BRUNI, Francesco
Nacque a Firenze da Bruno di Orlando di Bruno da Vespignano intorno al 1315.
Sulla base del documento che attesta la sua elezione a notaio dei Priori per il quartiere di San Giovanni nel 1353, e supponendo che sia stata questa la prima carica pubblica rivestita dal B., si potrebbe porre la data della sua nascita anche intorno al 1325;ma gli elementi desumibili dalle lettere del Petrarca inducono ad anticipare tale data di almeno un decennio. In una lettera del 1363(Seniles, II 3)il Petrarca afferma infatti di essere più vecchio del B., accennando nel contempo alla "valida aetas" dell'amico; poi il 28giugno 1371 (Seniles, XIII 13), rimproverando il B. perché non abbandonava Avignone, lo dice ormai vecchio. È lecito dedurre che a questa data il B. fosse vicino ai sessant'anni; né doveva averli superati, se nel 1381poteva ancora validamente sostenere la pesante carica di segretario, e se due anni dopo fu eletto a Firenze gonfaloniere di giustizia.
È incerto se sia lui il Francesco Bruni "domicellus, serviens armorum pape" citato in alcuni registri di Benedetto XII e Clemente VI dal 1342 al 1346, per acquisti di gioielli, tele, materassi, perle e seta; si può osservare che l'eventualità d'un servizio precedente quello di segretario pontificio presso la corte avignonese si inserirebbe con coerenza nella biografia del Bruni. Comunque, il primo dato biografico certo di lui riguarda la sua elezione a notaio dei Priori per il quartiere di San Giovanni nel gennaio 1353; per la prima volta nella storia del Priorato, gli fu concesso il 6 marzo successivo di farsi sostituire dal suo coadiutore.
È certo che non fu lui ad essere eletto tra i Priori di Santa Croce nel 1358, bensì il suo omonimo Francesco di ser Santi, priore del suddetto quartiere anche nel 1375, gonfaloniere di giustizia per il quartiere di San Giovanni nel 1379, tassato nel 1381 e, ancora nel 1381, firmatario, sempre in qualità di gonfaloniere, delle "istruzioni date a' priori per bene esercitare l'uffizi loro". Il B. non abbandonò mai, infatti, la casa nel quartiere di San Giovanni, tranne forse dopo il definitivo rientro a Firenze nel 1382, allorché si trasferì nel quartiere di San Pier Maggiore (ma si può anche supporre che avesse lasciato la casa ai figli, ai quali anzi nel testamento prescriveva di non alienare la casa presso Santa Maria del Fiore, dalle finestre della quale i priori solevano assistere ogni 24 di giugno, festa di San Giovanni, alla corsa dei cavalli).
Nel 1353 il B. ebbe anche modo di conoscere G. Boccaccio, il quale, di ritorno da Ravenna, aveva ripreso il suo posto nel circolo fiorentino degli amici del Petrarca. Iniziò così una lunga amicizia, che vedrà il B. favorire di buon grado il Boccaccio in più di un'occasione, accogliendolo lietamente ad Avignone nell'agosto 1365, allorché lo scrittore vi si recò per rassicurare il papa sulle buone intenzioni dei Fiorentini, e poi a Roma nell'ottobre 1367 (in questa occasione il Boccaccio gli raccomandò il Salutati: si veda Salutati, Epistolario, I 19), e appoggiandone in Curia la richiesta d'indulgenze per la chiesa dei SS. Michele e Iacopo che egli stava restaurando in Certaldo. Agli inizi del 1360 il B. fu inviato ambasciatore del Comune fiorentino in Romagna, presso Vanni di Susinana degli Ubaldini di Carda, e il 14 aprile gli venivano inviate istruzioni particolari. Al suo rientro in Firenze, con decreto del 14 dicembre il "sapiens vir ser Franciscus Bruni" fu chiamato "ad legendum Rectoricam in generali studio fiorentino" per la durata di un anno e con un compenso di 80 fiorini. Data dal settembre dell'anno successivo l'inizio della sua amicizia con Francesco Petrarca, rapporto affettuoso alimentato unicamente dalle lettere che il B. e il poeta si scambiarono nell'arco di più d'un decennio: mai essi poterono conoscersi personalmente.
