CINQUINI, Francesco
Doveva trovarsi già da tempo a Roma nel 1462 se, come peraltro è assai probabile, deve essere identificato con il Francesco Cinquini il nome del quale appare su una lapide che si trova nella chiesa dell'Aracoeli e che reca appunto tale data. In quell'anno 1462 infatti un Francesco Cinquina, mercante di origine pisana, curava nella chiesa romana la costruzione di una tomba per il fratello Raniero, che avrebbe in seguito dovuto ospitare le spoglie sue e dei suoi discendenti. Il suo nome riappare molti anni dopo nel colophon diun'operetta di Paolo da Bergamo che reca la data del 18 luglio 1479 e che appare stampata in casa di Francesco Cinquini presso la chiesa di S. Maria del Popolo.
Non è probabile che il mercante pisano si fosse improvvisato tipografo: si può ritenere piuttosto che, attratto dai possibili sviluppi commerciali di un'attività che si preannunciava lucrosa, avesse organizzato nella propria casa una tipografia ricorrendo all'apporto tecnico e materiale di stampatori quasi certamente tedeschi come pressoché tutti quelli attivi a Roma durante il sec. XV. Si tratta in definitiva di un tentativo, più o meno riuscito, di impiantare, da parte di artefici tedeschi, già attivi in altre tipografie, una attività indipendente in collaborazione col mercante italiano che offriva, con i capitali necessari, persino l'ambiente fisico dove impiantare l'officina. La tipografia che trovò la sua sede in casa del C. non ebbe tuttavia grande successo commerciale e la sua attività non fu di lunga durata essendosi tutta svolta tra la fine del 1477 e la fine del 1479: la stampa, attraversava un periodò di crisi in quegli anni e d'altra parte esistevano in Roma nello stesso periodo altre tipografie, ben altrimenti fiorenti, che monopolizzavano di fatto il mercato.
Il libro più antico la cui stampa possa attribuirsi alla tipografia che aveva sede in casa dei C. è una edizione del Manipulus curatorum di Guido da Monterochen, che, sia pure senza nome di tipografo, porta la data dal 1° dic. 1477 ed è impresso con quello stesso carattere impiegato nelle due opere sottoscritte; un piccolo gotico abbastanza elegante, di disegno non propriamente tedesco e pure non troppo dissimile da altri caratteri usati in quegli anni a Roma da altri tipografi tedeschi, come Giorgio Teutonico o Stephan Plannck.
Del luglio 1479 è, come si è detto, L'apologia Fratrum Eremitarum Ordinis S. Augustini di Paolo da Bergamo e contemporanea deve essere stata la stampa di un altro volume contenente varie opere dello stesso autore; da notare che Paolo da Berganao era il generale degli agostinianì e questo, unitamente al fatto che la maggior parte della sua produzione è di carattere ecclesiastico, suggerisce che la tipografia del C. e dei suoi soci fosse strettamente collegata col convento degli agostiniani, annesso a S. Maria del Popolo presso la quale era la casa del Cinquini.
Il 20 dic. 1479 è la data della Summa de potestate ecclesiastica di Agostino d'Ancona, sottoscritta con la solita formula "n domo Francisci de Cinquinis apud Sanctam Mariani de Populo", la cui edizione è curata ancora da Paolo da Bergamo. Altre quattro edizioni non datate né sottoscritte, ma stampate con il solito gotico, completano la scarsa attività della tipografia: di queste una Bulla "Tandem ascensurus" de reformatione hospitalis S. Spiritus di Sisto IV, datata 21 marzo 1478, sarà stata stampata nel corso di quell'anno, le altre tre, due diverse edizioni della Summa confessionis di s. Antonino e i Sermones diLeonardo da Udine, non sono in alcun modo databili, ma la loro stampa non sarà certamente stata anteriore al 1477 né posteriore, al più tardi, al 1480.
In seguito non si hanno più notizie né della tipografia né del Cinquini.
Fonti e Bibl.: V. Forcella, Iscriz. delle chiese e altri edifici di Roma, I, Roma 1869, p. 141; Catalogue of books printed in the XVth century now in the British Museum, IV, London 1916, pp. XIV, 75 s.; K. Haebler, Die deutschen Buchdrucker des XV. Jahrhunderts im Auslande, München 1924, pp. 86 a.; L. De Gregori, La stampa a Roma nel sec. XV, Roma 1933, pp. 69 s.; Indice, generale degli incunaboli delle Biblioteche d'Italia, I, nn. 630, 631, 1063; III, nn. 4570, 5740; V, n. 9024.