CAPI, Francesco (Franciscus Capius, Franciscus de Capitibus, Francesco da Siena; per errore anche: Franciscus Lapius o Campanus)
Figlio di Pietro Capi (de Capitibus), nacque in Siena agli inizi del sec. XV da antica e ragguardevole famiglia; e in Siena entrò - ignoriamo quando - nell'Ordine monastico dei servi di Maria. Circa i suoi studi - che terminò col conseguimento del titolo di magister in teologia - non siamo meglio informati, sebbene egli abbia goduto in seguito di una notevole fama tra i teologi del suo tempo, ed abbia riscosso un grande successo anche come predicatore. Provinciale dell'Ordine, resse la provincia di Toscana dal 1446 al 1458; quindi, il 21 nov. 1458, dal papa Pio II (che presumibilmente doveva essere legato a lui da vincoli di parentela) fu posto, col titolo di vicarius generalis e di "amministratore", alla testa dell'Ordine dei serviti poiché il generale, Pietro Niccolò Ceccarelli, era gravemente ammalato. A fra' Taddeo Garganelli, suo predecessore nell'importante incarico, era stata affidata poco tempo prima dallo stesso pontefice la direzione dell'Ordine dei cruciferi col titolo di priore generale: sicché al C. toccò ora la guida dell'Ordine dei serviti sino al successivo capitolo generale (cfr. Reg.Vat. 498, f. 127rv). Nella sua nuova funzione il C. cercò con zelo di migliorare la disciplina dell'Ordine, alquanto decaduta: tra l'altro, per motivi di sicurezza delle singole persone e per ottenere una migliore osservanza dei voti monastici, trasferì all'interno dell'abitato, presso la chiesa della SS. Trinità, le "monache di S. Concordio, che erano fuori della città di Spoleto". Anche a Ferrara si adoperò - insieme con il provinciale di Romagna, fra' Battista da Forlì - per il rinnovamento della vita monastica nel locale convento servita. Per desiderio del duca Ludovico di Savoia fece costruire nel 1460 un nuovo convento dell'Ordine a Racconigi (Cuneo).
Nel mezzo di questa attività benefica per il suo Ordine lo raggiunse la notizia della nomina voluta dal papa alla cattedra arcivescovile di Ragusa in Dalmazia, vacante per la morte di Giacomo da Recanati. Il 10 sett. 1460 da Siena, dove si trovava in quel momento, Pio II aveva nominato vescovo il C., definito "ordinis servorum beate Marie professor et illius generalis vicarius, magister in theologia" (Reg. Lat. 562, ff. 148r-150r). Il 13 ott. 1460 il vescovo appena nominato s'impegnò personalmente davanti alla Camera apostolica al pagamento dei servitia communia in misura di 310 fiorini d'oro di camera, e dei cinque servitia minuta, mentre il "mercator" F. Ghinucci garantiva il pagamento per il tempo stabilito (Oblig. et Sol. 76, f. 212v). Poco prima, il 4 ott. 1460, aveva pagato 80 fiorini al tesoriere pontificio "pro comparatione facultatis visitandi" per il ceduto arcivescovato di Ragusa (Intr. et Ex. 446, f. 7v). La nomina alla sede metropolitana dalmata, la quale era collegata col conferimento del pallio arcivescovile, viene ricordata anche da Pio II nei suoi Commentarii, dove l'eletto è definito "moribus ac doctrina excellens" (p. 109). Un accenno ad essa si trova pure nella Laudatio del cardinale Iacopo Ammanati, in cui si dice di Pio II: "concives totitem in pastores datos Ragusine..." (ibid., p. 518). Al C. succedette nella carica di vicario generale dell'Ordine fra' Cristoforo Tornelli.
Il C. dovette partire per la sua sede arcivescovile all'inizio del 1461, poiché nell'aprile di quello stesso anno sostò nel monastero servita di Venezia. Nel marzo 1461 egli aveva tuttavia pagato "per manus de Miraballis" 155 fiorini d'oro di camera per i servitia communia del suo arcivescovado (Intr. et Ex. 446, f. 39r).