Evidentemente insoddisfatto della sua posizione a Firenze, il B. a pochissimi mesi di distanza dall'elevazione al soglio pontificio di Guglielmo di Grimoard, che assunse il nome di Urbano V (settembre 1362), si recò ad Avignone e si presentò al nuovo papa, che con ogni probabilità egli aveva avuto modo di conoscere durante il suo lungo soggiorno di legato apostolico in Italia. Urbano V lo elesse il 3 febbr. 1363 segretario pontificio, incarico rimasto vacante sin dall'autunno del 1361 per la morte di Zanobi da Strada e ripetutamente rifiutato dal Petrarca, che aveva anzi proposto a suo tempo al papa le candidature di Giovanni Boccaccio e di Francesco Nelli.
Il B. ebbe uno stipendio annuo di 200fiorini, che gli venne sempre regolarmente versato in due rate semestrali, come risulta dalle note dei registri avignonesi pubblicate dallo Schäfer. Con lui, a partire almeno dal 1367, viveva, e probabilmente lavorava, uno dei figli, Mariotto, citato in una lettera del Petrarca del 28giugno 1371 (Seniles, XIII13)e in alcuni documenti avignonesi (8novembre 1367, 24febbraio 1372)e fiorentini (tassato nel 1381).Non si può affermare con certezza se anche gli altri figli - Luigi, Giambruno, Urbano, e una figlia della quale non si conosce il nome, che sposò il coniatore fiorentino Amario Giansigazzi (cfr. Mirot-Jassemin, n. 3009) - e la moglie Selvaggia di Pietro Sacchetti, fossero con lui.
Nel 1366 il B. tornò in Italia, probabilmente per saggiare e preparare il terreno per il rientro a Roma di Urbano V; ritorno che avvenne nel maggio del 1367. Il B. nella sua qualità di segretario seguì naturalmente la corte pontificia nella capitale e nelle residenze di Viterbo e di Montefiascone. La fiducia che il pontefice palesemente gli accordava e la sua indubbia abilità accrebbero notevolmente l'ascendente e la posizione del B., il quale tra l'altro in non poche circostanze intervenne in delicate questioni, e segnatamente nei non sempre facili rapporti tra il papa e Firenze. Non sempre però i suoi concittadini ne riconobbero i meriti: il 29 ottobre del 1367, a pochi mesi dunque dal rientro in Italia, il suo nome fu estratto tra quelli dei priori per il quartiere di San Giovanni: ma essendo il B. assente - documenti testimoniano che egli si trovava in quel periodo a Montefiascone -, la sua polizza venne addirittura stracciata (il che comportava tra l'altro la perdita d'ogni possibilità futura d'esser rieletto). Una lettera del papa, al quale egli aveva evidentemente presentato le proprie doglianze, costrinse il consiglio a considerare nulla l'estrazione del B. e a inserire nuovamente nell'urna una polizza col suo nome. Dall'estate del '67 all'8 marzo 1368 e dal 24 aprile '68 al 30 marzo 1370 fu coadiutore privato del B. Coluccio Salutati, a lui legato da affettuosa amicizia. Il 6 settembre 1369 il B. fu nuovamente eletto tra i Priori: perdurando la sua assenza da Firenze, fu deciso di sostituirlo dapprima con un certo Neri Pierozzi, poi (8 settembre) di estrarre un altro priore al suo posto.
