COGHETTI, Francesco
Figlio di Giuseppe e di Caterina Baldi, nacque a Bergamo il 12 luglio 1801 (Pinetti, 1915).
Spesso il C. viene confuso con il quasi omonimo Luigi Cochetti romano, anch'egli pittore, contemporaneo e compagno, a Roma, in importanti imprese, quali la decorazione della villa Torlonia sulla Nomentana e di S. Paolo fuori le Mura. Fondamentale, per una distinzione tra i due e l'esatta biografia del C., è l'accurato opuscolo del Pinetti, che utilizzò un cospicuo fondo di lettere, carte e appunti vari (Fondo Coghetti) conservato alla Biblioteca civica di Bergamo; anche se, per campanilismo, il biografo bergamasco riferisce al C. alcune opere del Cochetti romano, e cioè una gran parte dei dipinti eseguiti nella villa e nel palazzo Torlonia.
Dal Pinetti si apprende che il giovane C. fu inizialmente avviato agli studi letterari e filosofici, e che solo dopo i cinque anni del ginnasio si iscrisse, quindicenne, all'Accademia Carrara nella sua città l'anno accademico 1816-17, insieme con Giuseppe Carnovali ("il Piccio") allora undicenne, con il quale strinse un'amicizia che durò tutta la vita. All'Accademia Carrara insegnava a quel tempo G. Diotti che in epoca di pieno neoclassicismo si manteneva fedele ad un cromatismo di tradizione lombardo-veneta; e infatti, una particolare sensibilità per il colore è evidente anche nelle opere giovanili e della prima maturità del C., nonostante l'adesione ad un tardo neoclassicismo venato di accenti puristi.
Alla fine del 1821 (e non nel 1826 come vuole l'Ojetti, 1929, o nel 1830 come scrive il Pesci, 1907) il C. si trasferì a Roma, dove venne accolto nello studio di V. Camuccini. Il 16 ag. 1825 sposò nella parrocchia dei SS. Vincenzo e Anastasio (Roma, Arch. stor. del Vicariato, Atti) Giacinta Martinazzi, romana, e con lei andò ad abitare in via delle Muratte, al n. 92. Più tardi aprì uno studio in palazzo Altemps in via di S. Apollinare, n. 8; lo lasciò nel 1871, con il declinare della sua fortuna di pittore.
Le sue prime opere pubbliche furono per la sua terra di origine, anche se vennero eseguite a Roma: per la parrocchiale di Almenno San Bartolomeo (Bergamo) eseguì la Presentazione di Gesù al tempio nel 1825; per la chiesa di S. Michele dell'Arco in Bergamo, I ss. Aldeida,Antonio,Michele e Lupo nel 1828 (nel 1861 la tela fu inviata all'Esposizione nazionale di Firenze). Sempre a Bergamo affrescò la cappella Santacroce nel vescovado (L'Eterno e I quattro Evangelisti, 1831-32) e dipinse il Ritratto di mons. Gritti-Morlacchi (sagrestia del duomo, 1832); a Calcinate (dintorni di Bergamo) inviò l'Assunta per la chiesa parrocchiale, iniziata a Roma nel 1829, ma terminata soltanto nel 1831. Dello stesso anno, 1831, è il celebre Ritratto del card. Nembrini, nel municipio di Bergamo. A Roma si legò d'amicizia con il conterraneo Gaetano Donizetti, del quale eseguì un ritratto nel 1832 (esposto nel 1897all'Esposizione donizettiana di Bergamo, nel 1915 era segnalato a Costantinopoli, in casa degli eredi del musicista).
Nel 1833 il C. fu richiamato a Bergamo per affrescarvi la cupola del duomo, ma gli affreschi si deteriorarono quasi subito e il C. dovette procedere, circa vent'anni dopo (1851-53), a una nuova decorazione (la grandiosa Gloria di S. Alessandro, i cui cartoni si trovano in una collezione privata bergamasca: Pinetti, 1915, p. 36).
