CALDOGNO, Francesco
Figlio del nobile Antonio capitano della cavalleria in Piemonte sotto il marchese del Vasto, generale di Carlo V, e di Maddalena di Alvise Antonio Franceschini, nacque attorno alla metà del sec. XVI a Vicenza. Ottimo conoscitore, "per eredità degli avoli" e per suo "studio particolare", dei confini del Vicentino coi "Tedeschi", specie col vescovato di Trento, pienamente informato delle controversie in materia, si adoperò, nel 1578, mentre infuriava l'epidemia, ad un efficace controllo di questi. Quindi, dal 1582, fu per 26 anni al servizio della Repubblica veneta, dapprima col titolo di ispettore dei Sette Comuni, poi, dal 1600, con quello di provveditore ai confini in Vicentina, comportante più larghe attribuzioni, e, dal 1602, la scorta stabile di sei armati.
Nel 1603 venne insignito del titolo di cavaliere e, quanto allo stipendio, il Senato, il 4 ott. 1607, lodandone la "diligentia virtù et fede… nel difendere et sostentare le ragioni publice", lo fissava definitivamente a 200 ducati annui. Non accolta, invece, per la decisa opposizione delle comunità di Caltrano, Cogollo e Piovene, la richiesta, da lui avanzata, nel 1604, al doge, di concessione di "una torre antiqua… sopra il torrente Astico… in feudo nobile e gentile… con titolo di castellano… con la giurisdizione della pescagione del detto torrente", ove aveva intenzione di "far fare un'osteria senza dazio come posson fare tutti li sette Comuni ivi confinanti".
Incarico di notevole responsabilità quello affidato al C., che esigeva competenza legale e capacità militari a un tempo: agli ordini dei rettori di Vicenza, doveva trasferirsi nella zona da custodire in caso di necessità; doveva inoltre perlustrare i luoghi contenziosi, conoscere le divergenze, promuoverne la soluzione al foro di Vicenza o a Venezia, assumersi la responsabilità di eventuali rappresaglie da condurre con uomini dei Sette Comuni e, anche, con cernide della pianura e soldati della Serenissima. Frequenti furono le occasioni di scontro al punto che il C. afferma, nella ricordata richiesta del 1604, di aver rischiato la vita 38 volte.
Delle incursioni da lui condotte vanno ricordate quella del novembre 1603 "per distruggere" il "passo della Pertica et Viacolo" con le "casare et malghe… reedificate" a danno dei sudditi veneti dai "Grignesi sudditi del castello di Ivano" e gettare nel Brenta gli "arbori attraversati" - ne parla in Una relazione a' rettori di Vicenza (pubblicata a Vicenza nel 1878per nozze A. P. Bucchia A. Bertagnoni) - e quella del 1606, nella quale, mosso da Enego con alpigiani armati, svelse una grossa catena di ferro posta a sbarrare il Brenta dal comandante di Primolano, sì da impedire, contro le convenzioni, il libero transito dei legnami e da poter imporre il pagamento di un arbitrario dazio.
Il C. venne altresì utilizzato per trattative: nel 1584, ad esempio, viene inviato a Trento per ottenere dal vescovo la restituzione di alcuni boscaioli catturati dagli abitanti di Levico; nel 1602 è di nuovo a Trento, a fianco del rappresentante veneto, il giurista Ettore Feramosca, in occasione dei colloqui voluti dal vescovo per un definitivo accordo sui confini, peraltro compromesso dall'intransigenza del conte Osvaldo Trapp, signore di Beseno, violento e prevaricatore, che da tempo fugava i sudditi veneti dai luoghi contenziosi, vi fabbricava case e mulini, imponeva gabelle e proibiva l'uso di sale veneziano. Quando poi, nel 1605 a Rovereto, una commissione veneto-imperiale addivenne a una sistemazione in materia confinaria, il C. esternò qualche perplessità parendogli si fosse ceduto troppo; ma la Repubblica aveva preferito non irrigidirsi, nella speranza che, di ciò grato, l'arciduca Massimiliano avrebbe compreso e appoggiato le sue richieste di un più deciso contenimento degli Uscocchi da parte di Graz.