Un anno dopo la corte pontificia rientrava ad Avignone, e il B. la seguì, questa volta sicuramente con tutta la famiglia. Nel dicembre moriva Urbano V; il successore, Gregorio XI, lo confermò nel suo incarico di segretario, cosa di cui si congratula il Salutati in una lettera del 29 gennaio 1371 (III 5). Nel novembre dello stesso anno il figlio Giambruno ottenne "possessionem de beneficio s.c. decima nuncupato sito in Caltalanistelletta Agrigentinae diocesis et S. Mariae de Bonamorone eiusdem diocesis". Il già difficile compito di segretario pontificio divenne certamente più gravoso per il B. al servizio di Gregorio XI, e particolarmente negli anni del nuovo, grave contrasto tra Curia avignonese e Fiorentini (1371-1373); dissidio che il B. tese sempre diplomaticamente ad attenuare, combattuto tra l'affetto per la città natale e la devozione al pontefice. E fu inoltre, nello stesso periodo, magna pars nel mantenimento di buone relazioni tra il papa e i Senesi, i quali, pur promettendo appoggio a Gregorio XI, ripetutamente mostravano simpatie per il suo più accanito avversario, Bernabò Visconti, e tramavano accordi coi Fiorentini; lo stesso ambasciatore senese ad Avignone, l'archiatra pontificio Francesco di Casino, riconobbe in una lettera ai Dodici del 9 genn. 1375 che al B. "sine dubio civitas nostra est magis obligata quam toto residuo romane curie". Lo stesso abile ed equilibrato comportamento nel periodo della lotta aperta del papa con Firenze - la cosiddetta "guerra degli otto santi", che veniva a porlo in una situazione veramente delicata - non lo salvò da una condanna in contumacia (24 giugno 1378) per supposta congiura contro la parte ghibellina.
Morto Gregorio XI il 27 marzo 1378 a Roma, dove la Curia pontificia si era definitivamente trasferita nel 1376, anche il pontefice che gli succedette, Urbano VI, riconfermò il B. nella sua carica. Ma, come si apprende da una lettera del Salutati (IV 21), il segretario pontificio, forse ormai stanco, desiderava ardentemente tornare a Firenze, dove già si era recato, probabilmente per affari personali, dalla fine del 1377 all'aprile del '78. Tuttavia si trattenne alla Curia pontificia ancora alcuni anni: nel luglio 1381 si trovava ancora a Roma, di dove informò con due lettere i Fiorentini di vari avvenimenti, tra cui della grave malattia dell'umanista fiorentino Lapo da Castiglionchio, uno dei capi dell'oligarchia guelfa, costretto alla fuga nei giorni del tumulto dei Ciompi, e della detronizzazione di Giovanna I. Non si conosce la data in cui il B. si dimise da segretario pontificio; ma è oltremodo probabile che ciò avvenisse nel 1382.
Rientrato a Firenze, fu eletto gonfaloniere di giustizia per il periodo luglio 1383-agosto 1384. L'ultima notizia biografica che lo riguarda è del 4 aprile 1385 e si riferisce alla donazione di alcuni libri, tra cui il Catholicon, al convento di Santa Maria degli Angeli, previa restituzione da parte dei monaci d'un costoso esemplare della Bibbia da lui precedentemente donato al convento medesimo; è molto probabile che il B. sia morto poco dopo questa data.
Personaggio di qualità, cultura e abilità notevoli, il B. ricoprì in modo egregio la carica di segretario pontificio sotto tre papi e lungo un periodo tra i più travagliati della storia della Chiesa. Se dai documenti, e particolarmente dalla corrispondenza di Francesco di Casino con i Dodici di Siena, emergono soprattutto le qualità dell'attento diplomatico, dalle lettere del Petrarca e da quelle di Coluccio se ne ricava in particolare l'immagine dell'uomo colto, affabile, generoso.
Le lettere private del B. sembrano essersi tutte perdute, tranne una segnalata dal Kristeller a c. 3v del codice Landi 31 della Biblioteca Comunale Passerini di Piacenza; è tuttavia possibile ricostruire almeno parzialmente lo svolgersi dei rapporti epistolari del B. col Petrarca e col Salutati dalle risposte dei suoi corrispondenti.
