CAPPONI, Francesco
Figlio di Gino di Lodovico e di Adriana di Bongianni Gianfigliazzi, nacque a Firenze fra il 1480 e il 1490.
Il padre, nato nel dicembre 1453 e morto nell'aprile 1498, apparteneva al partito mediceo ed era personalmente legato a Piero de' Medici. Nel 1497, come complice della cospirazione ordita da Bernardo Del Nero per ottenere il ritorno in città dei Medici, fu condannato a dieci anni di esilio e alla confisca dei beni patrimoniali. Queste vicende familiari contribuirono probabilmente alla formazione politica del C. che per tutta la vita si sarebbe dimostrato fedele alle idee paterne.
Anche se disponiamo di poche notizie sulla sua giovinezza sappiamo tuttavia che, abbracciata la carriera ecclesiastica, il C. divenne in breve tempo cameriere di Leone X e "favoritissimo" del pontefice. Questi legami con i Medici costrinsero il C. a seguire le sorti della loro fazione. Nel 1527, al primo insorgere del tumulto che si concluse con la cacciata del cardinale Passerini, egli, definito in questa occasione dal Varchi come "uomo di miseria estrema", abbandonava la città, riparando a Roma presso Clemente VII. A Firenze tornava soltanto nell'agosto del 1530 e cercava di sedare le ultime resistenze al rientro dei Medici. Giovan Francesco de' Pazzi, che era rimasto in città per tutto il tempo dell'assedio, e che era fra i più tenaci oppositori a patteggiamenti della Repubblica col nemico, veniva ucciso proprio dal C., il quale partecipava negli anni successivi alle vendette del duca Alessandro e ne veniva ricompensato nel 1535 con la carica di governatore di Fivizzano.
Entrato a far parte nel 1551, dell'Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme, il C. si dedicava, negli ultimi anni di vita, a incrementare il suo non trascurabile patrimonio. I contemporanei, pur non conoscendo l'entità reale della sua ricchezza, deducevano la consistenza dei suoi beni dal fatto che egli era stato "favoritissimo Cameriere di Papa Lione, et favoritissimo del Duca Alexandro et stato sempre con poca spesa, et avarissimo in guadagnare et vivuto assai" (Archivio di Stato di Firenze, Carte Riccardi, 583, c. 1).
Alla ricchezza accumulata grazie alle alleanze politiche e alle cariche ricoperte si deve inoltre aggiungere il patrimonio immobiliare del C., costituito da una casa in Firenze, una a Signa, e vari poderi a San Gaggio, nelle vicinanze di Firenze, in parte pervenutigli per l'eredità del nonno materno Bongianni Gianfigliazzi. Il patrimonio veniva poi accresciuto, intorno alla metà del secolo, grazie agli oculati investimenti del C. e ai prestiti usurai. Nel 1550 il C. investiva 300 scudi nella ragione di Lorenzo Berardi e compagni setaioli di Firenze e depositava 200 scudi nel banco Landi, sempre di Firenze. Analoghi investimenti venivano effettuati fuori della Toscana: a Lione, dove ancora alla morte del C. rimanevano conti in sospeso coi Mannelli, a Roma e a Bologna. In particolare a Bologna esistevano rapporti commerciali col banco diretto da Matteo Amorini.
Il C. trascorse gli ultimi anni nella casa che possedeva a Signa lasciando l'amministrazione del suo patrimonio al nipote Girolamo (1531-1586), figlio del fratello Lodovico. Morì a Firenze l'8 luglio 1560.
Nel testamento redatto nel 1552 il C. aveva spartito la sua fortuna fra i tre nipoti Girolamo, Gino e Lodovico. Alla sua morte nacquero aspre discussioni fra gli eredi, che giunsero al punto di insidiarsi l'un l'altro la vita. Gino e Lodovico accusavano il fratello Girolamo di avere occultato una parte liquida della ricchezza dello zio, coadiuvato dai servitori di questo e da quel Matteo Amorini di Bologna con cui, il C. aveva avuto intense relazioni di affari. Girolamo da parte sua replicava alle accuse insistendo sull'avidità dei fratelli che, nel tentativo di conoscere l'esatta consistenza dei beni dello zio, lo avevano angustiato anche negli ultimi istanti di vita "con dimandarli se aveva tesoro nascosto, dove sempre disse di no, lasciatemi morire in pace" (Arch. di Stato di Firenze, Carte Riccardi, 583, c. 99).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, CarteRiccardi, 583 (processo per l'eredità di Francesco di Gino Capponi, 1560); Carte Pucci, 4, ins. 18, Firenze, Biblioteca Riccardiana, Manoscritti, 2115, cc. 769-771; G. Busini, Letterea Benedetto Varchi sopra l'assedio di Firenze, Firenze 1860, p. 184; B. Varchi, Storia fiorentina, Firenze 1923, I, p. 106; A. Pieraccini, La famiglia Capponi di Firenze, Pisa 1882, p. 14; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Capponi, tav. XVII e s.v. Pazzi, tav. IV.