CAMILLIANI (della Camilla), Francesco
Nato a Firenze prima del 1530, da Giovanni di Niccolò Albengi Gucci, detto Giovanni della Camilla, e dalla di lui prima moglie di nome Nannina, cominciò a studiare scultura, secondo la testimonianza che ci lascia il Vasari, con Baccio Bandinelli.
Il padre del C. risulta attivo all'Opera del duomo di Firenze intorno alla metà del XVI sec. e morto nel 1566 (Milanesi, in Vasari). Non ne restano opere note; si sa che ebbe due mogli: Nannina, da cui nacque appunto il C., e Marietta di Santi Birbi di San Gervasio, da cui nacquero Santi e Pietro, architetti e scultori, i quali mantennero il cognome Gucci.
Il Vasari annovera il C. tra gli accademici del disegno e ne loda soprattutto i lavori compiuti per "gli ornamenti delle fonti" della villa fiorentina di don Pedro di Toledo, suocero di Cosimo de' Medici. Suo capolavoro è, infatti, il complesso della fontana monumentale, ora nella piazza Pretoria di Palermo, ordinata da don Pedro per la sua villa e venduta poi da suo figlio don Luigi per 20.000 scudi al Senato palermitano nel 1573.
L'opera, iniziata dal C. prima del 1553 (anno di morte di don Pedro), portata avanti con la collaborazione di Michelangelo Naccherino e non ancora terminata nel 1565, come si rileva da una lettera del Borghini a Cosimo I del 5 aprile di quell'anno (Bottari), venne messa in opera nella nuova sede e completata in alcune sue parti dal figlio Camillo, appositamente trasferitosi a Palermo nel 1574. Una serie di documenti testimonia la consegna dei marmi, seicentoquarantaquattro pezzi nel 1574, e la restante parte nel 1575, i lavori di sistemazione condotti da Camillo a partire dal 1576, la fornitura di altri marmi e statue per il completamento della fonte nel 1577 (Di Marzo). Tipica, ingegnosa creazione dell'arte tardomanieristica toscana, la fontana Pretoria presenta pianta circolare (diametro massimo. in 133) a bacini concentrici di diverso livello raccordati da quattro rampe disposte in senso radiale e delimitanti altrettanti settori contraddistinti alla base da quattro figure di divinità fluviali assistite da ninfe e tritoni: figura di vecchio disteso con scettro in mano e leone ai piedi poggiante su un vaso che reca la scritta "OPUS FRANC.º CAMILINI FLORENTIE 1555", altra figura analoga di vecchio coronato di canne, figura femminile con Pegaso e attributi vari tra cui un libro che reca la data 1566, e altra figura di vecchio obeso firmata "OPUS ME. ANGELUS NACHERINUS FLORE" (analoga scritta si legge sul bracciale della attigua Nereide). Tali divinità, riferite originariamente a fiumi della Toscana (Arno, Mugnone, Africo o Tevere e forse Mensola), vennero poi associate a fiumi della Sicilia (nell'ordine: Oreto, Gabriele, Maredolce e Papireto) secondo il poeta monrealese Antonio Veneziano, che ne interpretò in versi il significato allegorico e che sembra abbia anche collaborato alla stessa disposizione delle statue (Lo Presti). Al centro della vasca principale si eleva un pilo (alto m 14) a tre conche, sorretto da tritoni e coronato dalla figura di un putto reggistemma (originariamente un Bacco, ribattezzato da Antonio Veneziano come il genio di Palermo). Le quattro rampe di raccordo tra il bacino superiore e l'inferiore, nel quale versano acqua ventiquattro teste di animali veri e fantastici, sono ornate con sedici statue di divinità mitologiche e figure allegoriche, due delle quali firmate: Vertunno (datato 1554) e l'Abbondanza (v. Russo). Delimita la fontana una balaustra circolare ornata con otto erme poste come termini ai quattro ingressi.
