BRANCATI (Brancato), Francesco (in cinese, P'an Yung-kuan; postumo, Kuo-kuang)
Nacque a Palermo nel 1601 e il 14 ag. 1623 entrò in noviziato nella Compagnia di Gesù a Napoli, dove, a partire dal 1625, studiò per due anni filosofia. Trasferito a Palermo nel 1627, insegnò per quattro anni grammatica in quel collegio dei gesuiti; quindi, dopo aver studiato per altri due anni teologia, fu ordinato sacerdote nel 1633. Frattanto era stata accolta la richiesta di essere inviato in terra di missione e preferibilmente in Cina, che egli aveva inoltrato al padre Muzio Vitelleschi, generale della Compagnia, fin dal 22 giugno 1624 (Arch. Rom. Soc. Jesu, Fondo Gesuitico737, f. 128) e il 13 apr. 1635 poté pertanto imbarcarsi a Lisbona insieme con altri padri, fra i quali Ludovico Buglio e Girolamo Gravina, diretto in Cina.
Arrivato a Macao ai primi di agosto del 1636, entrò in Cina solo l'anno seguente, venendo destinato nella regione del Kiang-nan, situata a sud del fiume Yang-tze e corrispondente all'attuale provincia del Kiang-su. Per oltre un quarto di secolo egli rimase in quella regione, assistito da pochi missionari e dividendo il suo ministero tra le principali località come Soo-chow, Sung-Kiang e Shangai, della cui residenza era stato nominato superiore nel 1639. In quell'anno si recò nell'isola di Ch'ung-ming, alla foce dello Yang-tze, invitatovi dal medico Hsü Ch'iyüan, che egli aveva battezzato nel 1638 a Shanghai; e ivi fondò una comunità di cristiani, che col tempo divenne particolarmente fiorente. Neppure i disordini conseguenti alla caduta dei Ming (1644) rallentarono l'opera di evangelizzazione del B., il quale, dopo oltre vent'anni di apostolato, poteva scrivere il 10 ag. 1661 a Roma che la media delle persone da lui battezzate annualmente: si aggirava sulle due o tremila, cosicché il numero totale dei fedeli di cui aveva cura oltrepassava i quarantacinquemila (Ibid., Jap.-Sin.162, f. 72).
Questa attività, così intensa e proficua, svolta da un religioso pressoché isolato, non poteva non apparire sorprendente ai contemporanei e soprattutto ai religiosi di altri Ordini. Mentre da un lato la missione a lui affidata veniva definita come "admirable Iglesia de Christianos entre todas las de la China" da Baltasar di Santa Cruz (Historia de la provincia del Santo Rosario de Filipinas, Japon y China, II, Zaragoza 1693, p. 376), dall'altro v'era chi si esprimeva in senso dubitativo sulla possibilità che il B. potesse efficacemente curare tanti fedeli. Così scrisse Bonaventura Ibáñez, che nel 1660 visitò Shanghai e vi incontrò il B. (Brevis Relatio del 1668, in Sinica Francescana, III, Firenze 1936, pp. 84-85), mentre Bernardino della Chiesa tendeva ad attribuire i successi del B. esclusivamente ai mezzi finanziari di cui disponeva e che gli permettevano di mantenere "un gran numero di catechisti" (Risposta a' quesiti della S. C., o relatione breve delle cose della China - Initio Januarii 1685, ibid., V, Roma 1954, p. 93).