Ansioso di stabilire un legame d'amicizia con il Petrarca, il B. interpose i buoni uffici di Pandolfo Malatesta signore di Rimini, al quale tuttavia il poeta dichiarò di non aver l'abitudine di scrivere a persone non conosciute; il Malatesta fece allora intervenire Francesco da Carrara, e a questi il Petrarca non poté opporre un rifiuto. Egli scrisse dunque al B. per la prima volta l'8 sett. 1361 (Familiares, XXIII 20), raccontandogli dettagliatamente l'occasione di quella lettera e dichiarandogli la propria amicizia. Il B. rispose con entusiasmo, lodando il Petrarca come oratore, filosofo, storico, poeta e teologo: lodi di cui il poeta (Seniles, I 6, gennaio-maggio 1362) si dichiarò immeritevole. Nell'estate dello stesso anno il B. scrisse nuovamente, dicendosi tra l'altro preoccupato per la notizia che a Padova era scoppiata la peste; gli rispose il Petrarca con una bella lettera (Seniles, 17) in cui affermava di essersi trasferito a Venezia, ma di non temere, comunque, la morte. Alla fine dell'anno, o nei primi giorni del 1363, il B. fece conoscere al Petrarca la propria intenzione di presentarsi al nuovo pontefice Urbano V, e chiese al poeta una lettera di raccomandazione; dopo essersi congratulato con lui per l'ottima risoluzione, egli garbatamente gli rifiutò la lettera, dichiarando di non conoscere il pontefice e di non voler peccare di immodestia: come credenziali le qualità del B. sarebbero valse assai più (Seniles, II2). In una successiva lettera il B., comunicando di aver ottenuto la carica di segretario pontificio, narrò il suo felice viaggio ad Avignone e l'affettuosa accoglienza ricevuta; il Petrarca si congratulò con lui, consigliandolo sul come affinare le sue doti nel nuovo e indubbiamente gravoso incarico (Seniles, II3). Da un'altra lettera, probabilmente del 1365 (Seniles, VI3), si apprende che il B. inviava talora al Petrarca libri in dono o in prestito, e che aveva molto apprezzato l'olio prodotto nel poderetto attorno alla villa del poeta presso la fonte dei Sorga; il Petrarca lo invitò allora a godere di tutti i prodotti di quella terra, alla cui pace sospirava di ritornare.
Ulteriore e molto significativa prova della stima e dell'amicizia che il poeta nutriva nei confronti del B., e indirettamente dell'intimità del B. col pontefice, è la lunga, importante lettera del 1367 (Seniles, IX2) con la quale il Petrarca accompagnò l'esultante epistola per Urbano V (ibid., 1) che aveva riportato la sede del Papato a Roma. Il B. gli rispose accompagnando il ringraziamento del pontefice; le due lettere però, inviate a Venezia, furono ricevute e custodite da Donato degli Albanzani, poiché il Petrarca nel maggio 1368 era stato chiamato da Gian Galeazzo Visconti a Pavia, donde tornò soltanto nel luglio, dopo aver affrontato un difficile viaggio sul Po; rispose subito raccontando la propria avventura (Seniles, XI2) e raccomandando al B. di non stare in pensiero per lui, ché per sua parte non aveva alcuna paura del risentimento dei grandi personaggi della corte pontificia da lui attaccati nella lettera al papa (ibid., 3). In un'epistola successiva, con ogni probabilità del 1370, il B. riferì che un cardinale aveva malignamente commentato le lodi che Filippo di Cabassol, vescovo della Sabina, aveva pronunciato nei riguardi del Petrarca dinanzi al papa, e che questo atteggiamento, pur conoscendo la più che benevola disposizione di Urbano V nei suoi confronti, lo preoccupava, potendo alla lunga darsi che la malignità dei cardinali venisse a nuocergli. Il poeta gli rispose (Seniles, XIII 12) dichiarando la propria assoluta fiducia nella bontà del papa, e affermando di non avere in nessun conto la malevola disposizione della Curia in generale