Anche nella sua nuova sede pastorale la riforma della vita monastica fu una delle sue principali preoccupazioni. In particolare si preoccupò di far aggregare la locale abbazia benedettina di S. Maria Lacromensis, detta Rabiata, alla Congregazione riformata di S. Giustina di Padova. Non sembra comunque che il C. abbia conseguito un grande successo con questa sua azione, poiché nel 1466 papa Paolo II aggregò l'abbazia alla Congregazione di Montecassino. Analoghi provvedimenti del C. sono attestati anche per la riforma dei conventi francescani nella sua diocesi. In una bolla del 9 apr. 1464 relativa a questo problema, inviata da Pio II al vescovo Blasio di Trebinje (Tribunien.) e Mrkanj (Marcan.) "incivitate Ragusina residens", risulta tuttavia che il C. dimorava "in Romana curia ad presens" e da ciò possiamo dedurre la possibilità di sue occasionali permanenze in Curia. Questo attivo riformatore del suo Ordine, questo scrupoloso uomo di chiesa morì nella città sede del suo vescovado nell'autunno 1465 durante l'epidemia di peste che allora vi imperversò e fu seppellito nella cattedrale. Non è possibile stabilire la data esatta della sua morte; in ogni caso Antonio d'Agli, successore del C. nella sede arcivescovile, fu nominato da Paolo II il 21 nov. 1465, e s'impegnò al pagamento dei servitia il 24 dic. 1465. Poiché il C. non aveva la "licentia testandi", la sua eredità spettava al papa. Nel suo testamento egli aveva tuttavia lasciato la sua proprietà in Vescona (dioc. di Arezzo) al convento servita di Siena, sua città di origine, ed alla locale confraternita "in maiori hospitali", che ne ottennero da Paolo II per eccezionale concessione il temporaneo usufrutto sotto la sorveglianza dell'arcivescovo di Siena, il cardinale Francesco Todeschini Piccolomini (Reg. Vat. 525, ff. 220v-221r). Secondo una tradizione dell'Ordine il C. fu anche preso in considerazione da Pio II per una eventuale elevazione alla porpora cardinalizia, ma mancano notizie al riguardo. Sebbene non vi sia stato un processo ufficiale di beatificazione, egli è considerato beato all'interno dell'Ordine.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Reg. Vat. 484, ff. 120v-121v; 498, f. 127rv; 511, f. 33rv; 525, ff. 220v-221r; Reg. Lat. 562, ff. 148r-150r; 639, ff. 115r-116v; Obligat. et Solutiones 76, f. 212v; Intr. et Ex. 446, ff. 7v, 39r; Pii II P.M. Commentarii, Francofurti 1614, p. 190 (a p. 518 l'epist. 71 del card. I. Ammannati); I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, I, Pistoia 1649, pp. 107, 298; A. M.Giani, Annalium Sacri Ordinis Fratrum Servorum B. Mariae Virginis, I, Lucae 1719, pp. 507-514; D. Farlatti, Illyrici Sacri, VI, Venetiis 1800, pp. 168-176 (fa del C.due diversi arcivescovi di Ragusa: Francesco I e Francesco II); Series chronologica priorum generalium Ord. Servorum B. M. V., Romae 1993, XI; Monumenta Ordinis Servorum S. Mariae, II, Bruxelles 1898, p. 52 n. 1;XII, ibid. 1911, pp. 149, 154, 187; XIV, ibid. 1913, p. 9; A. Ph. M. Piermejus, Memorabilium Sacri Ordinis Servorum B. M. V. Breviarium II, Romae 1929, p. 172; III, ibid. 1931, pp. 91 s.; A. M. Vicentini, I servi di Maria nei documenti e codici veneziani, II, Vicenza 1932, pp. 34, 60; L. Wadding, Annales Minorum, XIII, Ad Claras Aquas 1932, p. 427; A. M. Rossi, Serie cronologica dei r.mi padri generali dell'Ordine dei servi di Maria, Roma 1952, p. 31; R. Spirito, F. C., in Diz. eccles., I, Torino 1953, p. 500; C. Eubel, Hierarchia catholica..., II, Monasterii 1914, p. 220.