In realtà i successi del B. erano evidentemente frutto sia dell'atteggiamento aperto e comprensivo da lui adottato nei confronti di costumanze e credenze locali sia del modo come aveva saputo organizzare il suo lavoro, mediante la creazione di congregazioni, la più importante delle quali era quella dei catechisti, che si occupavano della propagazione della fede e lo assistevano nel lavoro delle missioni. Quanto ai mezzi finanziari, egli poté procurarseli grazie soprattutto ad una zelante cattolica, Candida Hsü, nipote del letterato Hsü Kwang-R'i, convertito da Matteo Ricci, la quale assisté molto i missionari sia col denaro sia con gli appoggi che poteva procurare loro presso la classe dei mandarini per l'influente tramite di suo padre e di suo figlio. Il B., che non ne aveva conosciuto l'avo famoso, partecipò alle solenni cerimonie che ebbero luogo nel 1641, allorché la salma di questo venne traslata per esser definitivamente sepolta nel villaggio di Hsü-chiahui (Zikawei), presso Shanghai. In tale occasione il B. fece porre sulla tomba una lapide con epigrafe in latino da lui stesso composta (T. I. Dunin-Szpot, Collectanea Historiae Sinensis, ad ann. 1641, vol. I, f. 7, in Arch. Rom. Soc. Jesu, Jap.-Sin. 104). Grazie ai mezzi finanziari di cui disponeva, il B. poté costruire nel 1641 una chiesa a Shanghai, dove, nel 1649, acquistò un terreno che venne adibito a cimitero e chiamato Sheng-mu-t'ang (cimitero della chiesa della Vergine), dal nome di una cappella che vi era stata edificata. Altre chiese furono poi da lui costruite nel 1658 a Soo-chow e a Sung-kiang.
Per il prestigio di cui godeva fra i missionari operanti in Cina, il B. fu invitato nel 1650 a preparare una relazione sulla condotta del padre A. Schall von Bell, il grande astronomo tedesco della corte imperiale, contro il quale erano state rivolte delle accuse da parte di alcuni confratelli, soprattutto dal portoghese G. Magalhaens. In tale occasione il B. pronunciò un giudizio del tutto favorevole sul conto dello Schall (Arch. Rom. Soc. Jesu, Jap.-Sin. 142, f. 44).
La campagna contro i missionari impiegati nell'Ufficio dell'astronomia di Pechino, provocata dalle false accuse di Yang Kuang-hsien e degli astronomi maomettani, portò alla emanazione il 4 genn. 1665 di provvedimenti contro la religione cattolica, ivi incluso l'ordine di trasferire a Pechino, per esservi giudicati, tutti gli altri missionari residenti nell'impero. Il B., partito il 21 giugno da Soo-chow, giunse a Pechino il 18 luglio e il 7 settembre fu condannato ad andare in esilio a Canton insieme con altri ventun gesuiti, tre domenicani e un francescano. Il 23 marzo 1666, stanco e malato, egli arrivò a Canton, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita in uno stato di larvata prigionia, nella vana speranza di poter un giorno fare ritorno alla sua missione di Shanghai.
Costretti a una forzata inattività, i numerosi missionari trattenuti a Canton decisero di mettere a frutto le conoscenze acquisite in tanti anni di permanenza in Cina e dal 18 dic. 1667 al 26 genn. 1668 tennero una serie di riunioni per fissare i criteri cui avrebbe dovuto ispirarsi la futura opera di apostolato il giorno in cui essa fosse stata nuovamente permessa in Cina. Il B. prese parte attiva a queste riunioni e insieme con altri ventitré missionari sottoscrisse il documento intitolato Praxis servanda in missione sinensi (Arch. Rom. Soc. Jesu, Jap.-Sin. 162, ff. 261-262 e in Acta Cantonensia Authentica, s.l.1700, pp. 19-33), nel quale venivano dati consigli ispirati a tolleranza e comprensione per costumi e riti cinesi considerati come non superstiziosi. Tuttavia questo atteggiamento non venne condiviso da alcuni religiosi, fautori di una linea più rigida e intransigente, come Domingo Fernández Navarrete, che doveva rivelarsi uno di più accaniti oppositori dei gesuiti. I più colti di questi, e fra essi il B., vennero allora incaricati dai loro superiori di preparare degli studi per controbattere le tesi del Navarrete. Il B. portò a termine il suo lavoro il 25 giugno 1669, ma la documentazione da lui fornita (fra l'altro egli citò lettere di domenicani a lui dirette, favorevoli alla linea adottata dai gesuiti) venne, soprattutto dopo la pubblicazione a stampa nel 1700, impugnata come falsa dai domenicani, dando così origine a una violenta polemica tra i due Ordini, che caratterizzò una delle fasi più acute della sterile e malaugurata "questione dei riti".
