CORNER, Francesco
Nato a Venezia il 22 febbr. 1670 da Giovanni di Federico, del ramo di S. Polo, e Laura di Nicolò Corner del ramo di S. Maurizio percorse la consueta rapida carriera dei patrizi appartenenti alla ristretta cerchia delle più potenti famiglie della Repubblica. Savio agli Ordini dal 30 luglio al 30 marzo del 1697, il 5 sett. 1703 egli venne nominato ambasciatore in Inghilterra. Differì per quasi due anni la partenza per Londra, sede evidentemente tra le meno gradite per la lontananza da Venezia, il clima inclemente e le prevedibili difficoltà della missione. Allontanatosi il 1°luglio 1705, giunse all'Aia il 4 settembre dopo un difficile viaggio per il Tirolo e la Germania, sconvolte dalla guerra; trattenuto per alcuni mesi in Olanda dai venti contrari, raggiunse Londra il 13 novembre e fece il suo ingresso ufficiale solo il 23 apr. 1706.
"Vado ad una corte che viene a fare la maggior comparsa nel mondo e che doverà dar la legge dell'avvenire", scriveva il 4 luglio 1705 in un dispaccio da Bassano del Grappa, dimostrando intuito storico e buona conoscenza della situazione politica europea in quegli anni agitati che vedevano il pieno dispiegarsi della potenza militare inglese durante la guerra di successione spagnola. La soddisfazione per essere spettatore, sia pure in un ruolo non di primo piano, di grandi fatti politici, è attenuata dalle gravi preoccupazioni economiche, provocate dalla necessità di vivere "in una corte dove l'abbondanza dell'oro fa lecito e dal commun uso rende necessario il più dispendioso trattamento". "A costo di danaro si vuole e si provede tutto quello manca al Paese per diffetto del clima e chi è chiamato a vivere con decoro e con la maniera che conviene alla grandezza del prencipe che serve non può ritirarsi dall'impegno d'un pesantissimo dispendio", era il suo commento, accompagnato dalla sinistra previsione di una completa rovina delle finanze domestiche.Attento osservatore della vita politica dell'Inghilterra, ancora fresca della pacifica rivoluzione del 1688-1689 che aveva rovesciato la dinastia cattolica, il C. trasmise a Venezia ampia documentazione sui dibattiti alla Camera dei comuni, sui contrasti tra i partiti inglesi, sui provvedimenti contro la minoranza cattolica, sui preparativi militari e gli sviluppi delle trattative per una composizione pacifica del conflitto in corso.
La difficile neutralità di Venezia era affidata anche alla sua abilità: la Repubblica consentiva ampi rifornimenti all'esercito austriaco, respingeva con forza ogni accusa di occulti favori verso la Francia, ma resisteva con determinazione alle insistenti pressioni della Corona britannica per una decisa scelta di campo a favore dell'imperatore.
Nel primo anno della sua missione il C. consegui due brillanti successi: il 19 marzo 1706 riuscì a ottenere l'abrogazione di una nuova tassa inglese sull'importazione di uva passa dal Levante veneziano e indusse la regina Anna ad aprire una legazione diplomatica a Venezia, dando così completezza e ufficialità ai rapporti tra i due Stati. Reiterati tentativi del governo britannico di ampliare e consolidare i legami commerciali tra i due Stati, con l'apertura di un porto franco a Venezia e la stipula di un vero e proprio trattato di commercio, andarono però a vuoto, non per responsabilità del C. ma per l'inerzia e l'eccessiva prudenza del Senato veneziano, sempre timoroso di qualsiasi "novità".
Il 4 marzo 1707 giunsero a Londra Nicolò Erizzo ed Alvise Pisani, eletti già il 22 apr. 1702 ambasciatori straordinari per rallegrarsi dell'assunzione al trono della regina Anna, e la loro solenne comparsa alla corte inglese, accompagnata dall'apertura dell'ambasciata inglese a Venezia, sembrò suggellare una fase felice dei rapporti tra i due Stati. Iniziò invece per il C. un periodo estremamente difficile: crescevano le lamentele di Londra per gli aggravi imposti ai mercanti inglesi nei porti veneziani, aumentavano i sospetti sull'effettiva neutralità della Repubblica, la "prudenza" e la "moderazione" erano spesso scambiate per tacita connivenza con la parte avversaria; peggiorarono anche le sue condizioni di salute e lo costrinsero a lunghi periodi di inattività.
