CASATI, Francesco
Di nobile famiglia milanese, nacque nella prima metà del sec. XV da Cristoforo e da Brigida Crivelli.
Scrittore apostolico in epoca imprecisata, si affacciò alla vita pubblica del ducato di Milano nel 1471, quando presto giuramento quale cancelliere della Cancelleria segreta del duca Galeazzo Maria Sforza. Nel giugno del 1478, dopo la congiura dei Pazzi e la scomunica di Lorenzo de' Medici da parte di Sisto IV, la reggente Bona di Savoia inviò il C. a Napoli per tentare di allontanare Ferdinando I dall'alleanza con il papa; questo obiettivo non fu però raggiunto.
Nel 1479 e nel 1480 Lo dovico il Moro, che dal settembre del 1479 era rientrato a Milano e andava concentrando in sé rapidamente tutti i poteri, inviò il C. a Bologna, presso Giovanni Bentivoglio. Anche nel 1481, mentre, giunti a un accordo Lorenzo de' Medici e il re di Napoli e scoppiata la guerra di Otranto, già si profilavano le premesse del prossimo conflitto, noto con il nome di guerra di Ferrara, il C. era a Bologna, continuando il Bentivoglio a rimanere al soldo degli Sforza. Si trovava in questa città quando nel luglio vi arrivarono Caterina Sforza e il marito Girolamo Riario, che da Roma si recavano nei loro domini in Romagna. In questa occasione il C. ebbe l'incarico di mettere in guardia il conte da una adesione troppo pedissequa ai voleri della Repubblica di Venezia. Inviò anche al Moro, il 18 luglio, una descrizione dell'ingresso dei Riario a Forlì. Il 7 genn. 1480 intanto egli aveva assuntole funzioni di segretario della Cancelleria segreta. Un'altra missione diplomatica il C. la compì nel 1486 presso le Leghe svizzere, subito dopo che la crisi sorta tra esse e il ducato si era conclusa con l'accordo raggiunto a Rovereto ad opera di Gian Giacomo Trivulzio alla fine dell'anno precedente. Il 1° genn. del 1487 il C. fu nominato commissario per la tassa sui cavalli per il territorio di Novara, insieme a Giovanni Lampugnani. Nel giugno dello stesso anno fu inviato presso il re di Francia.
Era scoppiato, dopo la conclusione della congiura dei baroni e della guerra fra il papa ed il re di Napoli, il contrasto che oppose Firenze a Genova, e questa era divisa in due fazioni: una favorevole al ritorno sotto la signoria di Milano e l'altra che avrebbe preferito fare atto di sottomissione a Carlo VIII. Fu la prima che riuscì a prevalere, ma la diplomazia milanese doveva far sì che la Francia accettasse di buon grado la nuova dominazione sforzesca a Genova e rinnovasse come di fatto avvenne, quel trattato di alleanza che Luigi XI aveva stretto con Francesco Sforza prima e poi più volte confermato a favore di Galeazzo Maria e di Bona di Savoia.
Dopo poco più di un anno, nell'agosto del 1488, il C. compì una seconda missione in Francia, che avrebbe richiesto un successivo viaggio a novembre, nel quale egli fu però sostituito da Erasmo Brasca e da Amedeo Valperga.
Il 10 maggio 1489 furono sottoscritti i patti nuziali fra il Moro e Beatrice d'Este, seguiti subito dopo da quelli di Alfonso d'Este e Anna Sforza. Con una istruzione del 12 apr. 1490 il C. fu inviato a Ferrara, presso la corte estense. Egli, che il 30 apr. 1480 aveva già firmato, quale procuratore del Moro, i capitoli matrimoniali, doveva perfezionare i residui accordi per la venuta a Milano della sposa e definire gli ultimi particolari per l'altro matrimonio principesco.
Oltre all'invito per i familiari di Beatrice il C. recò in dono alla giovane da parte del promesso sposo una collana di perle corredata da un prezioso pendaglio. Si trattava allora anche un altro augusto connubio, quello di Bianca Maria Sforza con l'imperatore Massimiliano. Nello stesso 1490 il C. compì, allo scopo di mettere a punto dettagli riguardanti quest'unione, una missione presso l'imperatore. Vi si recò di nuovo anche l'anno successivo, questa volta per le trattative segrete che il Moro conduceva al fine di ottenere il titolo di duca di Milano.
Nella primavera del 1493 l'attività diplomatica degli Stati italiani era febbrile e l'imminenza della campagna francese in Italia induceva ognuno a cercare alleanze. Nel maggio, al C., a capo delle milizie ducali, fu impedito l'ingresso a Forlì da Giacomo Feo, amante di Caterina Sforza Riario, la quale, sollecitata da una parte ad aderire alla causa del re di Napoli e dall'altra a favorire invece la lega stretta fra Milano, Venezia e il papa, non aveva preso ancora la decisione, che poi avrebbe mutato entro lo stesso anno, di allearsi con gli Aragona. Dopo una rapida puntata a Firenze, il C. fu ricevuto a Faenza dalla contessa, che cercava così di rabbonire Lodovico il Moro, il quale aveva fatto le sue rimostranze per la decisione presa a Forlì nei riguardi del Casati.
