CARAFA, Francesco
Nacque a Napoli il 29 apr. 1722 da Adriano, duca di Traetto, e da Teresa Borghese. Compiuti gli studi secondari a Napoli, nel 1744 si recò a Roma per frequentare i corsi alla Sapienza, ove si laureò brillantemente in utroque iure il 22 marzo 1747. La nobile origine e la vivace intelligenza gli aprirono le porte della Curia e subito divenne cameriere segreto di Benedetto XIV. Dal 1748 al 1754 fu vicelegato a Ferrara.
In questi anni il C. ebbe modo di conoscere a fondo i problemi dell'amministrazione ferrarese, caratterizzata da un'antiquata legislazione finanziaria ed economica e aggravata dalle forti spese sostenute per gli alloggiamenti della guarnigione austriaca che rimase a presidiare la città fino alla firma del trattato di Aquisgrana (1748); di questa esperienza egli si giovò molti anni più tardi quando al culmine della sua carriera tornò a Ferrara in qualità di cardinale legato.
Rientrato a Roma, il C. fu esponente delle congregazioni della Consulta e della Immunità, referendario delle due Segnature e protonotario apostolico. Quindi, poiché il pontefice Clemente XIII l'aveva destinato alla nunziatura di Venezia, egli venne preparato molto rapidamente alla ordinazione sacerdotale: suddiacono il 22 dic. 1759, diacono il 13 genn. 1760, prete il 27 genn. 1760, il 28 genn. fu nominato arcivescovo di Patrasso e il giorno dopo investito ufficialmente della nunziatura presso la Serenissima. Giunto a Venezia il 3 settembre, ebbe la sua prima udienza ufficiale il 15 apr. 1761.
I rapporti fra la S. Sede e la Repubblica erano in quegli anni assai compromessi: sebbene Venezia avesse sospeso, dopo l'elezione di Clemente XIII (1758), il decreto che fissava le norme per il licenziamento dei brevi, ora il governo della Serenissima si preparava a riprendere una posizione di intransigente giurisdizionalismo sottoponendo allo studio di una commissione riunita sin dal 1754 tutta l'antica legislazione riguardante la manomorta. Durante i sei anni della sua nunziatura il C. non avvertì questo lavoro che si svolse proprio sotto i suoi occhi, ma colse il filo conduttore della politica veneta che tendeva ad affermare, in maniera sempre più intransigente, l'autorità civile nei riguardi dei tradizionali privilegi del clero.
Fin dal 1761, dopoché il Montagnacco aveva pubblicato a Lucca un saggio che sosteneva la necessità di abolire il foro ecclesiastico, il C. manifestò a Roma la sua preoccupazione per il fatto che l'autore di tesi tanto ostili agli interessi della Chiesa fosse stato scelto dalla Repubblica quale "consultore" proprio in grazia della sua opera considerata a Venezia "sublime" e "degna di premio". Nelle istruzioni che nel 1766 lasciò al successore è evidente il suo astio verso il governo della Serenissima, da lui definito "circospetto e geloso e altrettanto difficile da maneggiarsi". Egli si era reso conto che la Repubblica non "temeva di contrastare al Papa stesso" e lamentava che le funzioni del tribunale ecclesiastico della nunziatara erano state pesantemente limitate non solo dal governo, ma dagli stessi vescovi, il per lo più patrizi "prevenuti dalle massime laicali" (Cecchetti, II, p. 291); al suo successore, data l'estrema riservatezza del governo che nulla lasciava trapelare dei suoi maneggi, il C. consigliava di procurarsi informatori compiacenti, da compensare adeguatamente.
Alla fine del dicembre 1766 il C. rientrò a Roma, ove venne nominato segretario della Congregazione dei Vescovi e regolari. Sotto il successivo pontificato, assunse un atteggiamento decisamente antigesuita, spinto anche dalle insinuanti mene dell'ambasciatore spagnolo Moñino che lo lusingò con doni e caldeggiò presso Clemente XIV la sua elezione alla porpora. Il papa, ormai convinto della necessità di sciogliere la Compagnia, per aumentare il numero dei cardinali favorevoli a tale decisione nel Sacro Collegio accolse le richieste borboniche e il 19 apr. 1773 il C. fu creato cardinale prete, con il titolo di S. Clemente. Dopo la pubblicazione del breve Dominus ac Redemptor (datato 21 luglio 1773) fece parte (con i cardinali Corsini, Zelada, Casali e Marefoschi) della speciale congregazione cardinalizia istituita il 6 agosto con il compito di risolvere i molteplici problemi aperti dallo scioglimento della Compagnia.
Partecipò al conclave del 1775 da cui uscì papa Pio VI. Ben visto dal nuovo pontefice, nel concistoro del 1º giugno 1778 fu destinato a legato di Ferrara. Giunto nella sua nuova residenza il 18 ottobre, il C. in questo incarico mostrò tutte le sue capacità di risoluto uomo di governo.
