BENINCASA, Francesco Cinzio
Figlio di Stefano di Dionisio Benincasa, nacque forse a Cagli (Pesaro) intorno al 1450. Era il più grande di altri tre fratelli: Piergirolamo, Alessandro e Vincenzo. La famiglia, originaria del castello di Col Colombano, presso Cagli, aveva ottenuto la cittadinanza di Ancona nella prima metà del sec. XV. Non è certo, come attestano alcune fonti, che egli abbia studiato a Roma. Appare più probabile come sede dei suoi studi Ancona (dove egli avrebbe potuto avere come maestro Mario Filelfo), e poi Venezia.
Quali che siano le vicende della sua prima educazione letteraria, il B. ottenne prestissimo una notevole reputazione come poeta. In parecchi documenti successivi (databili dal 1487 in poi) è designato da Mattia Corvino come "eques auratus, poeta laureatus". Vi è ragione di credere che egli fu laureato dall'imperatore Federico III nel dicembre del 1468, allorché l'imperatore, diretto a Roma, si fermò una notte ad Ancona e in tale occasione "concesse alcune dignità ad diversi cittadini così mundani como sacerdoti". Probabilmente il B. recitò un'orazione ispirata alla circostanza. Mancano su di lui altre notizie fino al 1480, allorché fu nominato castellano del Rivellino di Ancona (fortilizio cittadino), forse in virtù di qualche benemeranza che egli si era acquistata in imprese di guerra.
Probabilmente nel 1483, o nell'anno successivo, il B. cominciò a prestare servizio sotto Mattia Corvino. Da alcuni documenti risulta che venne adibito dal re d'Ungheria quale agente diplomatico, ma non è da escludere che la sua attività letteraria abbia avuta una parte importante nell'attribuzione dei vari incarichi. Va a tale riguardo ricordato che dopo le nozze di Mattia Corvino con Beatrice d'Aragona (1476) frequenti erano i favori concessi dal re ad artisti e letterati italiani emigrati in Ungheria. E, d'altro canto, l'assunzione del B. al servizio di Mattia Corvino non sembra che possa disgiungersi dalla crescente ingerenza (diplomatica, e soprattuto militare) dell'Ungheria nel gioco delle potenze cristiane che difendevano l'Adriatico dalla minaccia turca.
Il primo documento che attesta l'attività del B. in Ungheria risale al 27 maggio 1487: in questa data il re gli faceva dono del castello di Buccari sulla costa dalmata (passato alla corona di Ungheria dalla famiglia Frangipane), oltre al castello di Buccarizza e a quello di Tersatto. Egli prese possesso del castello di Buccari il 9 ag. 1487.
A questa data è presurnibile che Mattia Corvino si fosse dimostrato cosi prodigo verso il B. più per i servigi che sperava di ottenerne che per quelli già resi dal Benincasa. Ancona, retta da un Consiglio di Anziani e strettamente legata alla volontà politica del pontefice, era infatti situata in un'ottima posizione strategica, sia quale caposaldo per la lotta contro i Turchi nel mare Adriatico, sia come testa di ponte che Mattia Corvino sperava di costituire onde raggiungere agevolmente Napoli, e dar man forte, in caso di necessità, a Ferrante d'Aragona. Il B. sarebbe stato utilizzato per la realizzazione di questo piano, il quale si scontrava apertamente con la volontà di Innocenzo VIII.
Nel 1487 Mattia Corvino offrì e firmò un trattato col quale garantiva ad Ancona e alla sua flotta la propria protezione contro i Turchi, i Veneziani, e lo stesso re di Napoli: ciò che provocò la reazione di Innocenzo VIII e la scomunica del governo cittadino.
Il governo di Ancona corse ai ripari e inviò formali scuse al papa. Mattia Corvino da parte sua si affrettò ad assicurare il papa che non aveva alcuna intenzione di menomare in Ancona l'autorità del pontefice. In questo periodo il B., che era in città, non prese parte alcuna alle trattative per il ripristino dei buoni rapporti col papa. Nel 1488 il Consiglio cittadino lo nominò "oratore alla Maestà di re di Hungaria" onde esprimere a Mattia Corvino la gratitudine degli Anconitani, la lealtà al re, e pregarlo di proteggere la città dai pirati, dal re di Napoli e dal gran maestro di Rodi (l'istruzione porta la data del 4 giugno 1488). Nel 1489 Mattia Corvino, allo scopo di tranquillizzare il papa circa le temute mire su Ancona, decise di inviare un'ambasceria a Roma della quale sembra che facesse parte il B. scortato da cento cavalieri armati. Contemporaneamente a questa missione, le fonti attestano un'altra ambasceria portata, da lui a termine: quella a Camerino presso Giulio Cesare Varano allo scopo di concludere un trattato in base al quale il Varano garantisse il suo appoggio a Mattia Corvino e a re Ferrante contro Innocenzo VIII. In tale occasione il Varano, che aveva contratto una spontanea e viva amicizia col B., gli donò un'isola che sorgeva sul lago di Sefro (29 maggio 1489).