Dopo il ritorno di Carlo VIII in Francia, mentre Ferrandino era intento al recupero del Regno, nel gennaio del 1496, il C. era a Napoli, donde inviava ragguagli al duca sulla situazione e sui progressi dell'Aragonese. Quando si arrivò alla capitolazione di Atella, il C. firmò come garante, quale ambasciatore del duca di Milano, i capitoli di resa del Montpensier. Morto Ferrandino, il C., il 20 novembre dello stesso anno, ricevette in dono da re Federico, in campo presso Gaeta, le miniere d'argento presso Longobucco in Calabria. L'anno successivo, sempre nel Regno, egli si interpose fra Antonello Sanseverino ed il re propiziandone l'accordo. Inoltre si adoperò con successo a che il principato di Rossano e le contee di Rosarno e di Longobucco, già concesse agli Sforza nel marzo del 1487, fossero loro restituiti. Quando nel 1498, mentre l'avvento al trono di Francia di Luigi XII preludeva alla nuova invasione francese, il papa cercava con un'alleanza matrimoniale di avvicinarsi al re di Napoli, H C. ebbe l'incarico dal Moro di confortare re Federico ad accettare per la figlia Carlotta il matrimonio con Cesare Borgia, peraltro ancora cardinale. Pare però che egli assolvesse male questo incarico, poiché il papa lo accusò di avere sconsigliato - invece di spingere - il sovrano ad acconsentire a questa unione.
Non sappiamo dove si trovasse il C. al momento del crollo del ducato di Milano, ma nel maggio del 1499 pare fosse di ritorno da Costantinopoli a Napoli, dove veniva tratto in arresto per ordine di re Federico. Se non si tratta di un omonimo, certo la prigionia dei C. non durò molto ed egli tornò successivamente a Milano, dove da Luigi XII accettò il conferimento del cavalierato.
Con il ritorno nel ducato di uno Sforza, Massimiliano, il C. tornò ad assumere varie cariche, fra cui quella di capitano di Gallarate e maestro delle Entrate ordinarie e, dall'agosto del 1514, di prefetto "rei pecuniarie". Rientrato successivamente nell'ombra, non ne riemerse neanche con la seguente restaurazione sforzesca.
Morì in Cremona il 4 nov. 1528.
Ebbe tre figli, Giovan Cristoforo, Massimiliano e Laura dalla moglie, Isabella Trotti, damigella della duchessa Beatrice, ed uno adulterino, Ercole, da Lucia Aliprandi.
Al C. Filippo Beroaldo dedicò, gratificandolo come provvisto di un grande amore per le lettere ed i letterati ed ornato di singolari doti d'animo, le sue Annotationes in commentartos Servii vergilianos, edite a Bologna nel 1482 (Indice generale degli incunaboli delle Biblioteche d'Italia, n. 1584).
Con lui fu confuso talvolta un Francesco da Casale, che fu cancelliere di Girolamo Riario e compì nel 1495 una missione diplomatica ad Asti presso il duca di Orléans.
Fonti e Bibl.: M. Sanuto, Diarii, I, Venezia 1879, coll. 35, 259; G. Gherardi, Dispacci e lettere, a cura di E. Carusi, Roma 1909, pp. 221 s., 230, 238, 461, 542; Gli uffici del dominio sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1948, pp. 50, 55, 203, 304; J. Mazzoleni, Fonti per la storia dell'epoca aragonese, in Arch. stor. per le prov. napol., n. s., XXXIII (1952), p. 127; Gli offici del Comune di Milano…, a cura di C. Santoro, Milano 1968, pp. 397, 404; P. D. Pasolini, Caterina Sforza, III, Roma 1893, pp. 74, 79, 182, 193; L. G. Pélissier, Sopra alcuni documenti, in Arch. della Soc. romana di st. patria, XVII (1894), pp. 307 s.;Id., Louis XII et Ludovic Sforza, II, Paris 1897, p. 481; N. Ferorelli, Il ducato di Bari..., in Arch. stor. lomb., XLI (1914), p. 454; F. Malaguzzi Valeri, La corte di Lodovico il Moro. La vita privata e l'arte a Milano..., Milano 1929, p. 39; F. Catalano, La crisi politica e sociale..., in Storia di Milano, VII, Milano 1956, pp. 486 s.; L. Cerioni, La diplomazia sforzesca, Roma 1970, I, pp. 159 s.; F. Calvi, Famiglie notabili milanesi, IV, s. v. Casati, tav. VII.