Nel grandioso complesso di sculture, più volte restaurato nel corso dei secoli (1656, 1737, 1780, 1791, 1858, 1958) e integrato nelle parti perdute (l'intera statua del Vertunno ad esempio, con tanto di firma, è copia moderna), non è facile distinguere le parti originarie, pertinenti cioè alla primitiva fontana di don Pedro di Toledo. Il fatto che nella prima consegna dei seicentoquarantaquattro pezzi figurassero soltanto due statue riferite a divinità fluviali (Arno e Mugnone)ha fatto supporre che in origine la fontana si componesse di soli due settori (G. Samonà, L'opera dell'archit. fiorent. Camillo Camilliani in Sicilia alla fine del Cinquecento, in Rivistadell'Ist. di archeologia e storia dell'arte, IV [1932-33], pp. 227 s.). o al massimo tre (Venturi), e che le restanti sculture siano state eseguite appositamente per la nuova destinazione del complesso. Ciò sembrerebbe confermato dalle successive consegne di materiale del 1575 e del 1577, nella quale ultima si parla esplicitamente di nuove statue, pari per bellezza alle precedenti. Ècerto peraltro che almeno tre delle figure di divinità fluviali vanno riferite alla primitiva fontana, due perché opere certe del C. ricordate anche dal Vasari (i due vecchi barbuti: Arno e Mugnone), una terza, la Figura femminile con Pegaso (esclusa dal Venturi), perché datata 1566.Soltanto la quarta divinità fluviale, il Vecchio obeso firmato dal Naccherino, si può supporre quindi eseguita appositamente per la nuova collocazione, sebbene la collaborazione del Naccherino con il C. sia da ritenere anteriore alla vendita della fontana e comprenda altre parti certamente originarie, come la serie di teste di uccelli cui vennero aggiunti in un secondo tempo finti colli (Parronchi). Purtroppo anche la distinzione delle diverse mani nelle varie parti del complesso è resa assai difficile dal pessimo stato di conservazione delle sculture e dal fatto, giustamente rilevato dal Venturi, della comune componente bandinelliana nello stile di entrambi gli artisti. Tutto lascia supporre comunque che le modifiche apportate alla fonte nella sua nuova sede siano consistite, oltre che in un probabile ampliamento della pianta, nell'aggiunta di alcune statue (ad esempio le nereidi e i tritoni ai lati delle divinità fluviali) e del giro esterno con erme terminali, le une e le altre caratterizzate da una viva impronta caricaturale e grottesca tipica di certa arte del Naccherino, la cui presenza in Sicilia è d'altronde documentata da vari altri suoi lavori. Più dubbia la paternità del gruppo dei Tritoni a sostegno del pilo centrale, che il Venturi attribuisce poco credibilmente, al figlio Camillo.
Poco si conosce della restante produzione del C., che nel 1561 scolpiva il grande stemma mediceo sorretto da figure nude posto sulle mura della fortezza di S. Barbara a Siena e dopo il 1567 modellava la statua in terracotta del Profeta Melchisedech che figura nella nicchia a sinistra dell'altar maggiore nella cappella di S. Luca alla SS. Annunziata in Firenze (Tonini). Da una supplica rivolta al duca in data 18 ag. 1562 sappiamo inoltre che l'artista, "da grandissima necessità astretto", intendeva fare un "lotto" di alcune sue opere non vendute, tra cui una storia di Noè con i tre figli e busti di Marco Aurelio, Faustina e Antinoo (Parronchi); opere queste non ancora identificate (Parronchi propone di identificare il rilievo di Noè con quello oggi nella loggia del Bargello e il Marco Aurelio con il falso antico nº 178 della Galleria degli Uffizi), ma che confermano nell'arte del maestro il peso di quella componente classicistica così evidente anche nelle statue della fontana pretoria. Nel 1565 si sa che il C. partecipò agli apparati per le nozze di Francesco I de' Medici, con l'esecuzione di alcune statue per il borgo Ognissanti e di un rilievo con Annunciazione per la porta del duomo (Mellini).
Il C., che non ebbe in arte eredi diretti, ad eccezione del figlio Camillo, il quale svolse poi prevalentemente attività di architetto, moriva a Firenze il 13 ott. 1576, e riceveva sepoltura nella chiesa della SS. Annunziata.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite..., a cura di G. Milanesi, VII, Firenze 1881, p. 628; D. Mellini, Descr. dell'entrata della... reina Giovanna d'Austria..., Firenze 1556, p. K 3; F. Paruta-N. Palmerino, Diario della città di Palermo, in Bibl. stor. e letter. di Sicilia, I (1869), pp. 67 ss.; V. Di Giovanni, Del Palermo restaurato, ibid., II (1872), 1, p. 224; 2, pp. 187 s.; M. Lo Presti, Chiara ed esatta descriz. del celeberrimo fonte..., Palermo 1737, passim;J. I. Hittorff-L. Zanth, Architecture moderne de la Sicile, Paris 1835, p. 48, tav. LII; G. Di Marzo, Gli scultori della penisola che lavorarono in Sicilia nei secc. XIV, XV e XVI, in Arch. stor. ital., XVI (1872), pp. 354-58; Id., IGagini e la scultura in Sicilia nei secc. XV e XVI, I, Palermo 1880, pp. 811-20; II, ibid. 1883, pp. 440-47; P. Tonini, Il santuario della SS. Annunziata, Firenze 1876, p. 240; G. Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, Milano 1898, p. 198; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, X, 2, Milano 1936, pp. 530-42; G. Patti Ferrara, Ilpalazzo delle Aquile e la fontana Pretoria, in Panormus, 1952, pp. 5-8; L. Russo, La fontana di piazza Pretoria, Palermo 1961; A. Parronchi, Resti del presepe di S. Maria Novella, in Antichità viva, III (1965), pp. 9-28; U. Thieme-F. Becker. Künstlerlexikon, V, pp. 439 s.