II C. fu membro della Congregazione dei Virtuosi e dal 20ag. 1834 dell'Accademia di S. Luca, di cui divenne "accademico di merito" nel 1837 (all'Accademia sono conservati suoi disegni). Ebbe un importante mecenate nel principe Alessandro Torlonia che gli affidò, insieme con il Cochetti, il Carta, il Podesti e altri artisti della cerchia del Camuccini, la decorazione della sua villa sulla Nomentana (1837-39). Qui il C. affrescò, nella sala da ballo, Il Parnaso (F. Gerardi, Il Parnaso..., Roma 1839); in un salone, Storie di Alessandro Magno (G. Melchiorri, in L'Ape ital., III [1837], pp. 27 s.), e nella seconda camera del casino otto figure allegoriche. Sono andate distrutte altre due importanti imprese eseguite per i Torlonia: la decorazione del teatro Apollo a Tordinona (le dodici lunette con i Mesi, staccate all'epoca della distruzione del teatro, nell'estate del 1889, sitrovano ora in collezione privata romana: di Domenico Cortese, 1967) e quella notevole del distrutto pal. Torlonia a piazza Venezia. Qui il C. affrescò la galleria dell'Ercole e Lica del Canova con Le fatiche e l'apoteosi di Ercole e, al secondo piano, varie Storie di Psiche (ilbozzetto per le Nozze di Amore e Psiche fu inviato nel 1844all'Esposizione di Brera a Milano). La decorazione fu forse ultimata entro il 1839, ma il palazzo fu inaugurato solo nel 1842. Entro quegli anni (1839-1842) va collocata anche la decorazione della camera di conversazione nella villa di don Carlo Torlonia a Castelgandolfo (la "Delizia Carolina"), dove affrescò in monocromo quattro Figure allegoriche e quattro Scene mitologiche. Per don Marino Torlonia affrescò, nel palazzo su via Condotti (1841 circa), Scene della vita dei Gracchi (ilbozzetto per Cornelia presenta i suoi gioielli è al Museo di Roma; ill. 6, in di Domenico Cortese, 1967).
È da collocare in questo momento una più decisa conversione al purismo, innestato sulle basi neoclassiche fornitegli dal Camuccini. Questo diverso orientamento si legge nei ritratti Presti (1843) e Tasca dell'Accademia Carrara di Bergamo, nella Ascensione affrescata nella cupola della cattedrale di Porto Maurizio (oggi Imperia) e nel SS. Sacramento sull'altar maggiore (1820-42 c.).
Sono di questi anni vari quadri di soggetto storico, a destinazione privata (il Giuramento di Amedeo IV di Savoia, il Trionfo di Alessandro, la Morte di Galeazzo Visconti e Bruto mostra al popolo il cadavere di Lucrezia), eseguiti tra il 1841 e il 1843e ricordati dal Pinetti (p. 32).
Nel 1846, su commissione della regina vedova Maria Cristina, dipinse per il castello di Aglié una grande tela raffigurante Papa Eugenio III benedice le armi di Amedeo II in partenza per la crociata, tuttora in loco (Mazzocca, 1980, I).
Nel 1847fu nominato tenente (e poi capitano) del 2ºbattaglione della guardia civica dello Stato pontificio; nel novembre di quello stesso anno fu eletto consigliere capitolino, e Pio IX gli conferì la croce dell'Ordine di S. Gregorio Magno. Prese poi parte, anche se non attiva, alle vicende della Repubblica romana (fu membro della Commissione per la tutela delle belle arti e dei monumenti).
Tra il 1846 e il 1849 si recò a Savona per affrescarvi la cattedrale; nella volta raffigurò Angeli e Profeti; nel presbiterio Giulio II pone la prima pietra della Basilica vaticana e Sisto IV benedice i combattenti contro i Turchi; sulla porta, Cristo scaccia i mercenari dal tempio. Nello stesso tempo eseguì per la cattedrale di Porto Maurizio la Madonna del Carmine (quarta cappella a destra) e l'Ascensione (cappella del Sacramento).
Il C. non rimase estraneo ad una delle più colossali imprese che a Roma si andavano conducendo in quegli anni: la ricostruzione e la decorazione di S. Paolo fuori le Mura.
Nel 1840 gli era stato commissionato un quadro con il Martirio di S. Lorenzo da collocare nel coro; eseguito solo nel 1851 ora è in sagrestia. Nel 1845 il cardinale Antonelli gli affidò l'esecuzione della tela raffigurante S. Stefano cacciato dal Sinedrio, per la cappella di S. Stefano, anche questa terminata soltanto nel 1853 (L. Abbati, in L'Album, 16 luglio 1853, pp. 153-155).
Nel frattempo il C. si era nuovamente trasferito a Bergamo, dove in vari soggiorni rifece, tra il 1851 e il 1853, la decorazione della cupola del duomo (Gloria di S. Alessandro) ed eseguì, per la cappella Scotti della chiesa parrocchiale di Oreno in Brianza, una Assunta (ilcartone si conserva all'Accademia Carrara di Bergamo) e per la parrocchiale di Adrara San Martino, nel Bergamasco, i SS. Fermo e Rustico.
