CARLETTI, Francesco
Mercante e viaggiatore fiorentino, nato intorno al 1573, morto nel 1636, al quale spetta anche un posto nella storia della letteratura per i pregi singolari di freschezza e di eleganza di stile dei suoi Ragionamenti. Fu il primo a compiere il giro del globo non su nave apposita o per incarico ufficiale, ma come privato, tratto di luogo in luogo dalle possibilità e opportunità di commercio, con mente e intelletto aperti a osservare le tante cose nuove fra cui si ritrovò, notandole e lasciandocene il ricordo. Non ebbe cariche pubbliche, onde vi sono molte lacune e incertezze nelle notizie che si hanno di lui, tolte quelle che si possono ricavare dai suoi scritti. Anche il luogo e la data della nascita sono incerti. Appartenne a una famiglia di mercanti fiorentini, originaria di Arezzo. Dal padre Antonio, fu inviato diciottenni, a Siviglia, presso il concittadino Niccolò Parenti, perché vi imparasse la mercatura. Il padre lo raggiunse due anni dopo, noleggiò una nave, imbarcandovisi col figlio all'inizio del 1594, per andare a comprar schiavi nelle Isole di Capo Verde e rivenderli nelle Indie Occidentali (Colombia). Fu l'inizio del gran viaggio che durò nove anni. Nei Ragionamenti, il C. racconta in modo semplice, modesto e perfettamente obiettivo le peripezie del viaggio, pieno di difficoltà e di disagi per chi doveva compierlo affidandosi a mezzi di fortuna, le malattie dovute a climi insalubri, le difficoltà fatte ai forestieri di trafficare in paesi dove i Portoghesi serbavano gelosamente il monopolio dei commerci.
Traversato l'istmo di Panamá fra grandi stenti, nel diluvio della stagione delle piogge, e navigando lungo le coste occidentali d'America, prima al Perù, poi al Messico, due anni dopo lasciata l'Europa, s'imbarcano ad Acapulco per traversare il Pacifico e raggiungere le Filippine. Solamente qui, dopo aver percorso più di metà del periplo del mondo, decidono di completarlo, tornando in patria per il Giappone, la Cina e le Indie Orientali. Per sfuggire alle vessazioni dei Portoghesi, sono costretti a imbarcarsi clandestinamente su navi giapponesi, pervenendo a Nagasaki e a Macao. Qui, nel luglio 1598, dopo quattro mesi di malattia, moriva Antonio C., di 57 anni. Maturato ormai dall'esperienza guadagnata in quattro anni e mezzo di viaggio, il giovane C., rimasto solo, proseguì coraggiosamente l'impresa. Scambiate con buon profitto a Goa le merci acquistate in Cina con merci indiane si pose sulla via del ritorno. Ma scontratasi la nave portoghese, su cui il C. aveva preso imbarco per l'Europa nel Natale del 1601, presso l'isola di Sant'Elena con due navi olandesi, nel conflitto perdette la vita parte dell'equipaggio; gli altri furono fatti prigionieri e catturata la nave col suo carico di merci preziose, compresi anche i diarî e le note del nostro viaggiatore. Dopo un periodo di dure privazioni, i prigionieri furono sbarcati nell'isola deserta Fernando de Noronha, presso le coste del Brasile; ma il C. ottenne di rimanere a bordo delle navi olandesi, giungendo con esse a Middelburg (Zelanda) nel luglio del 1602. Qui fu trattenuto per quasi tre anni dalla lunga e complicata lite per riavere i suoi beni perduti. Non valsero le sollecitazioni e le proteste del granduca di Toscana, né l'appoggio di Maria dei Medici e di Enrico IV di Francia, e neppure le favorevoli disposizioni dello stato d'Olanda a ottenergli la restituzione, e il povero C. dovette alla fine (aprile 1605) contentarsi d'un indennizzo, che corrispondeva appena alle spese sostenute per la lunga lite. Il 12 luglio 1606, dopo 15 anni d'assenza, il C. rientrava a Firenze. Dalle indagini fatte dalla Sgrilli nell'Archivio di stato di Firenze, risulta che il C. dopo il suo ritorno fu consigliere o almeno informatore del granduca Ferdinando I nei suoi progetti per istituire traffici diretti con l'India e con l'America ed ebbe anche la carica di maestro di casa alla corte ducale, se non sotto Ferdinando, certamente sotto Cosimo II. Inoltre fu incaricato da quest'ultimo d'una missione in Olanda nel 1619. Niente altro si sa della vita del C., di cui esiste un testamento recante la data del 9 gennaio 1636, tre giorni prima della sua morte. Venne deposto nel sepolcro dei C., nella chiesa di S. Pier Maggiore, rovinata nel 1783.
Restano di lui i Ragionamenti, di cui però è perduto l'autografo e soli rimangono, secondo le ricerche della Sgrilli, quattro manoscritti, tutti conservati a Firenze. L'opera, della quale diede per primo notizia il Redi, rimase inedita per molti anni, stampandosi solo nel 1701 a cura del Carlieri. Venne poi l'edizione di C. Gargiolli, di Firenze, nel 1878.
Bibl.: D.M. Manni, Vita di Francesco Carletti, in Raccolta di opusc. scientifici e filol. dell'abate Calogerà, L, Venezia 1754, p. 229; G. Sgrilli, Francesco Carletti, Rocca San Casciano, 1905.