BRUNELLI, Francesco
Nacque a Forlì il 24 sett. 1572; fu ricevuto come confratello laico nella Compagnia di Gesù a Roma il 21 genn. 1593; in Roma affinò la sua arte di intagliatore sotto la guida del gesuita fra' Bartolomeo Tronchi. Nel 1603 fu mandato a lavorare opere d'intaglio per la chiesa della Compagnia a Sezze. Nel mese di agosto 1606 lo troviamo ad Ancona, dove lavora al tabernacolo e alla decorazione dei tre altari della nuova chiesa dei gesuiti; nel 1609 dovette sospendere il lavoro, chiamato urgentemente a Roma per intagliare gli armadi della sacrestia del Gesù; nel sett. 1611 era di nuovo ad Ancona (dove, nella chiesa dei gesuiti, all'infuori di due coretti, tutto è andato disperso nel rifacimento settecentesco). Negli anni successivi la sua presenza è segnalata a Imola e Forlì; entro la prima metà del 1620 eseguì nella chiesa del Gesù di Perugia un quadro d'altare a intaglio del quale non si ha più notizia. Fra il 1621 e il 1624 intagliò gli armadi della sacrestia della chiesa dei gesuiti di Modena, tuttora esistenti. Nel 1627 era di nuovo a Perugia, dove intagliò i due altari del transetto nella chiesa della Compagnia, ancora visibili: quello di sinistra è fra le opere più belle del Brunelli. Due anni dopo era a Forlì per intagliare un grande tabernacolo per la cappella della Madonna del fuoco nel duomo, oggi coperto da una custodia di bronzo. L'esecuzione di questa opera fu condotta faticosamente tra alterne vicende; appena compiuta, sopraggiunse improvvisamente a Forlì la morte del B., il 7 ottobre 1635.
La sacrestia del Gesù è una delle più belle di Roma: gli armadi severi, sobriamente decorati, sono sormontati dalle statue lignee dei Dodici apostoli;negli ampi gesti e nei panneggi movimentati di queste figure è palese il gusto tipico dell'età barocca, mentre gli ornamenti degli sportelli e degli stipiti, nella loro semplicità, sembrano rifarsi agli schemi decorativi classicheggianti propri dell'epoca precedente. Sopra la porta fra due Angeli dalle ali spiegate, forse un po' rigidi, è un Crocifisso magistralmente intagliato.
Sul tabernacolo della Madonna del Fuoco di Forlì così si esprimeva un contemporaneo: "Il tutto è così sottilmente lavorato, che sembra un teatro ricco di cento mila curiosità in guisa che l'occhio dolcemente trascina l'ingegno in considerarle. È tutto dorato e finito d'alabastro nella foggia delle cantorie.L'una e l'altra fattura sono disegno e lavoro d'un medesimo artefice. La morte però non li lasciò finire le cantorie, compite poscia da altro scalpello" (G. Bezzi, Il fuoco trionfante, Forlì 1637, p. 15).
Bibl.: P. Pirri, Intagliatori gesuiti ital. dei secc. XVI e XVII (F. B.), in Archivum historicum S. I. XXI, (1952), pp. 10-28, 41, 46-47.