CASATI, Francesco
Nacque a Piacenza nel 1620 da Lodovico e da Vittoria de' Punginibbi: apparteneva a un ramo della antica famiglia milanese trapiantatosi a Piacenza nel sec. XIV. Suo nonno, Paolo Emilio, valente giurista, era stato consigliere dei duchi Estensi e aveva ottenuto per sé e per i discendenti la cittadinanza modenese. Nel 1642 il C. sposò Camilla di Salvatore Baronis, nobile di Cuneo, dalla quale ebbe un figlio, Bartolomeo, ed una figlia. Nel 1654 fu nominato dal duca di Parma, Ranuccio II, suo residente in Milano; tenne questo ufficio fino al 1657. Tornato a Piacenza (sua moglie era morta nel 1654) si fece prete. Insieme con un fratello e un cugino comperò il feudo di Andonno nel Cuneese e nel 1660 il duca di Savoia, Carlo Emanuele II, gli concedette il titolo di marchese trasmissibile per linea maschile primogenitale. Nello stesso anno, il 6 aprile, ottenne a Bologna la laurea in leggi. Aveva lasciato il servizio della corte di Parma, costretto - come scrive in una lettera - dai torti insoffribili fattigli dai ministri del duca. Trasferitosi a Roma entrò al servizio del card. Rinaldo d'Este e divenne presto il suo uomo di fiducia.
Nei lunghi periodi in cui il porporato risiedeva a Modena o a Reggio il C. teneva per lui i contatti coi cardinali di Curia, sbrigava le pratiche relative ai benefici che egli aveva od ai quali aspirava (segnatamente alcune abbazie in Francia), si prendeva cura dei beni da lui posseduti in Roma. Saltuariamente anche il duca di Modena, Alfonso IV, gli dava commissioni diplomatiche.Nel marzo 1662 il cardinale, tornato a Roma, mandò il C. a Parigi come intendente e procuratore generale dei suoi affari in Francia. Al tempo stesso egli doveva trattare anche diversi negozi nell'interesse del duca.
In primo luogo doveva assicurare il re, la regina e i ministri (ai quali tutti doveva consegnare lettere autografe del duca) della inalterabile fedeltà della casa d'Este alla Francia: il che era tanto più necessario in quanto il duca, ancor prima che si concludesse la pace dei Pirenei (7 nov. 1659), era venuto ad un accordo con la Spagna, e la morte del card. Mazzarino (9 marzo 1661), zio della duchessa, aveva tolto alla corte di Modena un considerabile appoggio. Il C. doveva poi adoperarsi perché fosse dato ordine al duca di Créqui, ambasciatore francese a Roma, di insistere perché venisse sollecitamente decisa, come voleva il cap. 99 della pace dei Pirenei, la controversia per Comacchio; fare indagini per vedere se fosse possibile trovare un buon partito per Isabella, sorella del duca; accettare che le 40.000 lire francesi annue, legate dal defunto cardinale alla duchessa, venissero garantite sulle rendite di certi palazzi a Parigi ed altrove; trattare alcune questioni relative ai ducati di Mirandola e di Guastalla.
Le lunghe lettere che il C. inviava quasi quotidianamente al cardinale recano infiniti ragguagli sui molti colloqui che egli ebbe coi ministri Lionne, Tellier e Colbert (che in genere sembra poco favorevole alle richieste estensi). Nell'estate del 1663 il C. fece un viaggio nella Francia meridionale per visitare le abbazie del card. Rinaldo. Visitò Moissac, Bonnecombe e Cluny e le trovò tutte in cattivo stato. Poi fu di nuovo a Parigi, dove restò fino all'ottobre 1664, quando si recò a visitare l'abbazia di Arras, di cui il cardinale era amministratore perpetuo. Nel novembre rientrò in Italia; ma vi rimase poco, giacché nel gennaio era di nuovo in viaggio per la Francia.
Prima di recarsi a Parigi doveva accompagnare i giovinetti principi Foresto e Cesare d'Este, orfani di Borso, che secondo il suggerimento dello stesso Luigi XIV andavano nel famoso collegio gesuitico di La Flèche per esservi educati.
A Parigi il C. continuò a curare gli interessi sia del cardinale, sia della duchessa reggente e ad inviare le notizie degli affari diplomatici e della vita di corte. Mandò anche, dietro sua richiesta, parecchi avvisi alla duchessa di Parma, Isabella d'Este. Tornò definitivamente in Italia verso la fine dell'anno. Nel 1667 fu conclavista del cardinale, che gli ottenne, il 15 giugno 1670, il titolo di arcivescovo di Trebisonda.
Il card. Rinaldo morì il 30 sett. 1672 legandogli, vita natural durante, un assegno mensile di 50 scudi romani. Dopo la sua morte il C. visse per lo più a Roma e talora a Piacenza, senza, pare, particolari incarichi. L'assegno lasciatogli dal cardinale gli fu regolarmente pagato fino al 1694, quando, morto il duca Francesco II, la Camera ducale ne cessò il pagamento allegando che il defunto card. Rinaldo non aveva lasciato beni. Inutili furono le proteste del C. che passò gli ultimi anni in relative ristrettezze. Nel 1701 Clemente XI lo nominò assistente al soglio pontificio.
Morì a Roma il 16 ott. 1702.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Arch. Estense, Carteggi di principi e signorie: vescovi, b. 34; Carteggi di oratori esteri, Parma a Milano, b. 2; Particolari, b. 296; Ambasciatori, ecc., Roma, bb. 249, 250, 253; Parma, b. 14; Francia, bb. 126-128; F. Guasco, Diz. feudale degli antichi Stati Sardi, I, Pinerolo 1911, p. 63; G. Bertuzzi, IPiacentini vescovi, Piacenza 1938, pp. 67-69; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare ital., II, p. 352; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica, V, Patavii 1952, p. 386.