Indirizzando, il 4 ott. 1598, al doge la Relazione delle Alpi vicentine e de' passi e de' popoli loro (pubblicata a Padova, a cura di Giuseppe e Gaetano Rossi, nell'anno 1877per nozze F. Rossi-C. Garbin) - "diffuso trattato", tuttora interessante per le notizie su Vicenza, il suo "salubre" e "fertile" territorio, le "montagne… confinanti colli Austriaci che cercano essi di usurpare", "que' passi che per il Vicentino d'Alemagna vengono in Italia e que' luoghi dove si potrebbe proibire l'entrata", e, più ancora, pei cenni sugli abitanti dei Sette Comuni, che "per l'ordinario parlano tedesco", la cui lingua originaria "è la medesima del Goti" - il C. avanza la proposta di istituire, nell'altopiano d'Asiago, "un'ordinanza militare" per impedire le ricorrenti violazioni dei "finitimi" che, "armati da loro principi, quasi del continuo infestano e dannificano", da utilizzare ovunque in caso di guerra. Quanto mai opportuno, secondo il C., valorizzare la fedeltà per Venezia "fissa" e "radicata nei cuori" di uomini che erano "molto robusti e bellicosi".
Il suggerimento non cadde nel vuoto, ché, di lì a qualche anno, il Senato, il 30 ag. 1606, ordinava al capitano di Vicenza Vincenzo Pisani di istituire, coadiuvato dal C., una milizia permanente nei Sette Comuni. Le pretese esorbitanti del Pisani, che voleva imporre una coscrizione di 5.000 uomini estesa a quanti fossero compresi tra i 18 e i 45 anni, si scontrarono con la volontà dei sindaci disposti a concedere, al più, 600 fanti, sostenuti dalla popolazione timorosa di violazioni della franchigia personale garantita nell'atto di dedizione alla Serenissima. Il C., abile e paziente mediatore, riuscì a evitare la rottura: dato che il provveditore dell'Arsenale non avrebbe spedito più di mille archibugi, sostenne che altrettanti, e da suddividersi tra i Sette Comuni, dovessero essere gli uomini da armare. E su tale cifra ci si accordò.
Il C. morì nel luglio del 1608, senza però vedere concretamente attuata questa milizia confinaria, la cui istituzione aveva tanto caldeggiato. Una sua succinta relazione del 1600 sullo stato del torrente Astico e sui "danni che può inferir" a Vicenza con le sue piene e con la "condotta delle legne" denota nel C. anche un esperto nella regolazione delle acque.
Fonti e Bibl.: Scritti, lettere e relazioni, comprese le due edite, del C. in Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Gonzati 28. 7. 2111 1 (= 586); 29. 4. 5-7 (= Do. 22-23); 30. 7. 3 (= 595); cenni sul C., Ibid., G. da Schio, Memorabili (ms.), ad vocem;qualche lettera allegata del C. e accenni al C. in Arch. di Stato di Venezia, Senato. Lettere rettori Vicenza e Vicentin, filze 1-5, passim; Senato Terra, reg. 77, cc. 115r, e 127; filza 186, alle date 28 sett. e 6 ott. 1607; Angiolgabriello di Santa Maria [P. Calvi], Biblioteca e storia di…scrittori così della città come del territorio di Ficenza, V, Vicenza 1779 pp. 293-300 (ove, però, il C. è confuso col nipote omonimo); F. F. Vigna, Preliminare di… dissertazione intorno alla… storia… di Vicenza…, Vicenza 1797, pp. LXXXXVs.;M. Bonato, Storia dei Sette Comuni…, III, Padova 1859, pp. 390-410, 419 s., 438 s., 541 s.; A. Ceruti, Appunti di bibliogr. stor. veneta contenuti nei mss. dell'Ambrosiana, in Archivio veneto, XI(1876), pp. 217 s.; R. F. [Rinaldo Fulin], Nozze Rossi-Garbin, in Archivio veneto, XIII(1877), p. 203; B. M., segnalazione della Relazione di rettori…, in Arch. stor. ital., s.4, II (1879), p. 514; S. Rumor, La famiglia dei conti di Caldogno e la loro villa a Caldogno, in Atti della Accad. Olimpica di Ficenza, XXVII(1893), pp. 58 s.; Id., Il blasone vicentino…, Venezia 1899, pp. 40 s.; Id., Bibliogr. stor. della città e prov. di Vicenza, Vicenza 1916, p. 95nn. 966 s.;A. Dal Pozzo, Mem. stor. dei Sette Comuni vicentini, Schio 1910, pp.157, 169 s., 213; G. Mantese, Mem. stor. della chiesa vicentina, III, 2, Vicenza 1964, pp. 524, 527.