CATANIO, Francesco Costanzo
Nacque a Ferrara nel 1602. La tradizione lo dice dapprima a Ferrara allievo dello Scarsellino, poi a Bologna (1625-27) alla scuola del Reni. Tuttavia in quella città sembra essere stato attento piuttosto agli antecedenti dell'arte, umanamente radicata alla realtà, di L. Carracci, e alla interpretazione che, con accenti di schietto naturalismo, continuavano a darne alcuni seguaci, come il Tiarini (operoso anche per Ferrara) ed il Cavedoni. Particolarmente la tavolozza accesa di quest'ultimo, sembra essere stata per il giovane C. ricca di suggestioni.
Ma il suo vero maestro va considerato, dopo il ritorno a Ferrara (1627), C. Bononi, dal quale derivò, in primo luogo, la componente caravaggesca che impronta di rude realismo la sua pittura a forti contrasti chiaroscurali. Un soggiorno a Roma al seguito di don Carlo Pio di Savoia è testimoniato dai biografi nel 1654,ma sono da presumere contatti diretti con opere del Caravaggio in anni di molto anteriori: è stata avanzata l'ipotesi Emiliani, 1961) che il C. ebbia potuto spingersi fino a Napoli e forse anche in Sicilia o a Malta; con tali viaggi avventurosi non contrasterebbe certo la sua irrequieta vitalità, quale ci viene dipinta dalla tradizione che lo descrive dedito al maneggio delle armi e spesso al seguito di potentati più da spadaccino che da pittore; già nelle prime opere a Ferrara come il S. Gregorio, dipinto per la chiesa omonima e ora in S. Maria dei Teatini, databile poco oltre il 1630,o nei due quadroni della chiesa di S. Giorgio (Flagellazione, Coronazione di spine), certo anteriori al 1636, la composizione ridotta all'essenziale, la passionalità tragica e l'evidenza realistica della scena introducono nell'arte ferrarese elementi di ispirazione caravaggesca che non si possono interpretare per la sola via della derivazione bononiana.
Nei due quadroni di S. Giorgio le raffigurazioni giuocano un ruolo quasi secondario, mentre la scena è dominata ai lati, in prepotente risalto, da due armigeri in acconciature sbirresche; pezzi di eccezionale bravura, rievocanti in maniera trasparente tipi incontrati in vagabondaggi romani, tra le compagnie degli "sregolati caravaggeschi" del terzo decennio. Sotto questo aspetto è significativo il fatto che nel Museo di Belle Arti di Budapest si conservi un quadro, ritenuto, per una antica scritta, autoritratto del Caravaggio, ma dal Longhi (1927) giustamente riconosciuto come Autoritratto del Catanio. Invero, se l'assegnazione non è stata accolta da A. Pigler (Museum der bildenden Künste, Tübingen 1968, p. 120), l'identità del personaggio raffigurato con il ritratto preposto alla biografia del pittore nelle Vite del Baruffaldi è innegabile.
A Ferrara, per la chiesa di S. Spirito, probabilmente poco dopo i lavori di ampliamento del 1636, il C. dipinse il Martirio di s. Matteo, realistica rappresentazione della scena di violenza, ambientata però in una studiata architettura che si richiama ad esemplari tipici dell'antica scuola ferrarese.
Nonostante i suoi vagabondaggi, il C. finì così con l'affermarsi a Ferrara come pittore di primo piano; vi aprì un'accademia di pittura, e a lui vennero in seguito affidati i più importanti incarichi. Nel 1652 gli agostiniani gli commissionarono (Riccomini, 1969, p. 49) la tela della chiesa di S. Giuseppe con la Vergine e santi che intercedono presso la Trinità per proteggere la città dal terremoto, e nel 1658 (Barotti, p. 76) il maestrato gli commise la esecuzione di una pala con S. Antonio con Gesù Bambino e un angelo nella chiesa di S. Maurelio dei cappuccini. Da queste opere, tuttora in luogo, si vede però che la sua arte aveva allora perso il vigore e lo spregiudicato spirito inventivo degli anni giovanili, adagiandosi in un manierismo di mestiere. Come suo ultimo lavoro è ricordata l'Orazione nell'Orto per il coro della chiesa di S. Benedetto.
Il C. morì a Ferrara il 3 luglio 1665.
Negli ultimi anni aveva avuto per allievo G. Avanzi, a lui legato anche dalla comune passione per le armi e per la caccia, e poi a lungo prolifico in pitture di scarso impegno per le chiese locali. Fu suo allievo anche F. Fantozzi, detto il Parma, che da vecchio giunse a trasmettere al Baruffaldi notizie di prima mano per la stesura della Vita del maestro. È citato tra gli allievi anche G. Bonati, che però fece sotto il C. solo un brevissimo tirocinio, venendo ancor giovane da lui affidato alla protezione del cardinale Pio e da questo avviato alla scuola del Guercino a Bologna.