L'ambasceria a Camerino segnò l'apogeo della fortuna del Benincasa. L'entusiasmo di Ancona per l'alleanza con l'Ungheria fu però di breve durata e il Consiglio cominciò a considerare le conseguenze di un conflitto con il pontefice. All'inizio del 1490, quando Mattia Corvino improvvisamente rivelò i reali motivi della sua alleanza chiedendo il diritto di passaggio per sé e per tre o quattromila cavalieri, ottenne dalla città un rifiuto. Nell'aprile del 1490 Mattia Corvino morì. Il B. tentò di conservare il possesso delle terre elargitegli dalla Corona, ma Bernardino Frangipane s'impadronì con le armi dei beni che prima del 1487 erano appartenuti ad altro ramo della sua famiglia. Sì che il B., abbandonato per il momento ogni rapporto con la corte ungherese di Ladislao II, tornò ad abitare in Ancona.
Nel 1493 egli fu uno degli Anziani della città. Sposò poi una figlia di Giacomo Bonarelli, membro di una delle più nobili famiglie anconitane. Nel 1494 allestì una nave per conto di Ladislao II; nel 1502 fu nominato "sopracomite" delle due navi da lui costruite per conto del papa Alessandro VI e facenti parte della piccola flotta denominata "armata di S. Maura", che doveva operare nell'Adriatico contro le incursioni turche. Il 21 dic. 1502 fu invitato ufficialmente dal Senato veneziano a costruire due navi per conto della Repubblica. A Venezia egli successivamente riparò, quando, spaventato dal prepotere di Cesare Borgia, che aveva occupato Urbino e ucciso il Varano, decise che non era prudente per lui soggiornare ad Ancona. Nella piccola corte che Guidubaldo da Montefeltro, esule anch'egli, aveva a Venezia, il B. nel 1502 conobbe Pierio Valeriano.
L'anno successivo la situazione politica in Romagna aveva subito una svolta decisiva. Alla morte di Alessandro VI, Guidubaldo poteva ritornare trionfalmente ad Urbino (il cui possesso gli veniva confermato da Pio III) e condurre una fortunata campagna contro le milizie che Cesare Borgia aveva lasciato a Bertinoro, Cesena e Forlì. Probabilmente nel 1504il duca di Urbino donò al B. il castello di Col Colombano, luogo di origine della sua casata. Il B. designò il figlio di un suo cugino come governatore del castello.
Nel 1504 il B. tornò ad Ancona, dove sperava di trascorrere tranquillamente il resto della sua vita, senonché uno dei suoi fratelli, tentato dalle vaste proprietà di cui egli disponeva, lo denunciò al papa come un cospiratore contro la sua sovranità. Il 6 febbr. 1507 il legato pontificio Antonio Ferretti convocava il Consiglio di Ancona e dopo un breve processo, nel corso del quale venne accusato di aver spedito una lettera all'imperatore Massimiliano, durante il giubileo del 1500, nella quale lo avrebbe invitato a conquistare la città, il B. fu condannato al bando da Ancona. Poco dopo Giulio II commutò la condanna alla reclusione nella rocca di Fano, dove il B. morì in data non precisabile, ma sicuramente dopo non molti mesi di prigionia.
Abbastanza scarse sono le testimonianze della sua attività come poeta in latino. Al 1480risale probabilmente un'elegia ìndirizzata a L. Lazzarelli e stampata in Ludovici Lazzarelli... Bombyx, Iesi 1765, pp. 33-35; un epitafflo destinato alla tomba del beato Gabriele Ferretti fu stampato nel Compendio della vita del b. Gabriele Ferretti, Roma 1753, p. 80, mentre un epigramma sulla figura di un cavaliere che veste le insegne di Ancona fu pubblicato da A. Peruzzi, in Dissertazioni anconitane, I, Bologna 1818, pp. 275 s.Come poeta in volgare la sua notorietà è affidata a tre soli strambotti: uno fu pubblicato da G. Zannoni, Strambotti inediti del sec. XVI, in Rendic. della R. Acc. dei Lincei, classe di scienze morali, stor. e filol., s. 5, I (1892), p. 632, gli altri due furono compresi nel Compendio de cose nove di Vincenzo Calmeta et altri auctori..., Venezia 1507. Itre strambotti, unitamente ai versi latini, sono stati di recente ristampati nello studio del Lightbown dedicato al Benincasa.
Bibl.: R. W. Lightbown, Francesco Cinzio Benincasa, in Italian Studies, XIX (1964), pp. 28-55 (con cit. di fonti e bibl. preced.).