CAPOZZI, Francesco
Nato a Lugo (Ravenna) il 4 ott. 1812 da Lorenzo e da Lucrezia Gaiani, fin dall'adolescenza mostrò inclinazione e interesse per la poesia, studiando e imitando le opere dei classici; coltivò anche la musica. Nel 1843 aveva sposato Carolina Borghesi, che morì tre anni dopo lasciandogli due bambine. Il dolore per la morte anche della figlia minore, nel 1850, lo spinse a lasciare Lugo, dove pure aveva ricoperto le prime cariche civili, e a stabilirsi a Firenze con la figlia primogenita per curarne l'educazione e per trovare un po' di pace.
Morì nella città natale il 9 agosto del 1886.
Iniziò l'attività letteraria con Inno a Dio, di genere epico, in terza rima, di cui si hanno molte edizioni. Si ricordano poi un sonetto All'integerrimo magistrato... Vincenzo Colla,ferrarese (Bologna 1833);un Inno alla Vergine (in Prose e poesie inedite o rare di italiani viventi, fasc. 17, Bologna 1836, pp. 126-31; e Lugo 1836); Rimembranze storiche d'amore (Lugo 1837);la raccolta Nuovi canti erotici (Lugo 1838)di trentasei anacreontiche; un piccolo poema su La pietosa istoria di Francesca da Rimini (Orvieto 1840), cinque canti in ottava rima di agevole lettura; Gli Amori dei patriarchi (Lugo 1840).Di alcune altre opere non è stato possibile reperire la data e il luogo di pubblicazione come: Gustavo Vasa (dramma lirico), Idillivari, un Inno a s. Alfonso de' Liguori,Epistole,Il Pellegrino in Terra santa, un altro poema di cui furono editi soltanto i primi due canti, Unfiore su i sepolcri (2 ediz., Firenze 1857;raccolta di componimenti in vario metro sulle perdite di famigliari e di amici) e poi molti sonetti pubblicati in vari opuscoli e giornali. Pubblicò un volume di Iscrizioni italiane, genere a lui congeniale e che coltivò con valentia. Vanno inoltre ricordate altre pubblicazioni sparse e di minor conto come Sulle antiche milizie romane (in Giorn.arcad. di scienze,lettere ed arti, CXVI[1848], pp. 310-325; e Lugo 1848); Sul castello di Mordano (Roma 1849) e altri versi come All'amor cristiano (in Prose e poesie..., s. 3, I, Torino 1858, p. 257; e Firenze 1858).
Uomo di maniere assai semplici, gentile d'animo e aperto e leale con i molti amici, possedeva una felice fantasia e una sottile ma bonaria arguzia che fecero di lui un discreto scrittore di epigrammi, circa millecinquecento. Suoi Epigrammi furono pubblicati a Lugo nel 1853, presso la tipografia Melandri: sono divisi in sette libri, sei dei quali comprendono cento epigrammi ciascuno, l'ultimo venticinque. Parecchie altre centinaia si trovano sparse in riviste e giornali. Se per numero ha superato tutti gli altri epigrammisti, compreso il Pananti, non altrettanto è per il merito: rarissimi quelli di autentico vigore, in altri difetta il contenuto piuttosto madrigalesco o sentenzioso, qualche altro è difficile a comprendersi, "però non se ne trovano in lui degli insipidi e puerili, comuni a quasi tutti i poeti di questo genere" (Da Giunta). Il C. ha trattato tuttavia l'epigramma con speditezza e brevità, non superando mai i sei, sette e raramente gli otto versi; il metro della poesia è piuttosto vario, "lo stile non manca di sveltezza e di vibratezza" (Ibid.), la lingua è accurata ma non ricercata.
Quasi tutta la sua produzione in versi venne raccolta in Opere poetiche (Bologna 1868), in tre tomi. Altre sue pubblicazioni sono rintracciabili in Prose e poesie, Bologna 1836, fasc. 10, pp. 309 s.; fasc. 14, pp. 295-97; in Giorn. arcadico, LXXVI (1838), pp. 190-98 e 377-79; LXXX (1839), pp. 64-68; in Giornale letterario scientifico italiano, I (1839), 32 pp. 187 s.
Fonti e Bibl.: M. Da Giunta, Antol. epigramm. ital., Firenze 1857, pp. 104-107, 405-435; A. Golfieri, Della vita e degli scritti di F. C., Imola 1886; L. De Mauri, L'epigramma ital. dal risorgimento delle lettere ai tempi moderni, Milano 1918, pp. 372-381; G. Mambelli, F. C., in Corriere lughese, 29 apr. 1928; G. Mazzoni, Ottocento, Milano 1934, pp. 747, 796, 837.