Nell'aprile del1708 scoppiò un grave incidente diplomatico: l'ambasciatore inglese a Venezia, lord Manchester, venne fermato su una gondola per sospetto di contrabbando, e, nonostante il Senato avesse fatto subito arrestare gli ufficiali di dogana responsabili della violazione dell'immunità diplomatica, inviò veementi proteste a Londra insinuando che l'episodio era una prova delle simpatie filo-francesi della Repubblica e della scarsa considerazione in cui era tenuta la Corona inglese. La regina Anna interruppe i rapporti ufficiali col C., che tra l'altro in questo periodo si trovava quasi immobilizzato a letto, e minacciò la rottura delle relazioni diplomatiche. In un primo momento il C. disperava di poter risolvere amichevolmente la situazione, soprattutto per l'alterigia e la fierezza dell'Inghilterra, nazione giovane e desiderosa di farsi valere sulla scena europea, retta da "un governo che non s'appaga e non cura della civiltà e delle maniere che per ordinario legano gl'animi e li spiriti d'ogn'altro prencipe" (dispaccio del 4 maggio 1708).
Il contegno fiero e dignitoso del C., le sue ottime relazioni personali con influenti ministri del governo e fors'anche il desiderio dell'Inghilterra di non alienarsi la benevolenza di uno Stato, la cui neutralità era così preziosa per il rifornimento delle armate austriache in Italia, concorsero a sgonfiare progressivamente il "caso Manchester", destinato comunque a lasciare una traccia nei rapporti tra i due Stati, come sembra dimostrare il fatto che per due anni dopo la partenza del C., dal 25 maggio 1709 al 23 nov. 1710, la sede di Londra venne ricoperta da Vendramin Bianchi, un segretario appartenente al ceto dei cittadini originari.
La "travagliosa neutralità" di Venezia, di cui il C. parlò nel discorso di congedo dalla regina, era sempre più difficile da mantenere, i rapporti commerciali tra i due paesi presentavano crescenti difficoltà, le sue condizioni di salute, aggravate dalle nebbie inglesi, precipitavano e indussero il C. a reiterare le richieste di essere sollevato dall'incarico. Il 1° sett. 1708 egli scrisse al Senato un lungo dispaccio in cui protestava con veemenza per la mancata sostituzione, dopo ben quindici mesi dal termine fissato dalle leggi, denunciava l'intollerabilità delle spese sostenute nel corso della missione, accennava con toni caricati e retorici all'imminente sacrificio della vita nel caso di un ulteriore prolungamento del suo soggiorno nei freddi e brumosi lidi del Tamigi. Le sue suppliche sembravano cadere nel silenzio e ancora il 21 maggio 1709 egli implorava soccorso al Senato, ricordando che "con sfortunato sacrificio e scarsa mercede" stava sacrificando sostanze e vita in "un lungo, difficile e dispendiosissimo ministero".Lo stesso giorno in cui egli spediva il dispaccio, suo padre venne eletto doge e così le proteste del C. poterono ottenere pronto ascolto; il 12 luglio era già a Rotterdam e il 3 settembre ad Anversa. Nonostante la lunghezza e l'interesse della missione, il C. non depositò la consueta relazione al Senato, forse per un improvviso aggravamento delle sue condizioni di salute. Ritornato sulla laguna si riprese nel morale e nel fisico e, dopo qualche anno di riposo nelle numerose ville possedute dalla famiglia nella terraferma veneta, tornò alla vita politica, evitando però di assumere cariche che comportassero l'allontanamento dalla capitale: dal 30 ag. 1724 al 29 ag. 1725 fu tra i tre provveditori all'Arsenal, dal 18 maggio 1724 al 17 maggio 1726 tra i cinque savi alla Mercanzia, dal 19 ag. 1724 al 3 ag. 1725 e poi ancora dal 26 nov. 1729 al 25 nov. 1730 tra i due sopraprovveditori alla Sanità.
Morì a Venezia nel 1734.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, III, f. 48; Ibid., Senato. Dispacci ambasciatori, Inghilterra, filze 78-85; Ibid., Segretario alle voci, Elezioni Pregadi, reg. 21, ff. 21, 22, 69; reg. 22, ff. 39, 51, 72, 120; Bassano del Grappa, Biblioteca civica, ms. 36-A-4 (1-2): Dispacci dell'Ecc.mo Sr. Francesco Cornar Cav. ambasciator veneto a Londra all'Ecc.mo Senato dal 1706 fin al 1709; Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, a cura di L. Firpo, I, Inghilterra, Torino 1965, p. XXXIII.