Tornato a Roma, vi eseguì l'anno seguente (1854) un Autoritratto inviato al municipio di Bergamo (L. Abbati, in L'Album, 5 ag. 1854, p. 190). Ancora da Roma inviò tra il 1856 e il 1857 una Madonna con il Bambino alla parrocchiale di Conemorto nel Bergamasco, S. Giuseppe a quella di Oreno, il Martirio di s. Felicita e dei suoi figli (commissionatogli più di venti anni prima, nel 1834) per l'altare maggiore della parrocchia di Ranica. Nel 1856 dipinse il sipario per il teatro Comunale di Rimini (Cesare passa il Rubicone, ora nei magazzini del comune), inaugurato l'11 luglio 1857; in quell'anno inviò alla cattedrale di Porto Maurizio una Apoteosi di s. Agostino e ricevette l'incarico per un quadro raffigurante il Transito della Vergine da collocarsi sull'altar maggiore della cattedrale di Piacenza.
La tela (di cui un bozzetto preparatorio è ora nella collezione Gulieri di Piacenza) fu finita a Roma nel 1862 e collocata sull'altare il 4 ottobre di quell'anno. Ai Piacentini non piacque e suscitò critiche violente, perché ritenuta poco adatta ad affiancare i dipinti del Procaccini nel presbiterio (agli inizi del Novecento, in occasione dei restauri alla cattedrale, la tela fu prima appesa nella controfacciata, e poi, nel 1924, trasferita nella chiesa di S. Francesco, dove ora si trova, su una parete del transetto sinistro).
L'insuccesso di Piacenza non attenuò la fortuna del C., che dal 1858 (fino al 1873) ebbe la cattedra di pittura all'Accademia di S. Luca. Entro il 1860 egli portò a termine altre importanti opere romane: i due affreschi per la navata maggiore di S. Paolo (Estasi di s. Paolo e Battesimo dei ss. Processo e Martiniano), quelli per S. Carlo ai Catinari (tra le finestre: Consegna delle chiavi,Decollazionedi s. Paolo,Sposalizio di s. Anna,Presentazione di Maria al tempio,Arresto di S. Biagio,Martirio di s. Biagio, e gli angioletti nei sottarchi della crociera) e l'Immacolata per il secondo altare a destra nella chiesa dei SS. Apostoli. Nel 1861 dipinse il sipario del teatro Nuovo di Spoleto (Disfatta di Annibale sotto Spoleto) e i due bozzetti ispirati al GiulioCesare di Shakespeare per una "Galleria shakespeariana", che non fu mai realizzata: i due bozzetti del C. si trovano ora, insieme con altri della stessa serie, alla Galleria nazionale di arte moderna a Roma (L. Callari, Bozzetti..., in Bollettino d'arte, II [1911], pp. 71-75).
Sono suoi gli affreschi della cupola e la tela dell'altare della cappella dei passionisti nella chiesa dei SS. Giovani e Paolo, altre volte assegnati a Luigi Cochetti, ma ai quali accenna in una sua lettera lo stesso C. (Pinetti, 1915, p. 34). Forse intorno al 1865 eseguì il Riposo nella fuga in Egitto per la chiesa dei SS. Andrea e Bartolomeo al Laterano; è andata dispersa la pala eseguita per la chiesa romana (distrutta nel 1888) dei SS. Faustino e Giovita (o S. Anna) dei Bresciani in via Giulia; si ignora la sorte di una Assunta inviata nel 1869 a Santiago del Cile. Il C. eseguì molte opere per collezionisti stranieri; bozzetti di sua mano si trovano nel Museo di Ripatrasone (Ascoli Piceno), nel Museo di Roma, nella Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, dove è conservato anche un Ritratto dei genitori, e nel municipio di Bergamo.
Il suo studio in palazzo Altemps fu frequentato da Nino Costa e Onorato Carlandi. Dopo l'annessione di Roma al Regno d'Italia, gli fu conferito il cavalierato, e in seguito fu nominato ufficiale della Corona (14 marzo 1873). Tuttavia, nonostante le onorificenze e i riconoscimenti, con decreto del 31 dic. 1873 il ministro dell'Istruzione Ruggero Bonghi gli revocò la cattedra di pittura all'Accademia di S. Luca della quale il C. era anche vicepresidente dal 1871. Non gli furono più affidati incarichi di sorta, e rimase pressoché dimenticato fino alla morte.Il C. morì nella notte del 20 aprile 1875 a Roma nella parrocchia di S. Maria in Via.
Ebbe due figli, Giuditta e Cesare, il quale ultimo fu pittore e partecipò anche a qualche mostra. R. Bassi Rathgeb ha letto alcune lettere, conservate nella Civica Biblioteca di Bergamo, che permettono la ricostruzione della modestissima attività di Cesare e, a proposito di un quadro rappresentante il Portico d'entrata di un convento, dice che l'artista, "pur rimanendo nel colorito pedissequo al cattivo gusto della tavolozza tradizionale del tempo", ebbe "qualità ricordabili" (Bergomum, XXXIX [1945], pp. 23 s.)
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