Delle opere del C., oltra a quelle citate all'interno della voce, rimangono a Ferrara, chiesa di S. Spirito, Annunciazione;a Masi San Giacomo (Ferrara), chiesa parrocchiale, Madonna del Rosario e ss. Carlo Borromeo e Lucia (in pessime condizioni). Sono andati perduti nell'ultima guerra, a Ferrara, chiesa di S. Benedetto, Orazione nell'Orto, e chiesa di S. Stefano (già al Gesù), S. Luigi Gonzaga che rinuncia alla signoria di Castiglione. Numerose altre opere non più rintracciabili si trovano citate nelle fonti (Riccomini, p. 70).
Sotto il nome di un pittore "Cattaneo" sono registrati in un antico (1659) inventario del granduca d'Austria Leopoldo Guglielmo, alcuni dipinti, tra i quali un Ritratto del granduca, ma non risultano più rintracciabili e rimane incerto se fossero veramente lavori del C. ferrarese (Inventar der Kunstsamml. des Erzherzogs Leopold Wilhelm...,in Jahrbuch der kunsthistorischen Sammlungen des allerh. Kaiserhauses [Vienna], I [1883], 2, p. 495, nn. 98, 100; Kunstbestrebungen des Erzherzogs Wilhelm, ibid.,V [1887], 1, p. 346).
Fonti e Bibl.: A. Borsetti, Suppl. al Compendio Historico del Sig. M. A. Guarini, Ferrara 1670, pp. 235, 259, 262; Ferrara, Bibl. comun. Ariostea, ms. cl. I, Antonelli, 429: C. Brisighella, Descriz. delle pitture e sculture... della Città di Ferrara (ante 1704; trascriz. successiv. rimaneggiata con aggiunte di G. Baruffaldi e note di G. A. Barotti), pp. 21, 27, 44, 59, 95, 103, 106, 155, 199, 287; G. Baruffaldi, Vite de' pittori e scultori ferraresi [1697-1722], II, Ferrara 1846, pp. 217-230; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, Ferrariae 1735, II, p. 439; C. Barotti, Pitture e scult. che si trovano nelle chiese... della città di Ferrara, Ferrara 1770, pp. 22, 52, 58, 73, 76, 90, 91, 93, 117, 126, 130, 170, 199, 204; G. A. Scalabrini, Mem. istor. delle chiese di Ferrara, Ferrara 1773, pp. 98, 106, 147, 158, 186, 198, 380; cap. "Borghi", p. 25; C. Cittadella, Catalogo istor. de' pittori e scultori ferraresi, III, Ferrara 1783, pp. 211-228; A. Frizzi, Guida del forestiere per la città di Ferrara, Ferrara 1787, pp. 65, 82, 134; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, p. 175; L. Ughi, Diz. stor. degli uomini ill. ferraresi, Ferrara 1804, pp. 123 s.; G. Bottari-S. Ticozzi, Racc. di lettere sulla pittura, scultura..., Milano 1822, p. 86; F. Avventi, Il servitore di piazza...,Ferrara 1938, pp. 191, 211, 219, 239, 261; C. Laderchi, Descriz. della Quadreria Costabili, Ferrara 1841, II, I-IV, p. 28; Id., La pittura ferrarese, Ferrara 1856, pp. 171-173; L. N. Cittadella, Notizie relative a Ferrara, II, 3, Ferrara 1868, pp. 116 s.; D. Zaccarini, S. Giorgio fuori le mura, in Passeggiate artistiche, III, 2, Ferrara 1919, p. 5; R. Longhi, Precisioni nelle gallerie italiane, in Vita artistica, II, (1927), p. 31; G. Medri, Il tempio di S. Benedetto, Ferrara 1927, p. 61; R. Longhi, Il Caravaggio ela sua cerchia a Milano, in Paragone, II, (1951), 15, p. 16 nota; A. Emiliani, F. C. C. pittore, in Arte antica e moderna, 1961, nn. 13-16, pp. 276-278; Id., C. Bononi, Milano 1962, figg. 50 c, 52 a, 52 b; A. Moir, The Ital. followers of Caravaggio, New Haven 1967, p. 244 n. 61; E. Riccomini, Il Seicento ferrarese (con bibl. aggiornata e ill. delle opere principali), Milano 1969, ad Indicem;Id., Seicento ferrarese minore. Dipinti restaurati 1969-70 (catal.), in Rapporti della Soprintendenza alle Gallerie di Bologna, 1969, n. 4, pp. 6-8, 27-29, tavv. 7 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 179.