CITARELLI, Francesco
Nacque verso il 1790 a Napoli. Giovanissimo, fu allievo di F. Verzella, scultore in legno, l'ultimo rappresentante della grande tradizione settecentesca napoletana. Nel 1806 era presso l'Accademia di belle arti di Napoli (sezione pittura), ove nel 1813 - dopo aver seguito un corso di lezioni di anatomia - ricevette una borsa di studio per perfezionarsi a Firenze presso il gabinetto del professor Serantoris per la realizzazione di pezzi anatomici in cera. Nel 1824 il C. fu nominato scultore preparatore in cera presso l'Accademia di belle arti di Napoli, ove eseguì pezzi per lo studio dell'anatomia artistica (distrutti nell'ultima guerra). Nel 1825 ricevette l'incarico di realizzare un gruppo di venti pezzi anatomici in cera (umani e animali) per il Museo della scuola di anatomia (ivi conservati): il lavoro, durato quattro anni, costò la notevole somma di 1.000 ducati e fu classificato unico in Italia.
Intanto, sin dal 1822, il C. aveva ricevuto commesse per opere di pittura e scultura, ove le eleganze dell'accademismo neoclassico, portato del momento, appaiono fuse a un robusto impianto d'origine settecentesca, come nelle tele del 1822 per la distrutta cappella della Concezione al Mercato, e nel cartone per il concorso alla cattedra di pittura del 1850, illustrante Giacobbe moribondo che benedice i figli (Napoli, Gall. dell'Acc. di belle arti). L'incarico ufficiale del '42 (unitamente ad altri artisti) di realizzare sculture e rilievi marmorei, raffiguranti trofei d'armi e figure allegoriche, per lo scalone d'onore del palazzo reale di Napoli, rafforza l'adesione del C. all'imperante gusto eclettico e richiama su di lui l'attenzione delle commissioni per le opere pubbliche. La sua notorietà culminerà nel 1850 con la nomina a titolare della cattedra di pittura presso l'Accademia di belle arti. Nel maggio del 1861 venne nominato professore emerito dell'Accademia; erano gli anni nei quali la monarchia dei Savoia cercava d'ingraziarsi la cultura locale commissionando agli artisti opere che faranno partedelle collezioni reali: al C. fu ordinato il Cupido (Museo di Capodimonte), una scultura in marmo ricca di sensibilità settecentesca, mitigata dal gusto del momento che era quello del tardo accademismo neoclassico.
Intanto il C. aveva, sin dal 1857, scolpito le due statue in marmo, raffiguranti S. Giuseppe e S. Gennaro, per la chiesa di Monteverginella, ove si riflettono gli stilemi delle sue opere a carattere devozionale realizzate in legno, terracotta policroma e stucco: è questa l'autentica vena del C., un merito che in realtà gli venne solo riconosciuto dalla ricca committenza degli Ordini religiosi e non dall'ambiente ufficiale dell'Accademia, per il quale tale operato veniva considerato come attività artigianale costituente un elemento negativo pregiudiziale: infatti, nei documenti che attestano il lungo rapporto del C. con l'istituto, durato tutta la vita, non si fa mai cenno a tale casistica.
Il C. si aggancia alla iconografia della tradizione settecentesca (memore del giovanile apprendistato presso il Verzella), innovandola attraverso le raggelate eleganze dell'accademizzato gusto neoclassico, sorrette da una cromia smorzata dall'intervento delle sbiaccature. Di tale complessa attività, che va dal 1840 agli ultimi anni della vita, sono da ricordare, tra l'altro, l'Immacolata (lignea) della chiesa di S. Antonino a Sorrento; i modelli in cera per le statue in argento di S. Anna e di S. Biagio, destinate al Tesoro di S. Gennaro nel duomo di Napoli, del 1842 e del 1856; il gruppo ligneo policromo di S. Martino e il povero del 1849 per il duomo di Gragnano (Castellammare di Stabia); quello di S. Francesco Saverio ed i fanciulli per la Confraternita di S. Antonio abate; i battenti lignei per la chiesa di S. Maria di Piedigrotta del 1853; i due straordinari gruppi di S. Michele arcangelo per la chiesa di S. Giuseppe del Ruffo e dell'Arcangelo Raffaele e Tobia per la chiesa di S. Maria della Pazienza del 1859, fino alla Madonna Assunta di Macchiodema Matese del 1869.
