CALZONE (Calison, Calsom, Galison), Francesco
Nacque a Salò, da Giacomo, tra il 1460 e il 1470. Le prime notizie sulla sua attività militare al servizio della Repubblica veneta risalgono al novembre del 1502, quando attendeva ai lavori di fortificazione di Cremona. Nel novembre 1503 era a Faenza al comando di 100 "provisionati", nel quadro delle operazioni militari veneziane nei territori romagnoli già in possesso dei Borgia. Nel luglio del 1504 tornava a Cremona dove, apparentemente ridottasi la tensione tra la Repubblica e Giulio II, il contingente ai suoi ordini fu dapprima diminuito a 50 e poi a 25 soldati.
Durante la guerra della lega di Cambrai, il C., chiuso nella fortezza di Peschiera dopo la sconfitta di Agnadello (14 maggio 1509), riesce a sottrarsi alla cattura da parte dei Francesi e raggiunge, attraverso le balze tremosine e trentine l'esercito veneto, portando seco il provveditore veneziano di Salò e 500 fedeli "marcheschi".
La riscossa veneziana inizia con il colpo di mano che consente ad Andrea Gritti di riprendere Padova, datasi in giugno agli Imperiali. All'alba del 17 luglio tre carri di fieno entrano in città per porta Codalunga: dai primi due escono armati veneziani mentre il terzo, fermo sulla porta, impedisce ai difensori di serrare i battenti, consentendo così a cavalleggeri e fanti di irrompere nella città, che viene rapidamente occupata. È il C., travestito da bifolco, che guida i carri, secondo la testimonianza del Gratarolo.
Nel settembre il C. è a Treviso, forse con il compito di fortificare anche quei bastioni. L'anno seguente compie varie azioni nel Polesine, ad Anguillara, Boara, Badia, agli ordini del provveditore P. Cappello. Nel gennaio 1511, nel quadro della nuova alleanza veneto-pontificia, è alla Mirandola, con i contingenti veneti che fiancheggiano l'impresa di Giulio II. Dopo il fallimento dell'attacco contro Bologna, il C. a stento raggiunge Cesenatico con i suoi soldati affamati ed in parte disarmati e di qui, via mare, Chioggia ed infine Venezia (16 giugno).
Il Senato lo invia quindi contro gli Imperiali che devastano il Friuli ed il Trevigiano; il C. trascorre così, tra Gradisca, Treviso e Tolmino, il restante 1511, agli ordini del provveditore Gradenigo. Nel gennaio 1512 chiede licenza di venire a Venezia, avendo probabilmente mantenuto segrete pratiche con i conterranei che si preparano ad insorgere contro i Francesi. Il 24 gennaio è a Salò che si è sollevata; apre le prigioni e libera i "marcheschi" ivi custoditi. Guida poi una delle tre colonne che prendono Brescia il 2 febbraio, ma la vittoria veneziana si tramuta ben presto in una clamorosa disfatta, in seguito al ritorno del Foix che saccheggia la città. Il C. è fatto prigioniero, il figlio diciottenne, Ludovico, è ucciso assieme ad un fratello, a un cognato e a molti parenti del Calzone. Riscattato per 300 ducati da amici o parenti di Castiglione delle Stiviere, raggiunge Venezia (28 febbraio) dove riferisce in Collegio sulla disfatta. Mandato in Friuli a reclutare fanti, in maggio ritorna in Lombardia con 400 "provisionati" e rischia d'essere ucciso a Cremona (8 giugno). In luglio opera un tentativo, fallito, di riprendere Brescia, fidando nel "bon voler" di alcuni cittadini "marcheschi", e a ottobre guida una delle schiere che tentano un vano assalto contro Brescia. Operato nel marzo 1513, col trattato di Blois, un nuovo rovesciamento delle alleanze, la sconfitta francese di Novara induce a una precipitosa ritirata l'esercito veneto; il C. abbandona Peschiera e raggiunge Bartolomeo d'Alviano e Andrea Gritti a Padova (21 luglio).
Il nuovo assedio di Padova, investita dalle truppe ispano-imperiali il 24 luglio, non ha esito diverso dal primo; il 16 agosto l'esercito nemico abbandona l'impresa rivelatasi eccessivamente gravosa, anche a causa delle nuove fortificazioni approntate, dopo il 1509. Imperiali e Spagnoli saccheggiano le campagne, giungendo sino a Mestre; l'Alviano esce allora da Padova e, dopo varie manovre tra il Brenta e il Bacchiglione, si scontra con le truppe del Cardona a Creazzo, tra Vicenza e Sandrigo (7 ottobre). La battaglia si risolve in una-grande sconfitta veneziana, nonostante le speranze della vigilia: a stento il Gritti ripara a Vicenza e l'Alviano a Treviso.
Tra i caduti vi fu il C., probabilmente annegato nel Bacchiglione, come riferivano le voci giunte a Venezia raccolte dal Sanuto. La Repubblica serbò grata memoria del valoroso conestabile: due anni più tardi (16 sett. 1515) il Gran Consiglio decretò di attribuire i redditi della cancelleria di Rovereto ai parenti del Calzone.
Poiché tuttavia Rovereto rimase nelle mani degli Imperiali, in seguito ad una petizione della vedova e del figlio del C. una seconda delibera del Gran Consiglio concesse la cancelleria di Sacile in dote alle figlie del caduto (17 marzo 1516). Neanche questa assegnazione fu però definitiva perché un terzo decreto permutava Sacile con Marostica (18 ott. 1516).
Fonti e Bibl.: M. Sanuto, Diari, IV-XXIII, Venezia 1880-88, ad Ind.;B. Gratarolo, Hist. della Riviera di Salò, Brescia 1599, pp. 38 s.; F. Bettoni, St. della Riviera di Salò, Brescia 1880, II, pp. 166, 171; C. Fossati, Mem. intorno a F. C. di Salò e alla sua famiglia, Brescia 1888; C. Pasero, Francia, Spagna, Impero a Brescia (1509-1516),suppl. ai Commentarii dell'Ateneo di Brescia, Brescia 1957, pp. 60 ss.;Id., Il dominio veneto..., in Storia di Brescia, II, Brescia 1963, pp. 230 ss.; A. Simioni, Storia di Padova, Padova 1968, p. 781.