e di quel cardinale in particolare. Agli inizi del 1371 giungono insieme al Petrarca una lettera del nuovo papa Gregorio XI e una del B.; dopo aver brevemente risposto al papa (risposta andata perduta), il poeta presentò sinceramente all'amico le difficoltà della propria situazione economica e chiese in termini dignitosissimi un aiuto: tanto gli è stato sempre offerto e tanto ha sempre rifiutato, che in certo senso un aiuto gli spetta di diritto (Variae, 15). Il B. tardò a rispondere e il Petrarca, amareggiato, lo rimproverò allora (Seniles, XIII 13) d'aver pensato chegli volesse ottenere ad ogni costo qualcosa dal papa; se la ragione dell'interrotta corrispondenza è l'indifferenza di Gregorio XI, sappia che egli nulla chiede e nulla vuole al di fuori della sua amicizia; gli scriva dunque il B. ciò che vuole, ma gli scriva. E lo esorta caldamente a tornare, ora che è ricco e vecchio, nella bella Firenze, abbandonando la "putrida" Avignone, dove ingloriosamente è tornata a risiedere la Curia. Oltre a queste, il Petrarca indirizzò al B. tre lettere di difficile collocazione cronologica, nelle quali il poeta raccomanda qualcuno che gli sta a cuore: un amico e un pievano (Variae, 34 e 37), e un giovane - forse da identificarsi in Giovanni Malpaghini - che era vissuto con lui tre anni e che ambiva di collocarsi a Roma (Seniles, XI 8).Non è il B., ma Bruno Casini il "Brunum florentinum" cui il Petrarca indirizzò l'epistola metrica Pierias comites (III 10);sembra invece che il B. sia il destinatario di un'altra metrica petrarchesca, Quando erit obscuri (II 28), a quanto almeno si legge nel cod. 44 della Capitolare di Viterbo.
Altrettanto affettuosa fu l'amicizia del B. con Coluccio Salutati. Non si conoscono la data e le circostanze in cui si stabilì il loro sodalizio, che il 3 novembre 1367, data della prima lettera di Coluccio a lui indirizzata (I 16), appare già consueto. In una lettera di poco posteriore, il Salutati confessava di trovarsi a disagio nell'impiego poco lucroso e infido di cancelliere del Comune di Todi, e pregava l'amico di procurargli un posto a Roma (I 17; 19 nov.). Il B. si interessò sollecitamente, e di questo Coluccio il 20dic. lo ringraziava, tessendo ampie lodi dell'amicizia e dichiarandosi a sua disposizione, in ogni momento e per qualunque incarico egli intendesse assegnargli (I 18). IlSalutati dovette restare a Todi fino al 10 marzo; poi venne a Roma e fu assunto dal B. come coadiutore privato (I 21; 8marzo 1368), restando al suo fianco per tutto il periodo in cui la corte pontificia rimase a Roma. Non seguì il B. ad Avignone, e raramente - a giudicare almeno dalle lettere a noi pervenute - gli scrisse, certo perché preso dal nuovo, gravoso incarico di cancelliere del Comune di Lucca: il 29gennaio 1371 (III 5)congratulandosi per il confermato incarico dell'amico a segretario pontificio; il 16settembre 1374(III 16) promettendo di scrivergli più ampiamente della dolorosa scomparsa "nostri Petrarce". Divenuto cancelliere della Signoria fiorentina (1375), i contatti, almeno quelli privati, tra i due amici divennero ancor più radi: dopo una generica lettera del 15luglio 1377 (IV 8), Coluccio rimproverava al B. il desiderio di abbandonare Roma per tornare definitivamente a Firenze.
Della fama che il B. ebbe nell'età umanistica restano testimonianza anche le lodi attribuitegli da Franco Sacchetti nel capitolo "Lasso, Fiorenza mia, ch'io mi ritrovo" (in Rime a cura di A. Del Monte, Bari 1936, p. 285, v. 151) e una piccola raccolta di lettere, indirizzategli da illustri contemporanei - tra cui il Salutati e Zanobi da Strada - segnalata da P. O. Kristeller nel cod. Magliab. VIII 1439della Biblioteca Nazionale di Firenze a cc. 2-16 v.