Il C. è anche indicato dalla tradizione storiografica ottocentesca come l'ultimo degli scultori che realizzarono figure lignee da presepe, dalla varia altezza, improntate agli antichi schemi attuafizzati dalle eleganze neoclassiche: qui il divario tra le immagini sacre (Sacra Famiglia, angeli, re magi) e profane (contadini, popolani, mandriani), già evidente nelle opere degli artisti dei secoli precedenti, si accentua nell'interpretazione dei tratti somatici vivamente risentiti al punto da presentarsi come chiare anticipazioni veriste: istanze che per il C. hanno avuto la loro matrice sia nella pratica dei pezzi anatomici in cera, sia nell'avvio dato a tale gusto dagli scultori-plasticatori di figure da presepe nati nella seconda metà del Settecento e ancora attivi nel primo ventennio dell'Ottocento, come per esempio gli Ingaldo (Aniello e Nicola) ed Angelo Viva. Così il gusto verista napoletano - alla luce di tali documenti -, apparso con tanto anticipo attraverso i gruppi presepiali, dev'essere considerato come il risultato dell'esasperazione del naturalismo settecentesco. Tali stimolanti esempi furono alla base delle ricerche del C. e l'aiutarono a raggiungere il proprio obiettivo attraverso un rigore analitico quasi scientifico, come si rileva, tra l'altro, nell'eccezionale Testa di vecchio, a grandezza naturale (Napoli, coll. C. Bugli; realizzata per un disperso complesso presepiale), risentitamente caratterizzata e condotta con una foga realistica eguagliabile solo ai futuri risultati di un Lista, di un D'Orsi e di un Gemito, ai quali tali fermenti non erano ignoti, se in alcuni ritratti in terracotta si ritrovano, nelle maschere e nei capelli, i medesimi schemi e dettagli di molte figure presepiali realizzate entro il primo ventennio dell'Ottocento dagli artisti sopra indicati, in primo luogo dal Citarelli. Così la sua lezione travalica il limite della contemporaneità del gusto eclettico per approdare, proprio attraverso le opere considerate minori e non accettate dalla cultura ufficiale, alle sponde del nuovo gusto verista, quello che darà alla cultura napoletana l'ultima sua grande stagione.
Notevoli appaiono il complesso presepiale, a grandezza naturale, che viene esposto nell'occasione natalizia nella chiesa dei SS. Severino e Sossio, composto dalla Sacra Famiglia,pastori inadorazione,e gruppo dei re magi, nonché le figure "terzine" del Museo di Baranello (Campobasso) e quelle sparse nelle collezioni napoletane.
Morì a Napoli nel 1871.
Fonti e Bibl.: G. B. Grossi, Ricerche su l'orig. dell'arte del disegno, Napoli 1922, VI, p. 68; C. Chiarini in C. Celano, Del bello dell'antico... della città di Napoli, a cura di C. Chiarini, Napoli 1859, III, p. 914; IV, p. 202; V, p. 756; A. G. Galante, Napoli sacra, Napoli 1871, p. 373; P. B. Bonaventura, Sorrento sacra, Sorrento 1877, p. 484; G. Filangieri, Docc. per la storia delle prov. meridionali, Napoli 1891, III, p. 241; L. Correra, I pastori ed il presepe napoletano, in Emporium, XV (1900), p. 71; A. Maresca, Battenti e decoraz. marmoree, in Napoli nobilissima, XI (1903), p. 128; P. Scotti, La chiesa di S. Paolo Maggiore, Napoli 1922, p. 10; C. Lorenzetti, L'Accad. diBelle Arti di Napoli, Firenze 1952, pp. 69, 82 ss.; F. Strazzullo, La corporazione dei pittori napoletani, Napoli 1962, p. 32; G. Borrelli, Il presepe napoletano, Roma-Napoli 1970, pp. 122, 249 ss.; E. e C. Catello, Argenti napoletani dal sec. XVI al sec. XIX, Napoli 1973, p. 138; G. Borrelli, La scultura maiolicata a Napoli dall'Ottocento al Novecento, in Realtà del Mezzog. (Roma), XV (1975), 8-9, p. 681; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 15, s. v. Citarella Francesco.