Promosse un miglioramento delle condizioni della città e della provincia sia sotto il profilo urbanistico sia sotto quello economico. Sin dal febbraio 1779 curò l'espurgo generale delle fogne di Ferrara (docce), liberando così le strade da infette acque stagnanti; migliorò la viabilità dandone incarico a squadre di operai piemontesi abili nella pavimentazione. Sotto i suoi auspici fu eretto il ponte sul Reno fra Cento e Pieve; venne ampliato il porto detto di Poastello e di Comacchio (in quest'ultima opera, per meno gravare sull'erario, il C. impiegò squadre di forzati); furono eretti due granai pubblici e fondata un'importante scuola di veterinaria. Ma più importanti furono i suoi provvedimenti in materia economico-finanziaria orientati secondo la nuova politica di Pio VI tendente a una maggiore chiarezza e semplicità amministrativa. In seguito a una visita alla comunità di Comacchio (1779) il C. emanò una Costituzione per il Buon Governo della città di Comacchio (Comacchio 1780), in cui, fra l'altro, richiese una tabella da cui risultassero chiare le entrate fisse e le incerte e le spese ordinarie e straordinarie, accusando senza mezzi termini i pubblici rappresentanti di essere stati "troppo fin qui pieghevoli alle altrui insistenze e ai propri interessi" (p. 148). Ordinò inoltre la soppressione di alcune cariche considerate mutili doppioni, quali l'avvocato dei poveri e il camerlengo della comunità.
Per tutti i territori della Legazione fece compilare i ruoli di contribuzione per una tassa sui fondi, detta terratico (fissata sulla base del nuovo catasto terminato nel 1784), mirante a una maggiore perequazione fiscale; curò la formazione o il riordino degli archivi di tutte le comunità. Nel 1785, a conclusione degli studi svolti dalla congregazione dei lavorieri, pubblicò una Costituzione dei Lavorieri per riordinare e ammodernare le disposizioni già esistenti in materia di fiumi, canali e porti. In quello stesso anno furono pubblicate dal C. a Ferrara altre opere: De re iudicaria Costitutiones et Decreta e una collezione degli Editti e bandi generali per la città e provincia di Ferrara. Queste due voluminose raccolte costituiscono un altro tentativo di apportare chiarezza nella confusa e spesso contraddittoria legislazione, per poter meglio controllare abusi e trasgressioni in una maggiore certezza del diritto.
La sua legazione si concluse il 7 nov. 1786. Tornato a Roma, fu nominato prefetto della Congregazione dei Vescovi e regolari; il 15 sett. 1788 mutò il titolo cardinalizio con quello di S. Lorenzo in Lucina.
Nel 1798, durante i difficili giorni della invasione francese, il C., che era stato del partito favorevole alla guerra ad oltranza, fu richiesto come ostaggio insieme con altri cardinali e chiuso dapprima nel palazzo di Montecavallo, quindi trasferito il 10 marzo a Civitavecchia nel monastero delle Convertite. Lasciato libero, s'imbarcò alla volta di Napoli, donde proseguì per Palermo. Qui lo raggiunse la notizia della morte di Pio VI e l'invito a partecipare al conclave di Venezia. Il C. come membro del vecchio Collegio venne richiesto di consigli circa l'organizzazione del conclave (19 ott. 1799); fu, assieme al card. di York, fabbriciere, preposto cioè all'adattamento del monastero di S. Giorgio; il 12 nov. 1799 con lo York e l'Antonelli fu acclamato custode del conclave, che si svolse dal 1º dic. 1799 al 14 marzo 1800. Essendo stata bloccata la candidatura del Mattei dal veto spagnolo, egli fu considerato "volante", al di fuori dei rigidi gruppi dei Braschi e dell'Antonelli: nella sua stanza considerata "terra neutra" si fecero il 23 febbraio sondaggi sulle possibilità dei vari soggetti proposti.
Il nuovo papa Pio VII lo chiamò (1801) insieme con Carandini, Albani, Antonelli, Gerdil, Roverella, Braschi, Di Pietro ed altri a far parte della congregazione speciale per il concordato con la Francia. Dal 1801 fu anche visitatore dell'arcispedale di S. Spirito. Nel concistoro segreto del 3 ag. 1807 ebbe il titolo di S. Lorenzo in Damaso e fu nominato vicecancelliere e sommista di S. R. Chiesa.
Morì a Roma il 20 sett. 1818.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Processus Datariae, 137, ff. 95r-109v; Ibid., Segr. di Stato,Venezia, 219-228; F. L. Bertoldi, De diversi domini a' quali è stata soggetta Ferrara, Ferrara 1817, pp. 92 s.; A. Frizzi, Mem. per la storia di Ferrara, a cura di C. Laderchi, Ferrara 1848, pp. 228-235; F. Petruccelli della Gattina, Histoire diplom. des conclaves, IV, Bruxelles 1866, pp. 285-306; B. Cecchetti, La Repubblica di Venezia e la corte di Roma nei rapporti della religione, Venezia 1874, I, p. 429; II, pp. 286, 289-299; J. Gendry, Pio VI, I, Paris s. d. (ma 1907), pp. 48, 87, 89, 452 s.; L. Pásztor, Ercole Consalvi prosegretario del conclave di Venezia, in Arch. della Soc. romana di storia patria, LXXIII (1950), pp. 99-187; L. von Pastor, Storia dei papi, XVI, 2, Roma 1955, pp. 185, 204, 245, 343, 459; XVI, 3, ibid. 1956, p. 617; A. Stella, Chiesa e Stato nelle relaz. dei nunzi pontifici a Venezia..., Città del Vaticano 1964, pp. 93, 100, 123; M. Zucchini, L'agricoltura ferrarese attraverso i secoli, Ferrara 1967, IV, 2, p. 167; Id., Il Catasto Carafa e l'agricolturaferrarese nel '700, in Riv. di storia dell'agricoltura, XIII (1973), 3, pp. 3-34; G. Moroni, Dizionario dierudiz. storico-ecclesiastica, IX, p. 249, e ad Indicem; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VI, Patavii 1958, pp. 281, 331.