnargli ancora 100 scudi supplementari per le livree dei suoi sei staffieri. Numerosi furono poi i litigi del C. per questioni di precedenza, soprattutto con gli ambasciatori spagnoli che gli facevano sentire la loro avversione per la politica bavarese. Un primo scontro con l'agente spagnolo Don Diego de Saavedra y Fajardo avvenne nell'autunno del 1629 nell'anticamera del cardinale Barberini; seguirono numerose liti con l'ambasciatore spagnolo, il cardinale Gaspare Borja, negli anni tra il 1632 e 1634; l'ultimo scontro fu provocato deliberatamente dal C. per questioni futili nel 1637 con il cardinale Maurizio di Savoia, protettore della Germania. Nel 1633 il C. rischiò addirittura il licenziamento a causa del comportamento delle sue figlie, che finì per diventare il principale argomento di conversazione in Curia e minacciava di nuocere alla reputazione della Baviera: le giovani si facevano vedere troppo spesso alle finestre del palazzo paterno e intrattenevano rapporti troppo familiari con un certo frate, loro lontano parente. Lo scandalo fu sistemato con la reclusione. delle ragazze in convento, ma il cardinale Giovanni Francesco Guidi di Bagno, un amico della Baviera, al quale era stato chiesto un consiglio, espresse in via confidenziale questo giudizio sprezzante' sul C.: "... a proportione della statura del suo corpo abonda in vanità e superchia facilità" (Bibl. Apost. Vat., Barber. lat., 8068, f. 132rv: lettera cifrata al card. F. Barberini del 1° nov. 1633).
Il C. morì a Roma il 19 giugno 1659 senza lasciare figli maschi.
Il principe elettore Ferdinando Maria di Baviera concesse alla vedova e a una figlia nubile del C. una pensione. Delle altre figlie, Porzia aveva sposato Bartolomeo Bonadies, un'altra Giovanni Biondi del Senatore. L'attribuzione al C. di un componimento poetico dal titolo Versi in morte del duca d'Urbino, s. l. 1623 è dubbia.
Fonti e Bibl.: La corrispondenza diplomatica del C., pubblicata e utilizzata in modo frammentario soltanto per gli anni prima del 1635, si conserva a Monaco. Bayerisches Hauptstaatsarchiv, Geheimes Staatsarchiv, Kasten schwarz, nn. 5324, 5560 ss., 5576, 6211, 7401, 7413-7418, 7428-7438, 7447 s., 8627, 15620; Die bayer. Gesandtschaft beim päpsti. Stuhl, voll. 1, 1048. Altre lettere del C. sono nella Bibl. Ap. Vaticana, Barber. lat. 6799, cc. non num.; cfr., inoltre, Ibid., Barb. lat. 6706, f. 76r; 6717, ff. 11r, 95r, 105r; 6719. ff. 106r-107v; 6720. ff. 9r, 56v-59r; 6728, ff. 6v, 61r; 6730, ff. sr, 54v; F. Gregorovius, Urban VIII. im Widerspruch zu Spanien und dem Kaiser, Stuttgart 1879, pp. 13, 17-23, 29 s., 52, 62-69, 96 s., 120 s.; Nuntiaturberichte aus Deutschiand, IV, 17. Jahrhundert, 1-2, Nuntiatur des Pallotto, 1628 und 1629, a cura di H. Kiewning, Berlin 1895-1897, ad Indices; J. Schnitzer, Zur Politik des hl. Stuhles in der ersten Hälfte des Dreissigjährigen Krieges, in Römische Quartalschrift für christliche Altertumskunde und Kirchengeschichte, XIII(1899), pp. 151, 192-203, 206-27, 234 ss., 254 s.; S. Riezler, Geschichte Baierns, V-VI, Gotha 1903. passim; VII, ibid. 1913, p. 93; Briefe und Akten zur Gesch. des Dreissigjährigen Krieges, n. s.: Die Politik Maximilians von Bayern und seiner Verbündeten 1618-1651, II, 4, a cura di W. Goetz, München 1948; 5, a cura di D. Albrecht, ibid. 1964, ad Indices; D. Albrecht, Die auswärtige Politik Maximilians von Bayern 1618-1635, Göttingen 1962, ad Indicem; A. Kraus, Die Annales ecclesiastici des Abraham Bzovius und Maximilian I. von Bayern, in Reformata Reformanda. Festgabe für Hùbert Jiedin, II, Münster I. Westf. 1965, pp. 285 s.; J. Grisar, Maria Wards Institut vor römischen Kongregationen (1616-1630), Rom 1966, ad Indicem; G. Lutz, Glaubwürdigkeit und Gehalt von Nuntiaturberichten, in Quellen und Forsch. aus ital. Archiven und Bibliotheken, LIII (1973), pp. 237 s. Fondam. per la biografia del C. è F. Gregorovius, Die beiden Crivelli, Residenten der Herzöge und Kurfürsten von Baiern beim heiligen Stuhl in Rom. von 1607-1659, in Sitzungsberichte der philos.,philolog. und histor. Klasse der Kgl. bayerischen Akademie der Wissenschaften, München 1880, pp. 330-76 (nuova ediz. in Kleine Schriften zur Gesch. und Cultur, II, Leipzig 1888, pp. 35-89, con il tit. Die beiden Crivelli, bairische Gesandte in Rom im 17. Jahrhundert). Cfr. inoltre T. Amayden, La storia delle famiglie romane, a cura di C. A. Bertini, I, Roma 1914, pp. 341 s.; F. Noack, Das Deutschtum in Rom..., I-II, Berlin-Leipzig 1927, ad Indicem; L. Bittner-L. Gross, Repert. der diplomatischen Vertreter aller Länder, I, Oldenburg-Berlin 1936, p. 17; A. Bastiaanse, Teodoro Ameyden (1596-1656)..., 's-Gravenhaage 1967, pp. 191, 106, 276.