CARRARA, Francesco
Criminalista, nato in Lucca il 18 settembre 1805. Laureatosi in giurisprudenza a Pisa, dove ascoltò le lezioni di Giovanni Carmignani, intraprese a Lucca l'esercizio della professione forense e in seguito, nominato professore di diritto criminale nel liceo, vi tenne l'insegnamento per circa dodici anni. Salito in fama di valoroso criminalista, quantunque nessun lavoro scientifico avesse pubblicato in materia, fu nel 1859 chiamato nell'università di Pisa alla cattedra di diritto criminale. Da allora s'iniziò la sua vasta produzione scientifica che lo collocò in breve al primo posto, in Italia e all'estero, tra i cultori del diritto penale; a questo diede innanzi tutto una completa sistemazione scientifica nel Programma del corso di diritto criminale. Molti punti particolari svolse invece in lavori a parte che furono riuniti in una serie di volumi sotto il titolo di Opuscoli. Fu patriota e liberale fin dalla giovinezza, ma non partecipò in modo attivo agli eventi politici del tempo. Dopo la costituzione del regno d'Italia fu eletto deputato al parlamento dal collegio di Capannori, che rappresentò durante le legislature VIII, IX e X, fino al novembre del 1870. Quantunque non fosse attratto dalla politica, volle di nuovo nel 1874 presentarsi candidato nel collegio di Borgo a Mozzano, ritenendo che la sua azione avrebbe potuto riuscire di qualche utilità nel parlamento per impedire che fosse mantenuta nell'unificazione legislativa e quindi introdotta nelle provincie della Toscana, la pena di morte. Caduto in quelle elezioni, fu poi il 15 maggio 1876 nominato senatore. Nell'ultimo decennio della sua vita ebbe a difendere le proprie dottrine dai primi attacchi della nascente scuola positiva. Ritenendo quasi chiusa e perfetta la sistemazione da lui data al diritto penale nel Programma, si volse più particolarmente allo studio della procedura, e ad esso esortava anche i discepoli. Egli si proponeva di ricavare il meglio dalle varie procedure già in vigore negli antichi stati italiani, per costituire un codice, che in sostituzione di quello del 1865 avrebbe dovuto proteggere più largamente tutti i cittadini "contro gli abusi e gli errori dell'autorità". Mentre si orientava in questo nuovo campo di meditazioni e d'indagini, fu colto dalla morte in Lucca il 15 gennaio 1888.
Assai rilevante è il posto che al C. dev'essere assegnato nella storia del diritto penale, non solo per il lavoro compiuto nel perfezionare tecnicamente le dottrine giuridiche già in parte formulate dai precedenti criminalisti della scuola che fu poi detta classica, ma particolarmente per l'organica sistemazione della dottrina fondamentale del diritto penale, inteso nella sua funzione di tutela giuridica. A questa dottrina egli pervenne prendendo le mosse dai più rigidi presupposti giusnaturalisti che costituivano il nucleo essenziale della sua cultura filosofica. Il fondamento del diritto penale è costituito sul presupposto dell'esistenza di una legge eterna e immutabile prestabilita dalla mente suprema di Dio. Questa legge accorda all'uomo dei diritti che sono necessarî a lui per raggiungere la sua destinazione terrena e adempiere i doveri imposti dalla stessa legge morale. Dall'esercizio di questi diritti e doveri nasce l'ordine morale esterno, il quale però non è soddisfatto nella società naturale. Sorge e s'impone pertanto la necessità della società civile per la protezione dell'ordine esterno. In questo sistema di protezione il diritto penale costituisce appunto la sanzione della legge eterna: sanzione che mira alla tutela del diritto solo in quanto la sua violazione rappresenti un disturbo sociale. "Il fine primario della pena - afferma il C. - è il ristabilimento dell'ordine esterno della società". Attribuito al diritto questo carattere estrinseco e trascendente, si comprende facilmente come il C. fosse condotto, nello svolgimento delle sue dottrine, a una costruzione essenzialmente formalistica del reato e della pena, considerati come enti giuridici puramente oggettivi e trascendenti la concreta personalità del delinquente. Contro queste conseguenze si orientò poi tutta la critica che contro la dottrina del C. mosse la scuola positiva, andando peraltro troppo oltre quando volle investire l formula della tutela giuridica nel valore concreto che essa può assumere. In verità, se si prescinde dai presupposti ideologici ai quali si è accennato, è da riconoscere che formulando la dottrina della tutela giuridica, il C. ebbe storicamente il merito di reagire alle astratte dottrine moralistiche dell'espiazione e a quelle assai vaghe della difesa sociale. Con la sua nuova dottrina il C. condusse veramente la scienza dei delitti e delle pene nel campo che le è proprio, cioè in quello del diritto. Si può pertanto dire che la formula della tutela giuridica racchiuda, nel diritto penale, l'enunciazione di un postulato fondamentale della scienza: postulato che poi ha assunto un più pr0fondo significato, da quando il diritto, anziché come astratta forma, si è cominciato a guardare come concreta realtà spirituale.
Il Programma si compone di nove volumi, dei quali i primi due comprendono la parte generale (delitto, pena, giudizio) e gli altri sette la parte speciale (singoli reati distinti in naturali, cioè quelli che ledono un diritto attribuito all'individuo dalla stessa legge di natura, e sociali, cioè quelli che ledono i diritti di tutti i consociati, esclusa la trattazione dei reati politici, non potendosi a essi applicare quei principî assoluti e costanti che debbono essere a fondamento del diritto penale). Il Programma fu stampato a Lucca nel 1867-1870, ed ebbe successivamente molte edizioni. Anche gli Opuscoli comparvero in Lucca, 1859-1874, ed ebbero varie edizioni. Tra le opere minori ricordiamo: Lineamenti di pratica legislativa penale, Torino 1874; Reminiscenze di cattedra e di foro, Lucca 1883. Altri scritti che non hanno importanza scientifica ma possono servire a chiarire lo sviluppo dei suoi studî e del suo pensier0 si conservano inediti nel Museo Carrara annesso alla Biblioteca governativa di Lucca. Di uno Schema di un corso di diritto naturale tenuto nell'anno accademico 1860-61 a Pisa dà notizia G. Chicca, in Scuola positiva, n. s., XVlII (1924).
Bibl.: U. Spirito, Storia del diritto penale italiano, I, Roma 1925 (oltre il capitolo espressamente dedicato al C., vedi anche l'Introduzione). Numerosi ma di scarso valore gli scritti speciali comparsi quasi tutti in occasione della morte. Ne citiamo alcuni: E. Ferri, F. C. e l'evoluzione del diritto penale, in N. Antologia, 1899; O. Scalvanti, F. C. nella storia politica del giure criminale, Perugia 1888; E. Brusa, F. C., in Revue du droit international, XX (1889); S. Sangiorgi Di Maria, F. C., in Circolo giuridico, XXXI (1900); E. Ferri, Da Cesare Beccaria a F.C., in Arch. giuridico, XLIV (1890). Di maggiore interesse il volume Per le onoranze di F. C., lucca 1899. V. inoltre: C. Paladini, F. C. cittadino lucchese e plebeo, Firenze 1920 (interessante volumetto che riproduce nel titolo la qualifica che il C. setsso ebbe a darsi, forse per burla, in un biglietto da visita, tratteggia con garbo la figura bonaria e quasi rustica del C.); E. Boselli, F. C. poeta, Lucca 1899; E. Boselli, Il museo Carrara, Lucca 1890; E. Michel, Il museo carrariano a Lucca, in Risorgimento italiano, 1912.