COSTA, Francesco
Nacque a Genova agli inizi del secolo XVI da Cristoforo e da Mariettina Casanova. Ascritto alla nobiltà nell'"albergo" dei Cibo, sposò Benedetta di Antonio Gentile, dalla quale ebbe tre figli, Cristoforo, Antonio e Marietta. Nei suoi testamenti egli ricorda anche altri figli naturali e legittimati, Barbarina, Giovanni Battista e Francesco.
Il C. esercitò l'attività di patronus marittimo, proprietario totalmente o di almeno una caratura minoritaria di una nave, della quale era nello stesso tempo capitano. È possibile seguire la sua attività sin dal 1538 quando, come patronus di una barca di 5.000 cantari, egli compì viaggi a Viareggio e, l'anno dopo, a Napoli. Nel 1541 sostituì Giovanni Pietro Vivaldi nel patronatus di una nave di 8.000 cantari con cinquanta uomini di equipaggio e iniziò a percorrere la rotta tra Genova e la Sicilia. Nel 1550 navigava verso la Spagna; venduta una sua caravella attraccata nella darsena di Genova, l'anno successivo fece rotta per l'Oriente.
Forse è da identificare in lui il capitano Costa che, nel 1552, fu catturato da navi triestine che lo aspettavano al varco mentre, come agente francese, attraversava l'Adriatico con una lettera segretissima inviata dal d'Aramon, ambasciatore francese a Costantinopoli, ad Enrico II. In questa lettera egli informava il re di aver sollecitato Solimano ad impadronirsi del Regno di Napoli, descritto come pronto ad insorgere al primo cenno. Il sultano, dopo lunga esitazione, aveva accettato di inviare la sua flotta in appoggio all'esercito del re. La cattura del capitano Costa, avvenuta nel gennaio, svelò le trame dei Francesi e diede la possibilità a Carlo e a Massimiliano di prendere le opportune contromisure, permettendo, nello stesso tempo, che l'imperatore venisse a conoscenza, sia pure vagamente, del tradimento di Maurizio di Sassonia.
L'anno seguente, tuttavia, il C. riprese la sua attività di patronus e capitano marittimo sulla rotta tra Genova e la Sicilia. Nel 1556 la sua nave "Santa Maria", impegnata nella rotta tra Genova e Malta, pativa naufragio in Sardegna presso l'isola di Sant'Antioco. Da questo momento il C. dovette sospendere la sua attività; due anni dopo, la Repubblica di Genova gli affidava una delicata missione.
Nelle acque del Mediterraneo occidentale era giunta l'armata turca guidata da Piale pascià con l'obiettivo di occupare Bonifacio: infatti, si era arenato il tentativo compiuto da Genova di arrivare ad un accordo con Solimano, trattativa che era ostacolata dal De la Vigne, ambasciatore francese presso la Porta, e che la lentezza con la quale l'ambasciatore Giovanni De Franchi giunse a Costantinopoli finì col raffreddare. Piale, tuttavia, era legato da buoni rapporti con Genova. Conosciute le intenzioni turche, mentre il pascià si attardava nel saccheggio dell'Italia meridionale, la Repubblica provvide ad inviargli un ambasciatore straordinario nella persona del C.; egli ebbe il compito di impedire l'assalto della Corsica, di ottenere un armistizio marittimo, implicito nelle trattative di pace che erano state a suo tempo condotte, e di spiegare i motivi che avevano bloccato l'arrivo presso Solimano dei due ambasciatori genovesi incaricati di trattare l'accordo. Il C., accompagnato Piale sino a Livorno, raggiunse lo scopo.
Sempre in luglio egli compì presso l'armata turca un secondo viaggio, per imbarcarsi personalmente sulla capitana e scortare Piale nella sua navigazione.
L'atteggiamento del pascià aveva indispettito i Francesi che attendevano l'armata turca per assalire le riviere liguri; Piale, infatti, con la scusa di non aver incontrato nel posto previsto la flotta francese, che si era dovuta rifugiare in una insenatura per sfuggire al cattivo tempo, preferì dirigersi verso le Baleari bombardando Minorca e riunendosi solo più tardi alla flotta francese al largo di Tolone. Qui lo raggiunse il C. che si imbarcò sulla capitana presso le isole di Santa Margherita di Provenza e ottenne da Piale l'assicurazione che non avrebbe attaccato le riviere. Nonostante gli sforzi compiuti dal duca di Lorena, dall'ammiraglio francese Paulin de la Garde e dall'ambasciatore Boistaille, Piale rimase al largo delle coste liguri. A Savona, contro la quale i Francesi intendevano compiere un attacco, egli fu salutato a salve dalla guarnigione in segno di amicizia, mentre da parte della Repubblica si provvedeva a rifornire le sue navi di viveri e bevande.
Nel 1559 il C. fu estratto a sorte tra i quattrocento membri del Consiglio Grande della Repubblica; ancora nel 1565 viene ricordato come patronus di una nave: dopo quest'anno non abbiamo altre sue notizie.
I rischi dovuti alla sua attività spinsero il C. a stendere diversi testamenti. Nel 1550 egli lasciava usufruttuaria dei suoi beni la madre Mariettina, nominando erede il figlio naturale e legittimato Giovanni Battista. Nel 1553 nominava suo erede Cristoforo, sostituendogli, in caso di morte, Giovanni Battista. Nel 1560, accanto a Cristoforo, venivano ricordati nel testamento i figli Antonio (ascritto nel Liber nobilitatis della Repubblica), Marietta e Francesco, che si trovava in Spagna.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Arch. notarile, notaio Cibo Peirano Giovan Giacomo, filze 13 (atto del 6 e 7 ottobre 1550), 15 (atto del v, aprile 1553), 18 (atti del 20 maggio, 22 maggio, 20 sett., 6 ott. 1556), 22 (atto del 27 apr. 1560); Ibid., Arch. segreto, Lettere ministri Costantinopoli, 1/2169; Genova, Archivio dei Padri del Comune (Palazzo Bianco), Cartolari e Manuali di scritture, regg. nn. 25 (1538), 27 (1539), 28 (1541), 30 (1544), 31 (1545), 33 (1548), 35 (1550), 36 (1551), 39 (1553), 51 (1565); Genova, Biblioteca universitaria, ms. B VII 5: G. Cibo Recco, Historiae Genuenses a 1100 ad 1528 et a 1550 ad 1570, p. 112; Ibid., ms. B VII 1: O. Ganducci, Libro delle famiglie di Genova viventi, pp. 36 s.; Correspondenz des Kaisers Karl V, a cura di K. Lani, III, Frankfurt 1966, p. 137; F. Casoni, Annali della Repubblica di Genova, III, Genova 1799-1800, pp. 127 s.; A. Filippini, Istoria di Corsica, IV, Pisa 1831, p. 183; C. Manfroni, L'empia alleanza, Roma 1896, p. 73; Id., Storia della marina ital. dalla caduta di Costantinopoli alla battaglia di Lepanto, Roma 1897, pp. 379, 401 s.; Id., Le relazioni tra Genova, l'Impero bizantino e i Turchi, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXVIII (1898), pp. 768, 771 ss., 822, 824-832, 855; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, ibid., LXIII (1934), p. 208; G. Guelfi Camajani, Il "Liber nobilitatis genuensis" e il governo della Repubblica di Genova fino all'anno 1797, Firenze 1965, p. 146.