Fonti e Bibl.: F. Petrarca, Le Familiari, a cura di V. Rossi-U. Bosco, IV, Firenze 1942, pp. 207-09; Id., Epistolae de rebus familiaribus et variae, a cura di G. Fracassetti, I-IV, Florentiae-Firmi 1859-1890, ad Indicem;Id., Epistolae seniles, in Opera quae extant omnia, Basileae 1554, pp. 824-28, 837-42, 893 s., 944-52, 975-78, 980, 1023-27; Id., Epistolae metricae, in Poesie minori, a cura di D. Rossetti, II, Milano 1831, pp. 338-41; G. B. Mittarelli-A. Costadoni, Annales Camaldulenses, VI, Venetiis 1761, p. 154; G. Canestrini, Di alcuni docum. risguardanti le relaz. polit. dei papi di Avignone coi comuni d'Italia, in Arch. stor. italiano,App. VII (1849), pp. 425 s., doc. LXXXVI; Diario d'anonimo dal 1358 al 1389, a cura di A. Gherardi, in Cronache dei sec. XIII e XIV, Firenze 1876, pp. 296, 361, 422, 426 s.; Gli Statuti dell'Università e dello Studio fiorentino, a cura di A. Gherardi, Firenze 1881, pp. 297, 305, 327; G. Filippi, IlComune di Firenze e il ritorno della S. Sede in Roma nell'anno 1367, in Miscell. di storia ital., XXVI (1887), pp. 401 doc. II, 415 doc. XIV; C. Salutati, Epistolario, a cura di F. Novati, I, Roma 1891, pp. 42 s., 45, 46, 53, 140, 188, 263, 342; Regesti del R. Archivio di Stato di Lucca, II, 2, Lucca 1903, pp. 7, 33, 43, 80, 215, 440; Lettres secrètes et curiales du Pape Grègoire XI (1370-1378)relatives à la France, a cura di L. Mirot-H. Jassemin, Paris 1935-57, nn. 79, 3009; Lettres secrètes et curiales du Pape Grègoire XI (1370-1378) intéressant les pays autres que la France, a cura di G. Mollat, I-III, Paris 1962-1965, ad Indicem; Delizie degli eruditi toscani, X (1778), p. 290; XIII (1780), p. 172; XIV (1781), pp. 24, 137; XV(1781), p. 142; XVI (1783), pp. 210, 232; XVII(1783), p. 45; S. Ammirato, Istorie fiorentine con l'aggiunte di S. Ammirato il Giovane, V, Firenze 1824, pp. 11 s.; D. Marzi, La Cancelleria della Rep. fiorentina, Rocca San Casciano 1910, pp. 84, 113 n. 1, 115, 490; K. H. Schäfer, Die Ausgaben der apostol. Kammer unter Benedikt XII,Klemens VI und Innocenz VI, Paderborn 1914, ad Indicem; G. Pirchan, Italien und Kaiser Karl IV in der Zeit seiner zweiten Romfahrt, I-II, Prag 1930, ad Indices; A. Garosi, La vita e l'opera di F. Casini,archiatro di sei papi, in Bull. senese di storia patria, XLII (1935), pp. 277-378; V. Rossi, Nell'intimità spirituale del Petrarca, in Nuova Antologia, 1º luglio 1931, pp. 3-12; K. H. Schäfer, Die Ausgaben der apostol. Kammer unter den Päpsten Urban V und Gregor XI, Paderborn 1937, ad Indicem;F. Bock, Einführung in das Registerwesen des avignones. Papsttum, in Quellen und Forsch. aus italien. Archiven und Bibliotheken, XXXI(1941), ad Indicem; G. Mollat, Relations polit. de Grégoire XI avec les Siennois et les Florentins, in Mélanges d'archéol. et d'hist., LXVIII (1956), pp. 337, 339, 341, 342, 349, 362, 365; B. Guillemain, La cour pontificale d'Avignon, Paris 1962, pp. 297, 298 s., 571, 712; E. H. Wilkins, Vita del Petrarca, Milano 1964, ad Indicem; V. Branca, Introduzione a G. Boccaccio, Tutte le opere, I, Milano 1967, pp. 95, 136, 149, 151, 154, 161, 162, 164; P. O. Kristeller, Iter Italicum, III, ad Indices.