Non essendo riuscito a far prevalere il suo punto di vista, il 9 dic. 1669 il Navarrete si allontanò di nascosto dalla residenza, dove era imprigionato insieme con gli altri, e fuggì a Macao. I gesuiti non mancarono di criticarlo per questa sua fuga che, se scoperta (il posto del Navarrete venne subito preso da Filippo Maria Grimaldi, giunto da Macao, il quale ne assunse anche il nome cinese), avrebbe potuto causare seri fastidi agli altri padri; ma nella sua opera Controversias antiguas y modernas (Madrid 1679, II, tratt. I, preludio XXXI, p. 89 e tratt. ultimo, par. 9, p. 604) il Navarrete ebbe cura di ricordare che proprio il B. si era macchiato per primo di una simile colpa, allorché, pochi giorni dopo l'arrivo dei missionari a Canton, egli aveva cercato di fuggire dalla prigione all'insaputadi tutti.
Il B. morì il 25 apr. 1671, poco dopo la revoca delle misure contro i missionari. Il suo corpo venne trasportato a Shanghai e il 26 genn. 1674 fu solennemente seppellito nel cimitero di Sheng-mu-t'ang.
Restano del B. varie opere in lingua cinese, latina e italiana.
Opere a stampa in lingua cinese: Shihchiai ch'üan-lun sheng-chi (Discorso esortativo sul Decalogo, con esempi di miracoli), Honan 1650; T'ien-chiai (La scala celeste), Shanghai 1650; Sheng-t'i kuei-i (Del dogma dell'Eucaristia), Shanghai 1658; T'ien-shen-hui k'o (Lezioni per la Congregazione degli Angeli), Shanghai 1661(tradotto anche in mancese e in coreano); Sheng-chiao ssu-kuei (Quattro precetti della Santa Chiesa), Yung-chien 1662 ca.; Wei-lai pien-lun (Critica della divinazione), s.l. 1664 circa. Quasi tutte queste opere hanno avuto più di una edizione.
Opere a stampa in lingua latina: De Sinensium ritibus politicis acta, seu R. P. Francisci Brancati Societatis Jesu apud Sinas per annos 34 Missionarii responsa apologetica ad R. P. Dominicum Navarrete, Ordinis Praedicatorum, Parigi 1700. Il B. ha inoltre tradotto in latino le citazioni tratte dai testi classici cinesi nell'opera di P. Intorcetta, Testimonium de cultu sinensi, datum anno 1668, Parisiis 1700. Infine Martino Martini ha pubblicato in appendice al suo Novus Atlas Sinensis, Amstedolami 1655, una lettera che il B. gli scrisse da Shanghai il 14 nov. 1651.
Manoscritti: Sheng An-te-le tsung-t'u chan-li (Istruzioni per la festa di S. Andrea l'apostolo), Parigi, Bibl. Naz., Ms.Or. 7405; Breve Relatione della persecuzione mossa da Tartari contra la Lege Christiana e suoi Predicatori nell'anno del Signore 1664, Arch. Rom. Soc. Jesu, Jap.-Sin. 112, ff. 183-222, 130; Sopra le cerimonie della Cina del p. Francesco Brancati della Compagnia di Gesù in risposta al p. Dom. Navarrete, Ibid., Fondo Gesuitico 725/1; uno studio in latino sui "riti cinesi", classificato come Brancati varia, già nella Bibl. de l'Ecole Sainte Geneviève e ora negli Archives Historiques de la Province Jésuite de Paris, Fonds Brotier, 94, ff. 54-59; "Advertentias" al pretendido "Concierto" de los PP. Domingo Navarrete,O. P. y Antonio de Govea,S. J. nell'Archivio del Convento di S. Domenico, Manila, t. 56, f. 475; numerose lettere conservate, fra l'altro, in Arch. Rom. Soc. Jesu, Fondo Gesuitico,730 e 738 nonché Jap. Sin. 142,161 e 162. Infine dell'opera De Sinensium ritibus politicis acta esistono varie copie manoscritte conservate, fra l'altro, a Roma, Bibl. Naz., Fondo Gesuitico,1250, 5; 1251, 8; 1299 e 1498; a Parigi, Bibl. Naz., Département des Manuscripts, Fonds Brequigny,20, 1-153.
Fonti e Bibl.: Han Lin e Chang Keng, Sheng-Chiao hsin-cheng (Testimonianze della relig. cristiana), Pechino 1668, p. 19a; D. Bartoli, Della Historia della Compagnia di Giesù. La Cina, Roma 1663, pp. 1117, 1150; A. Greslon, Histoire de la Chine sous la domination des Tartares, Paris 1671, pp. 256-279; D. Gabiani, Incrementa Sinicae Ecclesiae a Tartaris oppugnatae, Vindobonae 1673, cc. III e IV; D. F. Navarrete, Tratados históricos, políticos, éthicos y religiosos de la monarchia de China, Madrid 1676, VI, passim; Id., Controversias antiguas y modernas de la Missión de la gran China, Madrid 1679, passim; J.Cortés-Osorio, Reparos historiales, Pamplona 1677, p. 109b; Shanghai hsien-chih (Annali del distretto di Shanghai), 1683, VII, f.36; P. Couplet, Catalogus Patrum Societatis Jesu qui post obitum S. Francisci Xaverii primo saeculo sive ab anno 1581 usque ad 1681 in Imperio Sinarum Jesu Christi fidem propagarunt, Parisiis 1686, pp. 30-31; M. Le Tellier, Defense des nouveaux Chrestiens et des missionnaires de la Chine, du Japon et des Indes, Paris 1687, pp. 219-220; Anonimo (Noel Alexandre), Apologia de padri domenicani missionari della China opure risposta al libro del padre Le Tellier Gesuita, Colonia 1699, XX, pp. 447-450; XXI, pp. 450-464; Roma, Arch. Rom. Soc. Jesu, Jap.-Sin.104, I. Th. Ign. Duning-Szpot, Collectanea Historiae Sinensis (ms. circa 1700), ff. 7 s., 48 ss., 159, 189, 252; Ibid., Schedario di Curricula vitae; Roma, Bibl. Naz., Fondo Gesuitico, 1353, 20; Anonimo, Notizie intorno al p. F. Brancato (ms. circa 1700); C. Sommervogel, Bibl. des écriv. de la Compagnie de Jésus, Paris 1891, II, coll. 81, 82, 83; H. Havret, La stèle chrétienne de Si-ngan-fou, II, Shanghai 1897, pp. 90-94;H. Cordier, L'imprimerie sino-européenne en Chine, Paris 1901 pp. 6-7; H. Havret, L'île de Ts'ong-ming, Shanghai 1901 p. 59; A. M. Colombel, Histoire de la Mission du Kiang-nan, Shanghai, s.l. né d., I e II; R. Streit, Bibliotheca Missionum, Freiburg 1929, V, pp. 817-818; L. Pfister, Notices biographiques et bibliographiques sur les Jésuites de l'ancienne mission de Chine,1552-1779, I, Shanghai 1932, pp. 223-230; I. Dehergne, Les Chrétientés de Chine de la période Ming (1581-1650), in Monumenta serica, XVI (1957), pp. 1-136; Id., La Chine Centrale vers 1700, in Archivum historicum Soc. Jesu, XXVIII (1959), pp. 289-330; F. Margiotti, Il cattolicismo nello Shansi dalle origini al 1738, Roma 1958, pp. 62-65, 120, 278, 378, 551; J. S. Cummings, The Travels and Controversias of Friar Domingo Navarrete, Cambridge 1962, I e II, pp. XCVI, 206, 225, 230 s., 244, 417-19, 420 (è la trad. ingl. del libro VI dei Tratados); J. M. Gonzalez, Historia de las Misiones Dominicanas de China 1632-1700, Madrid 1964, I, pp. 225, 449-451, 504, 679; Enc. Ital., VII, p. 687; Enc. Catt., III, coll. 22 s.